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venerdì 20 settembre 2024
 
 

Monsignor Nicolini: quando Assisi salvò gli ebrei

03/10/2013 

Papa Francesco ad Assisi vedrà la stanza segreta nell’Episcopio dove mons. Giuseppe Nicolini, vescovo di Assisi durante la Seconda Guerra mondiale, custodiva le valigie e i pochi averi degli ebrei che salvò dai nazisti nascondendoli nei conventi dell’Umbra.
E’ una storia poco conosciuta anche se ne è stato tratto un film nel 1985 “The Assisi Underground”. Mons. Nicolini nel 1977 è stato riconosciuto dallo Yad Vashem “Giusto tra le Nazioni”, onore riservato a non ebrei che hanno salvato gli ebrei dalla Shoah. Ma monsignor Nicolini va ricordato anche per essere stato l’ideatore della petizione che poi portò nel 1939 Pio XII a proclamare San Francesco patrono d’Italia.

Tutto cominciò nel 1929, quando Nicolini era vescovo di Assisi da appena un anno.  Nel 1926 era stato celebrato ad Assisi il VII centenario della morte di Francesco al quale aveva partecipato anche Vittorio Emanuele III. Mussolini aveva indirizzato un messaggio alla nazione nel quale esaltava Francesco come “il più italiano dei santi e il più santo degli italiani”. Al di là della propaganda e della retorica del regime a Nicolini non sfuggi il fatto che grazie al centenario lo Stato e la Chiesa in Italia, che non si parlavano in pratica da 50 anni, erano tornati ad incontrarsi. Le trattative per il Concordato datano proprio quell’anno. Così preparò una lettera che venne formata da 166 tra vescovi italiani e superiori di Congregazioni religiose per la proclamazione di Francesco patrono d’Italia. Visto il successo mons.

mons. Giuseppe Nicolini.
mons. Giuseppe Nicolini.

Nicolini scrisse al Papa una petizione nella quale sottolineava l’importanza della scelta “in questa nostra età turbata da gravi apostasie di v arie nazioni allo spirito cristiano”. Sicuramente si riferiva ai regimi comunisti, ma a che la nazismo. Era stata pubblicata da poco la lettera di Pio XI “Mit brennender Sorge” contro il nazismo.
Ma fu Pio XII con un “breve” a proclamare santo Patrono d’Italia Francesco di Assisi insieme a Caterina da Siena, il 20 giugno 1939. Nicolini toccò tuttavia subito con mano come venne disatteso lo spirito di Francesco con lo scoppio della guerra.
Nel 1943 comincia ad aiutare gli ebrei e dopo l’8 settembre si fa promotore di una rete clandestina e stampa centinaia di carte d’identità false e tessere annonarie con nomi di persone di città del Sud Italia, già occupate dagli Alleati e quindi non verificabili dai controlli dei fascisti e dei nazisti.

Gli ebrei arrivano nell’episcopio e mons. Nicolini, insieme a mons. Brunacci, unico sacerdote che sapeva della questione, ricoverava le cose che avevano con sé, tra cui documenti e libri liturgici, in una stanza che poi provvedeva lui stesso a murare con la calce.
Gli ebrei con una nuova identità finivano sparsi nei conventi maschili e femminili. Alcuni restavano nascosti nell’episcopio e dormivano di notte nella camera del vescovo, mentre lui riposava sul divano della biblioteca. Assisi era stata dichiarata dal comandante delle SS Mueller città ospedale e non venne bombardata.
La decisione venne mediata presso il comando alleato dal ministro generale dei Minori conventuali l’americano Beda Hess, che tramite la Santa Sede agì presso il Comando alleato. I fascisti tentarono più volte di arrestare di arrestare Nicolini, che godeva della protezione della popolazione.
Non potendolo fare il prefetto di Perugia arrestò don Brunacci, che rimase in prigione per 10 giorni e poi Nicolini riuscì a farlo liberare a riparare in Vaticano.
Oggi nella stanza dell’Episcopio si trova anche ancora una scritta in ebraico incisa nel muro, forse di ringraziamento e di preghiera. Mons. Sorrentino, vescovo attuale di Assisi, ha fatto restaurare la stanza che resta un memoriale dell’opera del suo predecessore Giusto tra le Nazioni.

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