Chi oggi arriva a Mombello, vicino a Limbiate, e vede l’imponente Villa Pusterla-Crivelli, gioiello architettonico della Brianza con due braccia disposte a ferro di cavallo e un grande giardino interno, trova da un lato una struttura fatiscente di ciò che resta dell’ospedale psichiatrico più grande d’Italia - noto come «colosso dei manicomi italiani», uno dei maggiori in Europa - dall’altra nuove strutture, sorte dalle sue ceneri, due efficientissime scuole e una casa d’accoglienza.
La Villa, ricostruita nel 1754 dall’architetto Francesco Croce sul leggendario castello medievale dell’antica famiglia feudale dei Pusterla, e poi dei Crivelli, architetti militari, ospitò anche il re delle Due Sicilie, Ferdinando IV, oltre a Napoleone quando vi risiedevano la madre Maria Nunziata, e le tre sorelle, Carlotta, Elisa e Paolina che, il 14 giugno 1797, proprio lì sposò il generale Leclerc.
Dopo essere passato attraverso il dominio delle più prestigiose famiglie lombarde dai Carcano, agli Arconati, che ne arricchirono il patrimonio artistico, il palazzo divenne, nel 1865, con la neocostituita Provincia di Milano, una casa di cura per malati di mente, e negli anni Sessanta del Novecento arrivò ad avere più di 3000 pazienti, tra cui il figlio illegittimo di Mussolini di cui si parla anche nel film di Marco Bellocchio, Vincere.
Dopo la legge Basaglia del 1978, solo nel 1999, l’intera struttura venne definitivamente abbandonata e i malati furono gradualmente dimessi dal dottor Angelo Barbato, che è stato anche protagonista di un incontro di approfondimento sulla legge 180 il 14 settembre 2013.
Dal degrado in cui si trova oggi la struttura, si sono salvati l’attuale sede dell’Istituto tecnico agrario che, sfruttando i campi circostanti, gestisce una fattoria e una vendita di prodotti caseari, le palazzine che ospitano l’Istituto commerciale per periti aziendali e una casa d’accoglienza per malati psichici gravi.
Si è inaugurato nella struttura il 14 settembre il “progetto Mombello” che prevede uno spettacolo e alcuni incontri, per dare voce alle testimonianze dei malati, che hanno segnato la storia della psichiatria, trattati prima con l’utilizzo delle violente tecniche di contenimento come camice di forza, elettroshock, e poi con gli psicofarmaci.
La regista dello spettacolo teatrale Mombello, voci di dentro, Paola Manfredi, da tempo impegnata in un teatro dalla valenza sociale, come in I fiori nella ghisa
sulla storia dell’ex fabbrica Ceruti di Bollate, racconta come ha
raccolto le testimonianza dei cittadini di Limbiate, che lavoravano come
medici, infermieri, cuochi, assistenti sociali e alcuni pazienti: «Con
l’intervento di Beatrice Carmellini, membro della Libera Università
dell’Autobiografia di Anghiari, fondata dal professor Duccio Demetrio,
abbiamo lavorato sul territorio dal 2012, formando trenta volontari per
raccogliere interviste alle persone coinvolte direttamente nella casa di
cura. Abbiamo anche tenuto due laboratori coinvolgendo gli alunni dei
due istituti superiori per ricostruire esperienze legate alle malattie
psichiche; gli studenti a loro volta hanno realizzato due spettacoli
intensi, entrando in empatia con l’argomento. Le testimonianze raccolte
dai volontari sono poi state risistemate da Loredana Troschel e Dario
Villa, così da costituire la voce collettiva della cittadinanza, anche
se mediata dalla recitazione degli attori professionisti della nostra
compagnia, Teatro Periferico.
Nella prima parte di Voci di dentro gli
spettatori, una cinquantina, stanno al buio come se fossero nel
corridoio che unisce le stanze e sentono solo quello che accade dentro
le camere, poi nelle seconda parte è come se entrassero nelle stanze e
vedessero i gesti ripetitivi dei malati e la loro sofferenza, in una
sorta di documentario».
La regista ritiene che proprio il teatro diventi portavoce della
sofferenza dei malati di mente, perché si presta a riprodurre
fedelmente le loro parole, raccolte nel tempo, come quella di una
sopravvissuta che è entrata a 4 anni perché la madre l’aveva abbandonata
ed è rimasta rinchiusa per 60 anni o come i racconti del pittore Gino
Sandri, i cui quadri, realizzati durante il ricovero a Mombello, hanno
ispirato le scenografie dello spettacolo.
Conclude la regista: «Noi
abbiamo ascoltato un luogo, le voci di una comunità, abbiamo voluto
ridare vita all’ospedale, oggi in gran parte distrutto, e vandalizzato,
infatti si vedono le cartelle cliniche a terra devastate come se di
questo luogo di sofferenza non ci possa essere oggi memoria. Il nostro
desiderio è stato proprio dare una voce invece a tanto dolore delle
quasi centomila persone passate da Mombello dal 1865 al 1999!».
Parallelamente allo spettacolo si terranno alcuni incontri di
approfondimento e di sensibilizzazione: il 21 settembre, si terrà un
incontro dedicato a Gino Sandri, artista morto nel 1959 a Mombello,
dopo avervi trascorso metà della sua vita; il 28 settembre parla
l’attore e regista Danio Manfredini, che per molto tempo ha lavorato in
strutture psichiatriche producendo spettacoli sulla malattia mentale,
seguito dall’intervento del drammaturgo Tommaso Urselli, e dalla
proiezione del film di Alina Marazzi – Un’ora sola ti vorrei, tratto da una sessantina di filmati (realizzati dal 1926 agli
anni settanta dal nonno materno Ulrico Hoepli); il 29 settembre i
raccoglitori di storie del progetto “Mombello. Voci da dentro” e gli
attori di Teatro Periferico raccontano la loro esperienza.
Dove e quando
MOMBELLO. Voci da dentro il manicomio Regia di Paola Manfredi.
Drammaturgia di Loredana Troschel e Dario Villa. Scene di Salvatore
Manzella. Con Giorgio Branca, Elisa Canfora, Antonello Cassinotti,
Alessandro Luraghi, Laura Montanari, Raffaella Natali, Loredana
Troschel, Lilli Valcepina, Dario Villa.
Dal 14 al 29 settembre 2013 per tre
weekend, Villa Crivelli Posterla, via Garibaldi 115, Località Mombello
– LIMBIATE (MB).
Info: tel. 334.1185848, info@teatroperiferico.it; www.teatroperiferico.it; www.facebook.com/TeatroPeriferico