Durante le prossime elezioni potrebbero esserci casse intere di crocifissi costretti a traslocare dalle aule scolastiche per trovare posto, almeno provvisoriamente, in qualche scantinato o nello sgabuzzino delle scope. Lo ha deciso un giudice del Tribunale di Modena con una recente sentenza che richiama al rispetto della laicità dello Stato sancita dalla nostra Costituzione.
Proprio in nome di questa laicità, qualora l’aula scolastica venga adibita a seggio elettorale, il crocifisso, in quanto simbolo religioso, deve essere rimosso dalle pareti su indicazione dei presidenti di seggio o anche di uno qualunque degli scrutatori, perché potrebbe turbare la sensibilità dell’elettore o, peggio, influenzare la sua libera scelta nel segreto dell’urna.
«L'imparzialità della funzione di pubblico ufficiale è strettamente correlata alla neutralità dei luoghi deputati alla formazione del processo decisionale nelle competizioni elettorali che non sopporta esclusivismi e condizionamenti sia pure indirettamente indotti dal carattere evocativo, cioè rappresentativo del contenuto di fede, che ogni immagine religiosa simboleggia», recita la sentenza.
Tutta la vicenda nasce in realtà da una questione di lana caprina. Durante le elezioni dell’aprile del 2008, in un seggio di Sassuolo - appunto un’aula scolastica - un esponente della Lega Nord accusò una scrutatrice di aver fatto rimuovere il crocifisso dal presidente del seggio in quanto atea. Fatto che appariva ancora più grave in quanto il presidente era suo figlio. Di qui una serie di querele e controquerele cui la stampa locale diede ampio spazio.
Successivi accertamenti poi avrebbero stabilito che su quelle pareti il crocifisso non c’era mai stato, quindi non avrebbe potuto essere rimosso dal presidente di seggio ansioso di esaudire la madre. Ma anche se ci fosse stato e il presidente stesso l’avesse tolto, non avrebbe commesso nulla di illegittimo. Anzi. Avrebbe semplicemente fatto rispettare la Costituzione, di conseguenza l’accusa dell’esponente della Lega Nord non può essere ritenuta un’offesa.
La lunghissima vicenda giudiziaria si conclude con un pareggio o con un nulla di fatto, secondo i punti di vista. Le due parti devono dividersi le spese legali. Resta però l’argomentazione della sentenza, che autorizza, se non suggerisce, la rimozione dei crocifissi dalle aule nelle prossime elezioni. Una rimozione che dovrebbe essere a tempo perché, chiarisce sempre la sentenza del giudice di Modena, la presenza del Cristo in croce nelle aule scolastiche «rientra nel margine di discrezionalità di ciascuno Stato nell'amministrare il servizio scolastico ed educativo purché non sia accompagnato da insegnamenti obbligatori del cristianesimo o da forme di intolleranza verso alunni appartenenti ad altre religioni».
In altre parole il trasloco dovrebbe essere solo provvisorio. Una volta chiuse le urne elettorali e scrutinate le schede, il crocifisso potrebbe riprendere il suo posto per accogliere gli alunni al suono della successiva campanella. Oppure essere inghiottito per sempre nel buio polveroso dei magazzini, magari in seguito a qualche caduta più o meno accidentale del relativo scatolone. A discrezione dei bidelli e del dirigente scolastico.