L'hanno ucciso a Iskenderun, in Turchia. Monsignor Luigi Padovese, vicario apostolico dell'Anatolia, è morto accoltellato in casa. Padovese, 63 anni, era stato nominato vicario apostolico e consacrato a Iskenderun nel 2004. Non si conoscono i motivi del gesto, ma si sa che l'assassino risulta essere il suo autista e uomo di fiducia, Murat Altun, 26 anni, che soffre di depressione ed è stato arrestato dopo poco dalla polizia turca.
Al di là delle circostanze sulle quali si sta indagando soprattutto per quel che riguarda il movente, monsignor Luigi Padovese ha finito i suoi giorni esattamente come don Andrea Santoro, ammazzato il 5 febbaio 2006 a Trebisonda. Ordinato sacerdote nel 1973, monsignor Padovese è stato professore titolare della cattedra di Patristica alla Pontificia Università dell'Antonianum e per sedici anni ha diretto l'Istituto di spiritualità del medesimo ateneo. Ha anche tenuto corsi alla Pontificia Università Gregoriana e alla Pontificia Accademia Alfonsiana. Per 10 anni è stato poi visitatore del Collegio Orientale di Roma per la Congregazione delle Chiese Orientali.
Per indole e per preparazione specifica, insomma, monsignor Padovese era un vescovo che apparteneva a quella nuova generazione della gerarchia cattolica consapevole di dover dare il proprio contributo al dialogo e alla reciproca comprensione, specialmente in un’area dove le tensioni geopolitiche si sommano a quelle religiose. In Turchia monsignor Padovese era considerato oltrechè un bravo vescovo anche un fine intellettuale. Era molto apprezzato negli ambienti più aperti della moderna intellighenzia turca, da tempo conscia che per evitare l’isolamento della Turchia non si possono soltanto stringere legami militari ed economici con l’Occidente ma si deve pure partecipare, da pari, al dibattito culturale europeo.
E’ chiaro che un’Europa più allargata anche sulla frontiera del Mediterraneo sudorientale deve sapere intrecciare cultura e stimoli religiosi intorno alle grandi confessioni mediterranee: Ebraismo, Cristianesimo e Islam. Monsignor Padovese era riuscito a spiegare ai più importanti circoli intettellettuali turchi l'urgenza, la bontà e l'efficacia di un fecondo lavoro culturale e religioso elaborato a più voci, attraverso il dialogo, la conoscenza, il rispetto reciproco. E nei “colloqui sulla Bibbia” che organizzava da anni a Efeso, aveva praticamente riproposto lo stile che fu proprio di San Paolo, convinto e propositivo, certo, ma mai impositivo e apodittico. Così facendo, però aveva scontentato gli ambienti conservatori, tanto quelli laici quanto quelli religiosi, in un Paese molto geloso della sua identità recente, che oscilla tra la fisionomia non confessionale e moderna voluta da Ataturk e, all'opposto, la mitologia quasi mistica di una Turchia esclusivamente islamica. La sua uccisione, avvenuta il giorno prima del viaggio di Benedetto XVI a Cipro, ultimo lembo d’Europa su questa inquieta frontiera, apre uno scenario per molti versi preoccupante.
«Porta e non muro è stata la vita di monsignor Padovese»: così l'ha voluto ricordare l'arcivescovo di Milano (città natale di monsignor Padovese), il Cardinale Dionigi Tettamanzi, nel suo intervento alla fine della processione del Corpus Domini a cui ha partecipato tra gli altri il sindaco del capoluogo lombardo, Letizia Moratti. Al vicario apostolico dell'Anatolia, assassinato in casa, l'arcivescovo ha voluto dedicare un pensiero «commosso e sgomento» rivolto «a un figlio della nostra terra - ha detto - che ha servito con dedizione in Turchia il Vangelo della pace e della misericordia».
Per tre volte il Cardinale Dionigi Tettamanzi ha definito la vita del missionario porta e non muro verso la bellezza e l'amore di Cristo. «Porta e non muro è stata la vita di monsignor Padovese, spesso sotto scorta eppure così libera di annunciare il Vangelo in terra arida»; «porta e non muro - ha aggiunto - la Chiesa che egli ha voluto, piccolo gregge aperto all'amicizia delle genti; porta e non muro per accogliere fino alla fine, come te Signore Gesù, le lacerazioni che abitano il cuore dei popoli e degli uomini, anche di colui che ha follemente levato la sua mano e per il quale egli continua ad essere fratello e padre».