Si appresta a celebrare 900 anni la cattedrale di Catanzaro. E’ stata, infatti, inaugurata nel 1122 alla probabile presenza di papa Callisto II e del vescovo Giovanni Capuano Romano. Oggi, per ricordare, l’arcivescovo di Catanzaro-Squillace, monsignor Vincenzo Bertolone, scrive una lettera, titolata “Perciò, ecco, io…/ la condurrò nel deserto/ e parlerò al suo cuore (Os 2,16)”, nella “memoria gioiosa” del “Battesimo” nella quale ne ripercorre la storia fatta anche di “cadute”, “mancanze”, crolli”: dai terremoti ai bombardamenti durante le guerre fino all’attuale “chiusura per urgenti lavori di ristrutturazione”. E oggi, “quando ripensiamo a questi terribili mesi di pandemia, vediamo, insieme con tanto bene e tanta generosità, anche tanti silenzi, tanti abbandoni, tanti allontanamenti, tanti rischi. Il distanziamento sociale e lo stare prevalentemente in casa in alcuni casi – scrive monsignor Bertolone - ci hanno non soltanto distanziato fisicamente dagli edifici sacri, dalla partecipazione in presenza alla Messa, dalla pratica sacramentale, ma ci hanno anche fatto ‘mentalizzare’ che di Dio, della sua misericordia nella Confessione, dell’approfondimento catechistico della sua Parola, delle celebrazioni liturgiche, dello studio della Bibbia, della prossimità ai poveri si potrebbe anche fare a meno. Come dicono alcuni, c’è ben altro a cui pensare quando il timore del contagio avanza, l’economia va sottosopra, la corruzione e le mafie occupano nuovi spazi, l’azione politica segna il passo. Se dovessimo trovarci in una di queste condizioni, carissimi, non bisogna disperare, ma fare appello alla misericordia del nostro Dio”. Per l’arcivescovo calabrese l’anno centenario della cattedrale “faccia vincere le afflizioni e ci apra alla speranza”. “Certo – scrive - è difficile annunciare la speranza in un tempo di disastri avvenuti e temuti, come effetti perversi dell’attacco pandemico: non soltanto gli effetti sanitari (quanti morti, quanti ammalati e contagiati!), ma anche gli effetti finanziari, socioeconomici e lavorativi: chi era già precario, ha perso l’opportunità di lavoro; chi aveva un lavoro e ha esaurito la cassa integrazione, rischia l’uscita da un mercato qui al Sud già di per sé fragile e precario, destinato ad aumentare il numero di coloro che aspettano sussidi pubblici, peraltro non eterni, mentre le forze criminali già si sono attrezzate per tendere nuovi lacci”.
Da qui il monito affinchè “risuoni forte una chiamata generale a una speranza operativa, non inerte, non attendista, non ‘provvidenzialista’ in senso deteriore!” e la richiesta di “una rinnovata attenzione ai temi sociali della fede cristiana”. La speranza criostiana si ottiene con la “preghiera: “le nostre case - chiese domestiche - diventino i luoghi della preghiera familiare! Le nostre parrocchie vivano intensamente la preghiera liturgica e la preghiera personale, pur con tutte le cautele e i presidi sanitari richiesti!”. Monsignor Bertolone – che è anche presidente della Conferenza episcopale calabra– annuncia un documento dei vescovi della regione sugli Orientamenti pastorali e le Linee guida per pronunciare coralmente un “no” ad ogni forma di mafia. “Abbiamo maturato – scrive - sempre più un comune sentire di clero e fedeli sulle degenerazioni e deviazioni che talvolta hanno interessato anche la nostra bella e intramontabile devozione popolare verso la Beata Vergine e i Santi. Si può affermare che il fenomeno ‘ndrangheta è rimasto a lungo sottotraccia, sottostimato”.
Nella “rinnovata consapevolezza ecclesiale, le donne e gli uomini di ‘ndrangheta, prima che criminali, sono dei peccatori, chiamati inequivocabilmente e perentoriamente alla conversione”, scrive monsignor Bertolone che è anche postulatore delle cause del beato don Pugliesi e del giudice Livatino: “essi aggiungono, infatti, i terribili peccati personali dei fiancheggiatori e degli omertosi a quelli perpetrati nelle organizzazioni mafiose in quanto tali, che adescano i nostri giovani figli in missioni di morte e generano dipendenze peggiori di quelle dell’azzardo o della droga. Poiché la Chiesa istituzione, oltre ai compiti di annuncio, di celebrazione dei sacramenti e di prossimità ai poveri, ha anche dei precisi doveri di prevenzione e di condanna del male, nel corso di questo nostro anno giubilare, condanneremo ad alta voce e prenderemo le distanze da ogni fenomeno mafioso e ’ndranghetista! Questi doveri di stigmatizzazione del male sono fondati sul gravissimo obbligo, dinanzi a Dio – che ci ripete senza stancarsi il suo amore - di indicare agli uomini e alle donne la via della salvezza eterna! Sappiamo bene che gli esponenti delle mafie ostentano di non aver alcuna paura della prevenzione e del controllo statale, né delle sanzioni irrogate dalla magistratura, tanto meno delle reprimende ecclesiastiche; eppure, la nostra Chiesa non può abdicare ai propri compiti di annunciare la verità (quindi di condanna delle condotte immorali); di recupero misericordioso di chi sbaglia (quindi di redenzione); nonché di stigmatizzazione dei delitti (ovvero azioni di denuncia profetica); né essa può tenere un contegno di silenzio, di paura, di impotenza o perfino di complicità”. L’arcivescovo ricorda l’impegno della Pontificia Accademia mariana internazionale per “liberare dalle mafie la nostra bellissima devozione mariana: Chiesa e Stato, uniti per liberare la figura di Maria dall’inquinamento di luoghi e ritualità deformate dal potere criminale e mafioso che cerca così di imporre la propria sudditanza!”.