Stia tranquillo Giove. A salvarlo, dopo che il suo viso austero sarà finito magari su qualche collezione di moda o una linea di profumi, ci penseranno Versace o Dolce e Gabbana. Non è una boutade ma l’idea che è venuta in mente al giovane sindaco di Agrigento, Marco Zambuto, alle prese, come molti suoi colleghi d’Italia, con il patto di stabilità e i tagli agli enti locali.
Il suo progetto, infatti, è quello di registrare il brand della Valle dei Templi e metterlo all’asta, dando alle aziende la possibilità di utilizzarlo per periodi limitati. L’obiettivo? Far quattrini per finanziare il restauro. «L'idea non è affatto una provocazione», ha spiegato il primo cittadino, «è un modo per valorizzare i siti archeologici e il territorio. È un’operazione rilevante e in tempi difficili come quelli in cui stiamo vivendo diventa una grande opportunità. Il brand della Valle dei Templi rappresenta un momento di valorizzazione del territorio ma anche di introito economico. Chiaramente sullo sfruttamento commerciale dovrebbero esserci dei paletti. Non lo andremmo certo a vendere a un’azienda di lingerie ma non ci vedrei nulla di male a vederlo in una sfilata d’alta moda».
Gli addetti ai lavori? Perplessi
L’idea di Zambuto, in realtà, è quello di puntare di più sui privati.
«Si potrebbe mettere all’asta anche la possibilità di gestire i templi
per determinati eventi», azzarda, «gli investitori potrebbero
sponsorizzarne la manutenzione. Penso ad aziende come Louis Vuitton o
Versace, che potrebbero sostenere, per esempio, la riedificazione del
tempio di Giove».
Gli addetti ai lavori però storcono il naso. «Salvo la
buonafede del sindaco ma è meglio lasciar perdere», afferma Tomaso
Montanari, critico d’arte e docente di Storia dell’arte moderna
all’Università Federico II di Napoli, «ben vengano i privati se vogliono
dare una mano economicamente, ma non possono supplire al ruolo dello
Stato. Con un’operazione simile si svende di fatto la moralità del
nostro patrimonio artistico».
Più caustico Philippe Daverio, critico e
volto storico del programma Passepartout su Raitre: «È una trovata
semplicemente velleitaria», taglia corto, «e poi, il sindaco pensa
davvero che ci sia qualcuno disposto a comprarsi il marchio “Valle dei
Templi”. E per fare cosa?».
Il Colosseo batte tutti
Acquirenti o no,
c’è chi ha fatto sul serio come la Camera di Commercio di Monza-Brianza,
che ha realizzato di recente uno studio calcolando quanto vale
concretamente il brand – inteso come ritorno d’immagine e visibilità
internazionale – dei monumenti e dei paesaggi da cartolina del Belpaese.
Il valore è stato calcolato sulla base di dieci parametri di vivacità
economica, socioculturali ed imprenditoriali, stilando un indice di
valenza turistica (che prende in considerazione il valore economico del
territorio, la conoscibilità del monumento, il flusso di visitatori del
territorio e del monumento) e un indice di attrattività economica (che
considera il numero di occupati nel turismo, l’accessibilità multimodale
al territorio, il flusso e la presenza di stranieri, il valore
dell’export).
Risultato: il Colosseo di Roma straccia tutti e si piazza,
con un valore di 91 miliardi di euro, al primo posto in classifica.
Seguono i Musei Vaticani con 90 miliardi. Al terzo posto, c’è il Duomo
di Milano con 82 miliardi, quasi il doppio di quello della Coca-Cola. E
se Totò ai tempi di Tototruffa 62 chiedeva 10 milioni di lire per
vendere la Fontana di Trevi, oggi quei soldi, trasformati in ritorno d’immagine,
equivalgono a 78 miliardi di euro. Gli Scavi archeologici di Pompei, anche se
assediati da incuria e abusivismo, “valgono” 20 miliardi, la Basilica di
San Marco a Venezia 16 e il Museo fiorentino degli Uffizi 12.
Quanto vale un paesaggio?
E i paesaggi, invece? Il valore totale, è la conclusione della
ricerca, sfiora i 20 miliardi di euro. Quanto alla classifica, al primo
posto si piazza la Toscana con le colline del Chianti: un brand di quasi
4 miliardi di euro. Segue, con 3,5 miliardi, la Costiera amalfitana. La
Riviera romagnola insieme al verde mare del Conero 2,3. Le Madonie in
Sicilia valgono 2 miliardi. Se la giocano alla pari invece, con 1,5
miliardi di euro, due località chic del turismo estivo: il Salento, in
Puglia, e la Costa Smeralda. Lo scenario mozzafiato delle Dolomiti vale
invece 1,1 miliardi. Poi c’è il marchio della Brianza, compreso il lago
di Como, che con 980 milioni di euro batte le Cinque Terre, ferme a 725.