Una delle tante manifestazioni degli anni scorsi per chiedere verità sulla tragedia. In copertina: il relitto del traghetto mentre viene riportato, ancora fumante, al porto di Livorno.entra
«Alle ore 18.42 del 22 luglio 2015, la Commissione parlamentare d’inchiesta sul Moby Prince è stata approvata in Senato all’unanimità. Un giorno storico per noi familiari delle vittime, ma anche per tutti i cittadini italiani che vogliono giustizia e verità. Un importante segno di democrazia, visto che tutti i senatori, sia del Governo che dell’opposizione, hanno votato a favore».
È il primo commento di Luchino Chessa (uno dei due figli del comandante del Moby Prince, l’altro si chiama Angelo) alla notizia che la Commissione si farà. L’ha diffuso attraverso la piattaforma di Change.org, dalla quale da mesi aveva fatto partire un appello per ottenere l’interessamento delle istituzioni italiane a una vicenda che la Procura di Livorno non ha mai chiarito.
«Non possiamo che essere felice e pieni di entusiasmo per il cambio di rotta della politica», scrive ancora Luchino Chessa. «Ora realmente possiamo dire che le istituzioni si avvicinano ai familiari delle vittime e supportano la loro ricerca della verità. Il nostro compito sarà quello di dare il massimo contributo, sia umano che tecnico, ma anche quello di vigilare che tutto vada avanti secondo le linee che la Commissione si dovrà dare».
La prua del Moby Prince dopo la collisione e l'incendio.
10 aprile 1991, cosa accadde quella sera?
Il 10 Aprile 1991 il traghetto Moby Prince entrò in collisione con la petroliera Agip Abruzzo a due miglia dal Porto di Livorno. All’impatto seguì un incendio a bordo del traghetto e 140 persone morirono in attesa dei soccorsi. Ci fu un solo sopravvissuto. Tra quelle 140 persone c’erano la madre di Luchino e Angelo Chessa, Maria Giulia Ghezzani, e il padre, Ugo, comandante del Moby Prince.
Nei mesi e negli anni seguenti ci sono state inchieste ministeriali, giudiziarie, un processo, indagini infinite. Ma non hanno portato a nulla. Da 24 anni le due associazioni dei familiari delle vittime (la “10 aprile” di cui fanno parte gli stessi fratelli Chessa e la “140”, presieduta da Loris Rispoli) chiedono giustizia e verità, ma si sono scontrate con uno dei “muri di gomma” – per usare un’espressione coniata per un altro dei “misteri d’Italia”, quello di Ustica – più impenetrabili della storia italiana.
Anche l’articolato esposto alla magistratura livornese presentato dall’avvocato Carlo Palermo, che pure aveva portato alla riapertura dell’inchiesta, ha avuto come esito finale una nuova archiviazione, nel 2010, una serie di motivazioni che si potrebbero definire quantomeno singolari.
Eppure sul quel tragico evento ci sono questioni aperte, incongruenze, elementi e testimonianze evidentemente fasulle. E coperture, silenzi, occultamenti.
E tanti interrogativi. Qual è stata la vera rotta del Moby Prince che ha portato alla collisione? Dov’era veramente l’Agip Abruzzo? Quella sera, che ci facevano nella rada di Livorno sette navi militarizzate in forza agli Stati Uniti? E perché trasbordavano materiale bellico senza aver fermato l’attività delle navi civili del porto di Livorno? E come mai nessuno, per molte ore, si è preoccupato di portare soccorsi a eventuali superstiti a bordo del traghetto? Perché si disse fin da subito che erano tutti morti, quando oggi si sa che diversi passeggeri sopravvissero per ore? Perché già dal giorno dopo l’incidente si parlava della presenza di nebbia e delle negligenze del comandante del Moby Prince, prima ancora che qualunque accertamento fosse stato svolto? E ancora, chi e perché ha messo in atto manomissioni a bordo dell’imbarcazione? E qual è la ragione della scomparsa di alcune relazioni e testimonianze? E come mai nessuno prima di Carlo Palermo si è peritato di recuperare carte e documenti di fondamentale importanza per capire cosa stava accadendo in quei giorni nel porto di Livorno? Com’è possibile che non esista un solo tracciato radar né immagine satellitare che abbia “fotografato” la situazione di quella sera? L’elenco potrebbe continuare a lungo.
Ebbene, ora c’è una commissione d’inchiesta del Parlamento. C’è la speranza che queste domande abbiano risposte credibili. Una speranza che si riapre per i familiari delle vittime, ma anche per tutti i cittadini italiani. Per l’attentato a Piazza della Loggia ci sono voluti 40 anni. Forse per il Moby Prince un po’ meno. Questo se non altro è l’auspicio.