Al referendum voterà sì con
convinzione. Monsignor Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto e presidente
della Commissione Cei per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia la pace,
auspica che «nelle comunità ecclesiali si discuta dell'argomento proprio
partendo dalla traccia che papa Francesco ci ha donato con la Laudato si' così
come sta accadendo nelle regioni direttamente toccate dalle trivellazioni».
Monsignor Santoro, nella
Laudato si’ c’è la bussola per capire il problema?
«Certo. Voglio ricordare in
particolare il numero 86 dell’enciclica, il passo dove il papa ci dice: “L'intervento
dell'essere umano sulla natura si è sempre verificato, ma per molto tempo ha
avuto la caratteristica di accompagnare, di assecondare le possibilità offerte
dalle cose stesse. Si trattava di ricevere quello che la realtà naturale da sé
permette, come tendendo la mano. Viceversa, ora ciò che interessa è estrarre
tutto quanto è possibile dalle cose attraverso l'imposizione della mano umana,
che tende ad ignorare o a dimenticare la realtà stessa di ciò che ha dinanzi.
Per questo l'essere umano e le cose hanno cessato di darsi amichevolmente la
mano, diventando invece dei contendenti”».
Le estrazioni petrolifere
non generano però anche ricchezza per le regioni?
«Le piattaforme petrolifere
al largo delle coste dell'Adriatico e dello Ionio sono un'ulteriore aggressione
a una realtà già fragile e vanno a intaccare la vocazione legata al mare, al
turismo, alla pesca, all'agricoltura e all'artigianato di un territorio già
ferito. La tecnologia non può non tenere conto delle conseguenze di un suo
abuso che non contempli le possibili ripercussioni. Sono il vescovo di una terra,
quella di Taranto, che è simbolo dello sviluppo a cui è stato sacrificato il
benessere del creato, una terra che è monito per chiunque voglia perseguire una
strada che ha dato frutti avvelenati».
Non è solo un problema del
mare, dunque?
«Gli equilibri
dell'ecosistema dei mari, Ionio e Adriatico, sono estremamente fragili, e sono
prospicienti territori che con fatica tentano di porre riparo ai danni che sono
derivati da una discutibile e unilaterale gestione delle risorse».
Cosa occorre fare?
«Rifiutare le scelte facili
anche in questo campo costituisce una risposta forte alle esigenze di una
"ecologia integrale" indispensabile per il nostro territorio e la
nostra società. Tutto questo mi offre ragionevole fondamento al Sì al
referendum del 17 Aprile. Le ferite della nostra terra sono già molte e non
devono aumentare».