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lunedì 09 settembre 2024
 
 

Iraq, il nuovo patriarca dei cattolici

01/02/2013  E' Louis Raphael Sako, finora arcivescovo di Kirkuk. Cronaca di un incontro alla vigilia della guerra, nel 2003.

Si può onorare un Patriarca ricordando un profumo di frutta candita? Nel caso di Louis Raphael I Sako, 65 anni, appena nominato patriarca di Babilonia (succede al patriarca Emanuel III Delly, ritiratori all'età di 85 anni) e guida della Chiesa cattolica caldea dell'Iraq, forse sì.

E' il piccolo privilegio di averlo incontrato e conosciuto nel 2003, pochi giorni prima che la "coalizione dei volenterosi" guidata dagli Stati Uniti attaccasse. Eravamo a Mosul, la grande città irachena del Nord, capitale dell'area dove la presenza dei cattolici era più fitta. Sua Beatitudine era allora "solo" parroco, ma in un'area delicatissima: dal punto di vista politico, perché il regime sorvegliava da vicino la sua popolazione composita (dal punto di vista etnico, con molti curdi nella maggioranza araba; molti cattolici tra i musulmani); strategico, perché si sapeva che un eventuale attacco americano sarebbe arrivato anche da Nord, appunto attraverso il Kurdistan ribelle, allora protetto dalla "no fly zone"; economico, perché poco più a Sud comincia la zona dei campi petroliferi e delle raffinerie.
 
La città era piena di tensioni, e la primavera fredda e reticente, con le sue piogge, certo non aiutava. Arrivammo alla parrocchia sotto l'acqua, accompagnati da un "interprete" che aveva il compito evidente di farci fare meno cose possibile, e di farci incontrare solo persone non interessanti. A due giornalisti di Famiglia Cristiana, però, la visita alla parrocchia non poteva proprio essere negata. E l'incontro si rivelò una vera oasi: padre Sako parlava con una franchezza che non aveva mai incontrato prima, raccontando il suo Iraq e prefigurando, pur con le dovute cautele, l'Iraq che sarebbe potuto nascere dall'abbattimento della dittatura di Saddam Hussein. E, appunto, ci offrì la frutta candita e lo yogurt più squisiti che si potessero immaginare.

Il 20 marzo partì l'attacco americano e il 14 novembre di quello stesso 2003 padre Sako divenne monsignor Sako, arcivescovo di Kirkuk. Ora pochi ricordano che cosa fosse l'Iraq di quelle settimane. Poco prima i due figli di Saddam Hussein erano stati scovati e uccisi proprio a Mosul. Il 12 novembre l'attentato a Nassiriya fece 19 morti italiani (e 28 in totale), il 13 dicembre fu scoperto e arrestato lo stesso Saddam Hussein. Tra i vescovi che consacrarono monsignor Sako c'era anche monsignor Paulos Faraj Rahho, che nel 2008 sarà poi rapito e ucciso a Mosul. Insomma, era un Iraq in piena guerra, sotto l'offensiva del terrorismo.

Da arcivescovo di Kirkuk, in un contesto di grandissima difficoltà e pericolo, monsignor Sako si è distinto per le iniziative a favore del dialogo interreligioso. Clamorosa quella del 1009 quando, all'inizio del Ramadan (il mese del digiuno e della preghiera per i musulmani) riuscì a raccogliere i leader delle diverse confessioni religiosi per un pubblico appello a favore della pace e della riconciliazione nazionale. E nell'agosto del 2011, quando una bomba esplose sulla soglia di una chiesa cattolica di Kirkuk, ferendo 23 persone, monsignor Sako chiese agli imam sciiti e sunniti di condannare il gesto perché "contrario a Dio e alla religione". Aggiungendo: "Nonostante quanto sta succedendo, noi non ci arrenderemo mai. Continueremo la nostra missione. Non smetteremo di testimoniare il Cristo".

Un uomo di fede, di azione e di pensiero, visto che ha scritto venti libri e centinaia di articoli. Monsignor Sako ora è Sua Beatitudine il patriarca di Babilonia, e come tale lo salutano tutti i cattolici d'Oriente.








 
 
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