Domenico Lucano, sindaco di Riace
Reazioni che esprimono “amarezza”, “vicinanza” e “solidarietà”: sono questi i sentimenti più diffusi tra i sacerdoti che da tempo si battono per dare accoglienza ai migranti nel nostro Paese e per la causa degli ultimi, all’indomani della notizia dell’arresto ai domiciliari del sindaco di Riace, Domenico Lucano.
Tra i primi ad intervenire in difesa del primo cittadino del Comune calabrese è stato il vescovo dell’arcidiocesi di Campobasso-Bojano, monsignor Giancarlo Bregantini, già vescovo di Locri-Gerace (di cui Riace fa parte) e profondo conoscitore dell’esperienza-modello avviata nella cittadina calabrese. “Davanti al fatto degli arresti domiciliari del sindaco di Riace esprimo la mia profonda amarezza e dolore. Per lui e per tutta la comunità del paese e della Calabria tutta, dove sono stato Vescovo per ben 14 anni”, dice il presule, il quale aggiunge: “Sento perciò di dire una parola di vicinanza e di solidarietà, che possa essere di conforto all’amico Mimmo e di luce per tutti i fedeli della zona. Infatti, ritengo che l’agire di questo sindaco, coraggioso e tenace, sia stato fecondo di bene e fortemente progettuale. Ha colto l’occasione che gli era stata posta dai fatti, quella cioè di accogliere anni fa un vascello di cittadini Curdi, che per caso era sbarcato sulle coste del suo paese. Ha sentito dentro un grande movimento di umanità, che lo spingeva alla solidarietà diretta e fattiva. In questo cammino, ha coinvolto progressivamente l’intero suo paese, Riace. Specie il centro storico, dove ha potuto così riattivare e riabitare tante case vuote, perché i proprietari erano emigrati altrove. Terra quindi di emigrazione, la Calabria. E perciò terra che meglio può esprimere un cuore vivo di empatia relazionale”.
Quindi, ricordando il sostegno al suo agire dato dalla Chiesa della Locride, ha elogiato la “lungimiranza” di un sindaco “che ha capito che solo valorizzando gli immigrati si porterà beneficio ai nostri cittadini italiani. Ha creato benessere per tutti, riaperto la scuola, riattivato antichi mestieri che nessuno ormai faceva ma che erano la salvezza economica della Calabria dando lustro a quella terra, che così diventava famosa non solo per l’arte dei bronzi, ma anche per la forza dell’umano, oggi”. Infine monsignor Bregantini chiede “alla politica di riflettere bene su questo “modello”, specie in questo momento di grandi battaglie, per evitare che in futuro il binomio tra sicurezza e migranti diventi negativo e di contrapposizione. I migranti, come si impara da Riace, sono una risorsa non un pericolo. (…) Perché è vero quello che scrive papa Francesco, nella sua Evangelii Gaudium, quasi descrivendo la piccola Riace: Come sono belle le città che superano la sfiducia malsana e integrano i differenti e che fanno di tale integrazione un nuovo fattore di sviluppo!”.
Il presidente della Pro Civitate Christiana di Assisi, Tonio Dell’Olio, sacerdote che dal 2005 al 2015 è stato membro dell'ufficio di presidenza, fondatore e responsabile del settore internazionale di Libera, afferma che la vicenda non deve togliere “nulla al significato e alla profondità di ciò che in quel piccolo paese calabrese si è sperimentato negli ultimi venti anni. Pur nel massimo rispetto dell'operato della magistratura, resto convinto che l'esperienza di Riace, creata e voluta da Mimmo Lucano, costituisca un modello di accoglienza e integrazione. Quell'uomo e quel paese vanno difesi con le unghie e con i denti. Niente può schizzare fango su un'intuizione che nel tempo ha costituito una risposta al bisogno fondamentale di chi ha la sola colpa d'essere venuto al mondo dalla parte sbagliata del Mediterraneo”. Il sacerdote, quindi, contesta la misura cautelare, pur mitigata con i “domiciliari” e, confrontando i provvedimento dei magistrati nei confronti di Lucano con quelli presi nei confronti del ministro dell’interno Salvini, per la vicenda della nave “Diciotti”, si dice convinto che, in quest’ultimo caso “gli arresti sarebbero stati molto più che giustificati dal rischio di reiterazione del reato per ammissione dello stesso indiziato che in più occasioni ha ripetuto che i porti italiani restano chiusi all'approdo di navi con migranti a bordo e che, nel caso, non permetterebbe loro di sbarcare”.
“Piena solidarietà” a Lucano viene espressa anche da don Gino Rigoldi, cappellano del carcere minorile “Beccaria” di Milano, prete di “strada” da sempre a fianco dagli emarginati: “Capita di forzare la legge, di incorrere in qualche piccolo arrangiamento magari anche penalmente rilevante, se si è di fronte alla disperazione più cupa, al dovere di preservare diritti umani fondamentali e inviolabili che prevalgono su tutto. E’ capitato anche a me, che pur cerco di rispettare sempre le norme”, ha dichiarato Rigoldi. Quella di Riace è “un modello di ospitalità” diventata un “caso di studio”, prosegue il sacerdote. “Dovremmo andarne orgogliosi, anche se magari è stato condotto con qualche leggerezza. Qui, al contrario, con un arresto sproporzionato, si vuole mettere all’angolo tutto il modello virtuoso d’integrazione”.
Dello stesso tenore il commento di don Virginio Colmegna, presidente della Fondazione Casa della Carità: “Al di là della vicenda giudiziaria che ha coinvolto il sindaco di Riace, Domenico Lucano, al quale siamo umanamente vicini e per il quale ricordiamo che nessuno è colpevole fino alla sentenza di un processo, vogliamo far presente che Riace è una validissima esperienza di integrazione e accoglienza, riconosciuta anche a livello internazionale, che va difesa e non criminalizzata, perché dimostra, anzitutto sul piano culturale, che i migranti accolti con umanità non sono una minaccia, ma una risorsa che rigenera un territorio producendo coesione sociale”.
Le Acli si aggiungono nel ricordare come "Riace sia un modello di accoglienza e integrazione invidiato in tutto il mondo” e dichiarano: “Aspettiamo di vedere gli atti della magistratura, verso la quale rinnoviamo la nostra fiducia, e allo stesso tempo esprimiamo la nostra solidarietà per Domenico Lucano, oggetto di critiche e di accuse già da diverso tempo, per il quale rimane valida, come per ogni cittadino italiano, la presunzione di innocenza fino al terzo grado di giudizio".
(foto in alto: monsignor Giancarlo Maria Bregantini, Ansa)