Il cardinale Giorgio Marengo.
«Sapere che il successore di Pietro verrà a visitarci ci tocca il cuore ed è un segno di speranza». In Mongolia la comunità cristiana cattolica conta circa 1.500 fedeli, su una popolazione di oltre 3.300.000 abitanti. Un’esigua minoranza, dunque. «Siamo parte di una Chiesa che è così grande nel mondo, ma che qui è la più piccola di tutte. Il Papa però ama questa piccolezza e desidera farla conoscere al mondo». Il tono di voce è pacato, ma si intuisce una grande gioia nelle parole del cardinale Giorgio Marengo, vescovo di Ulan Bator, in Mongolia, lo Stato che accoglie il Santo Padre dal 31 agosto al 4 settembre. Missionario della Consolata, cuneese di nascita ma torinese d’adozione, il religioso vive e opera nel Paese asiatico dal 2003. Nel 2020 ha ricevuto l’ordinazione episcopale e, nel 2022, il Pontefice lo ha nominato cardinale: attualmente è il più giovane membro del collegio dei porporati. Insieme con la sua comunità, sarà testimone di un evento di portata storica: è la prima volta, infatti, che un Papa visita la Mongolia. Per trovare un precedente nei rapporti con la Santa Sede, bisogna andare indietro di molti secoli. Era infatti il 1245 quando papa Innocenzo IV inviò come ambasciatore, nel Paese delle steppe, il francescano Giovanni da Pian del Carpine, uno tra i primi occidentali a metter piede in quelle terre.
Ma questa volta sarà diverso. Questa volta ci sarà il Papa in persona. «Per prepararci, stiamo intensificando la preghiera, in particolare l’affidamento alla Vergine, con la recita del rosario e con il pellegrinaggio, nelle nostre parrocchie e comunità religiose, di una statua mariana molto speciale, recuperata da una donna in una discarica, un’immagine che per noi evoca gratitudine, senso di mistero e interrogativi profondi», racconta il cardinale Marengo. «Quanto agli aspetti pratici e organizzativi, procediamo affidandoci alle indicazioni del Governo, delle commissioni di lavoro e della Santa Sede». L’invito ufficiale era partito, nei mesi scorsi, dal presidente della Mongolia, Ukhnaagiin Khürelsükh: «Una scelta coraggiosa, che abbiamo apprezzato e sostenuto» spiega ancora il vescovo missionario. «Sapere, poi, che il Pontefice aveva fissato una data per il viaggio apostolico,è stata una sorpresa enorme». «Nei giorni della visita, attraverso gli incontri, i racconti, i volti delle persone, speriamo di poter far assaporare al Santo Padre un po’ della bellezza e della storia di questa terra» prosegue il cardinale Marengo. «In Mongolia esiste, fin dalla notte dei tempi, una tradizione spirituale profondissima, che qui ha preso soprattutto le forme del buddhismo e dello sciamanesimo». E il dialogo ecumenico e interreligioso, anche con espressioni spirituali apparentemente molto lontane, avrà un posto d’onore. Il 3 settembre, infatti, il Pontefice incontra i leader delle tradizioni religiose più rappresentate nello Stato asiatico. Centrale, ovviamente, il mondo buddhista (punto di riferimento per il 53% della popolazione), però è prevista anche la presenza delegazioni di hindu, bahai, ebrei, musulmani e non cattolici (ortodossi e protestanti).
Ma come viene considerata e vissuta la visita di un Papa in un Paese a maggioranza non cristiana? «Ci sono curiosità, interesse e attesa, tutti sentimenti che crescono man mano che la data del viaggio si avvicina. Francesco viene riconosciuto come un leader di fama mondiale. E, al di là dell’appartenenza religiosa, in molti lo apprezzano per il suo impegno sui terreni della pace, dell’armonia, del dialogo. Questi sono i presupposti per un incontro all’insegna dell’amicizia, della bellezza e dell’arricchimento reciproco».