Lidia Beccaria, coniugata Rolfi (Mondovì, 8 aprile 1925 – Mondovì, 17 gennaio 1996), è stata staffetta partigiana, deportata nei campi nazisti e scrittrice. Foto dell'agenzia di stampa Ansa.
È accaduto a pochi giorni dalla Gioranta della memoria. Una mano cattiva e vigliacca ha scritto «Juden hier», «Qui c'è un ebreo», a Mondovì (Cuneo), sulla porta di casa di Aldo Rolfi, figlio di Lidia, partigiana deportata a Ravensbruck nel 1944, una delle grandi voci dell'orrore dei lager. Il Piemonte come la Germania di Hitler.
I proprietari dell'abitazione hanno denunciato l'episodio ai Carabinieri. Indaga anche la Digos di Cuneo. Staffetta partigiana, dopo la deportazione, Lidia Beccaria Rolfi lavorò per l'Istituto Storico per la Resistenza di Cuneo e per l'Associazione nazionale ex deportati. Nel '78 scrisse Le donne di Ravensbrück, prima opera in italiano sulla deportazione femminile nei campi di concentramento della Germania nazista. Nel '97 uscì (postumo) Il futuro spezzato, un saggio sull'infanzia durante la dittatura, con l'introduzione di Primo Levi. Peraltro la famiglia Rolfi, diventata un simbolo della Resistenza, non è di origine ebraica.
Dura e immediata la condanna del sindaco di Mondovì, Paolo Adriano: «Un atto gravissimo che, da sindaco e da uomo, condanno fermamente. Un fatto vergognoso che offende ed indigna Mondovì, Città Medaglia di Bronzo al Valor Militare nella Guerra di Liberazione, e tutti i monregalesi. Ci stiamo organizzando per rispondere con un'apertura straordinaria della sinagoga di Mondovì»:
La fiaccolata di solidarietà a Mondovì, la sera di venerdì 24 gennaio 2020. Foto dell'agenzia di stampa Ansa.
UNA FIACCOLATA DI SOLIDARIETA'
Un centinaio di persone, nonostante la pioggia, ha partecipato nella serata di venerdì 24 gennaio a un presidio di solidarietà con le vittime. «Quello che è successo non è una ragazzata. Ora basta con l'indifferenza», ha detto Stefano Casarino, presidente dell'Anpi di Mondovì (Cuneo), nel corso della fiaccolata davanti alla casa imbratta dalla scritta 'Juden Hier'. Anche secondo il figlio della partigiana, Aldo Rolfi, «non siamo davanti a una ragazzata». «Questo gesto - ha affermato - ha alle spalle un contesto ben preciso. Siamo davanti a una situazione di impoverimento culturale: oggi persino nelle scuole non si parla più di cosa fu l'Olocausto. In un liceo, dove sono andato a parlare agli studenti mi sono sentito chiedere da una professoressa "ma come erano organizzate le scuole ad Auschwitz"?».
Il vescovo di Mondovì, monsignor Egidio Miragoli, 64 anni. Foto:Curia vescovile di Mondovì.
la lettera del vescovo
Anche il vescovo di Mondovì, monsignor Egidio Miragoli, è intervenuto in merito al «gesto inqualificabile di odio razziale» che nella notte tra giovedì 23 e venerdì 24 gennaio, nel quartiere Breo della città, ha visto ignoti imbrattare con una stella di David e la scritta in tedesco “Juden Hier” (“Qui c'è un ebreo”), la porta dell’abitazione di Aldo Rolfi, figlio di Lidia Beccaria Rolfi, staffetta partigiana e internata nel campo di sterminio di Ravensbrück.
A nome delle comunità cristiane monregalesi, il vescovo ha scritto una lettera indirizzata ad Aldo Rolfi in cui gli ha espesso «profonda e sincera solidarietà» e in cui ha auspicato «che la società monregalese tutta sappia reagire al vile episodio compattamente, testimoniando la propria scelta per una convivenza inclusiva, rispettosa dell’altro, capace di tolleranza e di fraternità».
«Egregio signor Aldo Rolfi», ha scritto monsignor Egidio Miragoli, «in questo momento davvero sconcertante, in cui Lei e Sua madre sono stati fatti bersaglio di un gesto inqualificabile di odio razziale, con l’inquietante scritta tracciata sulla porta di casa, sono ad esprimerLe – anche a nome delle comunità cristiane monregalesi – una profonda e sincera solidarietà. Quanto tristemente avvenuto, oltre a prendere di mira Lei e la Sua famiglia, va a colpire in modo ignobile la memoria della mamma Lidia, ma è motivo di sgomento e vergogna per tutti noi. Ho saputo e letto, da più parti, delle coraggiose scelte di vita di Sua madre, della sua militanza da giovanissima nella Resistenza, della sua forza nel reggere ai terribili dodici mesi nell’inferno del Lager di Ravensbrück, del suo coraggio, al ritorno, nel rendere lucida testimonianza con scritti, lezioni e insegnamenti su quelle pagine oscure della recente storia».
«L’eredità di mamma Lidia è preziosa», ha proseguito il vescovo di Mondovì, «è memoria e monito, su un fronte sul quale non bisogna mai abbassare la guardia. L’ignobile scritta sulla Loro porta di casa è infatti prova di come, una volta di più, nei momenti di crisi (non solo economica) le menti e gli spiriti più poveri tendano a portare indietro l’orologio della Storia, riesumando le espressioni di un’intolleranza e di un’aggressività senza senso e senza limiti: quelle di chi non ha argomenti e verosimilmente reca in sé un vuoto abissale. Ripristinare le parole e i modi che inaugurarono la tragedia più spaventosa del secolo scorso è prova di un ritardo culturale e di una meschinità umana di fronte ai quali ogni uomo degno di questo nome inorridisce, anche a Mondovì, dove i nostri fratelli ebrei pagarono la repressione delle leggi razziali con la morte nei Lager. Mentre Le rinnovo la mia vicinanza e Le assicuro la mia preghiera, auspico che la società monregalese tutta sappia reagire al vile episodio compattamente, testimoniando la propria scelta per una convivenza inclusiva, rispettosa dell’altro, capace di tolleranza e di fraternità. Anche per dare un futuro di dignità piena alle nuove generazioni»