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lunedì 28 aprile 2025
 
 

Belpaese affittasi, prezzi modici

05/09/2011  Ha fatto discutere la proposta del sindaco di Agrigento: noleggiare il brand "Valle dei Templi". Ma una ricerca ha valutato i monumenti e i paesaggi italiani. Primo il Colosseo, poi...

Stia tranquillo Giove. A salvarlo, dopo che il suo viso austero sarà finito magari su qualche collezione di moda o una linea di profumi, ci penseranno Versace o Dolce e Gabbana. Non è una boutade ma l’idea che è venuta in mente al giovane sindaco di Agrigento, Marco Zambuto, alle prese, come molti suoi colleghi d’Italia, con il patto di stabilità e i tagli agli enti locali.

     Il suo progetto, infatti, è quello di registrare il brand della Valle dei Templi e metterlo all’asta, dando alle aziende la possibilità di utilizzarlo per periodi limitati. L’obiettivo? Far quattrini per finanziare il restauro. «L'idea non è affatto una provocazione», ha spiegato il primo cittadino, «è un modo per valorizzare i siti archeologici e il territorio. È un’operazione rilevante e in tempi difficili come quelli in cui stiamo vivendo diventa una grande opportunità. Il brand della Valle dei Templi rappresenta un momento di valorizzazione del territorio ma anche di introito economico. Chiaramente sullo sfruttamento commerciale dovrebbero esserci dei paletti. Non lo andremmo certo a vendere a un’azienda di lingerie ma non ci vedrei nulla di male a vederlo in una sfilata d’alta moda».

    Gli addetti ai lavori? Perplessi

     L’idea di Zambuto, in realtà, è quello di puntare di più sui privati. «Si potrebbe mettere all’asta anche la possibilità di gestire i templi per determinati eventi», azzarda, «gli investitori potrebbero sponsorizzarne la manutenzione. Penso ad aziende come Louis Vuitton o Versace, che potrebbero sostenere, per esempio, la riedificazione del tempio di Giove».

     Gli addetti ai lavori però storcono il naso. «Salvo la buonafede del sindaco ma è meglio lasciar perdere», afferma Tomaso Montanari, critico d’arte e docente di Storia dell’arte moderna all’Università Federico II di Napoli, «ben vengano i privati se vogliono dare una mano economicamente, ma non possono supplire al ruolo dello Stato. Con un’operazione simile si svende di fatto la moralità del nostro patrimonio artistico».

     Più caustico Philippe Daverio, critico e volto storico del programma Passepartout su Raitre: «È una trovata semplicemente velleitaria», taglia corto, «e poi, il sindaco pensa davvero che ci sia qualcuno disposto a comprarsi il marchio “Valle dei Templi”. E per fare cosa?».  

     Il Colosseo batte tutti

      Acquirenti o no, c’è chi ha fatto sul serio come la Camera di Commercio di Monza-Brianza, che ha realizzato di recente uno studio calcolando quanto vale concretamente il brand – inteso come ritorno d’immagine e visibilità internazionale – dei monumenti e dei paesaggi da cartolina del Belpaese. Il valore è stato calcolato sulla base di dieci parametri di vivacità economica, socioculturali ed imprenditoriali, stilando un indice di valenza turistica (che prende in considerazione il valore economico del territorio, la conoscibilità del monumento, il flusso di visitatori del territorio e del monumento) e un indice di attrattività economica (che considera il numero di occupati nel turismo, l’accessibilità multimodale al territorio, il flusso e la presenza di stranieri, il valore dell’export).

     Risultato: il Colosseo di Roma straccia tutti e si piazza, con un valore di 91 miliardi di euro, al primo posto in classifica. Seguono i Musei Vaticani con 90 miliardi. Al terzo posto, c’è il Duomo di Milano con 82 miliardi, quasi il doppio di quello della Coca-Cola. E se Totò ai tempi di Tototruffa 62 chiedeva 10 milioni di lire per vendere la Fontana di Trevi, oggi quei soldi, trasformati in ritorno d’immagine, equivalgono a 78 miliardi di euro. Gli Scavi archeologici di Pompei, anche se assediati da incuria e abusivismo, “valgono” 20 miliardi, la Basilica di San Marco a Venezia 16 e il Museo fiorentino degli Uffizi 12.  

     Quanto vale un  paesaggio?

     E i paesaggi, invece? Il valore totale, è la conclusione della ricerca, sfiora i 20 miliardi di euro. Quanto alla classifica, al primo posto si piazza la Toscana con le colline del Chianti: un brand di quasi 4 miliardi di euro. Segue, con 3,5 miliardi, la Costiera amalfitana. La Riviera romagnola insieme al verde mare del Conero 2,3. Le Madonie in Sicilia valgono 2 miliardi. Se la giocano alla pari invece, con 1,5 miliardi di euro, due località chic del turismo estivo: il Salento, in Puglia, e la Costa Smeralda. Lo scenario mozzafiato delle Dolomiti vale invece 1,1 miliardi. Poi c’è il marchio della Brianza, compreso il lago di Como, che con 980 milioni di euro batte le Cinque Terre, ferme a 725.

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