Hassan al-Thawadi, presidente del Comitato del Qatar per l'organizzazione dei Mondiali (Reuters).
L'assegnazione al Qatar dei mondiali di calcio del 2022 è, sotto ogni punto di vista, un'indigeribile porcheria. Lo è dal punto di vista etico, come l'emergere dei casi di corruzione sufficientemente dimostra. Lo è dal punto di vista sportivo, come si deduce dalla necessità di giocare sotto Natale, caso unico nella storia del calcio, per non finire arrosto sotto il sole del deserto. Ma lo è anche, e forse con le conseguenze peggiori, dal punto di vista politico.
Qui occorre una breve premessa. Negli ultimi anni i Paesi del Golfo Persico, con proprio il Qatar in testa, sono diventati una specie di capitale mondiale dello sport. I campionati mondiali di motociclismo fanno regolare tappa in Qatar. La Formula Uno ci arriverà nel 2016 0 2017 (un affaruccio da oltre 70 milioni di euro). Il grande golf è di casa, come il tennis. Il ciclismo è presente con una gara di buon livello. L'ippica è forte. Nel 2014 a Doha, capitale del Qatar, si è giocata persino la finale della Supercopppa italiana, vinta dal Napoli sulla Juventus. Tutto bene?
Mica tanto. In questi anni la politica occidentale ha tentato in ogni modo di legare l'idea dello sport a quella di democrazia. Tutti ricordiamo le polemiche intorno alle Olimpiadi di Pechino, nel 2008. Ancor più recenti, e ancor più forti, sono state le polemiche intorno alle Olimpiadi invernali di Sochi, in Russia, disertate da molti capi si Stato e di Governo proprio per contestare l'atteggiamento del Cremlino sui diritti civili e il suo atteggiamento in politica estera.
Fino a oggi, invece, indagini dell'Fbi a parte, non s'è levata una sola contestazione sui Mondiali di calcio assegnati al Qatar. Tantomeno a sfondo politico. Eppure di ragioni ce ne sarebbero. Intanto, il Qatar è tutt'altro che una democrazia. Anzi: è un Paese che appartiene, alla lettera, alla famiglia Al Thani; in cui l'emiro è anche capo del Governo; in cui vige la legge islamica (shari'a) e le corti civili sono totalmente dipendenti dal potere esecutivo.
Secondo: il Qatar, quanto a politica internazionale, ha una fedina tutt'altro che pulita. E' unanimemente riconosciuto come il principale finanziatore dei Fratelli Musulmani, organizzazione che molti Paesi del Medio Oriente (e non solo: anche la Russia) hanno dichiarato fuorilegge perché "terroristica", e che ispira le azioni di altri movimenti (per esempio Hamas a Gaza) che risultano terroristi per quasi tutti i Paesi del mondo.
Terzo: l'organizzazione dei Mondiali di calcio 2022 è monitorata dai gruppi di difesa dei diritti umani, con risultati disastrosi. Nei cantieri dei Mondiali, da quando sono iniziati i lavori, sono già morti 1.200 operai, in gran parte asiatici (nepalesi, pakistani, indiani, bengalesi...), secondo i dati forniti dall’Unione delle confederazioni sindacali e da 90 organizzazioni dei diritti civili. E i rapporti di Amnesty International si fanno di settimana in settimana più allarmanti sulle condizioni di sfruttamento del lavoro, ormai prossime alla schiavitù, e sulla renitenza del Governo del Qatar e mettere in atto persino le più elementari misure di protezione dei lavoratori.
Però sui mondiali in Qatar, e sul loro legame con i valori della democrazia, non alza la voce nessuno. Obama? Sparito. L'Unione Europea? Assente. L'Onu? Distratto. Lo spettacolo, in questo caso, deve comunque andare in scena. E con esso, anche la farsa della politica.