La Milano da bere ha dimostrato di avere un'altra sete, più profonda e autentica, e ha affollato vie, piazze e prati per ascoltare papa Franceasco parlare di Dio, di fede, di speranza, di carità. Complice una giornata assolata, al Parco di Monza, alla fine, i fedeli sono stati un milione. Tra loro anche anche molti profughi e richiedenti asilo ospitati nei centri del Comune gestiti dalle cooperative della Caritas Ambrosiana, nonché - simpatica nota di colore - 28 pellegrini giunti a piedi da Albegno, Bergamo, decisi a camminare tutta notte per donare al Pontefice una copia del Vangelo di Giovanni in bergamasco.
«Dio continua a percorrere i nostri quartieri e le nostre strade, si spinge in ogni luogo in cerca di cuori capaci di ascoltare il suo invito e di farlo diventare carne qui ed ora», ha detto Franesco nella sua omelia. «Nulla è impossibile a Dio», ha poi proclamato partendo dalla risposta dell’angelo a Maria. «Quando crediamo che tutto dipenda esclusivamente da noi rimaniamo prigionieri delle nostre capacità, delle nostre forze, dei nostri miopi orizzonti. Quando invece ci disponiamo a lasciarci aiutare, a lasciarci consigliare, quando ci apriamo alla grazia, sembra che l’impossibile incominci a diventare realtà. Lo sanno bene queste terre che, nel corso della loro storia, hanno generato tanti carismi, tanti missionari, tanta ricchezza per la vita della Chiesa. Tanti volti che, superando il pessimismo sterile e divisore, si sono aperti all’iniziativa di Dio e sono diventati segno di quanto feconda possa essere una terra che non si lascia chiudere nelle proprie idee, nei propri limiti e nelle proprie capacità e si apre agli altri. Come ieri, Dio continua a cercare alleati, continua a cercare uomini e donne capaci di credere, capaci di fare memoria, di sentirsi parte del suo popolo per cooperare con la creatività dello Spirito.Dio continua a cercare cuori come quello di Maria, disposti a credere persino ih condizioni del tutto straordinarie».
Bisogna saper trovare tracce di Vangelo anche nelle pieghe stropicciate della nstoria. La nostra. Quella di tutti i giorni. «Quando tutto si accelera per costruire – in teoria – una società migliore, alla fine non si ha tempo per niente e per nessuno». È uno dei paradossi più evidenti del mondo contemporaneo, sul quale ha messo l’accento il Papa. «Il ritmo vertiginoso a cui siamo sottoposti sembrerebbe rubarci la speranza e la gioia», ha sottolineato Francesco: «Le pressioni e l’impotenza di fronte a tante situazioni sembrerebbero inaridirci l’anima e renderci insensibili di fronte alle innumerevoli sfide. Perdiamo il tempo per la famiglia, il tempo per la comunità, perdiamo il tempo per l’amicizia, per la solidarietà e per la memoria. Ci farà bene, allora, domandarci: come è possibile vivere la gioia del Vangelo oggi all’interno delle nostre città? E’ possibile la speranza cristiana in questa situazione, qui e ora?».
Due domande, queste, che «toccano la nostra identità, la vita delle nostre famiglie, dei nostri paesi e delle nostre città. Toccano la vita dei nostri figli, dei nostri giovani ed esigono da parte nostra un nuovo modo di situarci nella storia. Non possiamo, non vogliamo rimanere davanti a tante situazioni dolorose come meri spettatori che guardano il cielo aspettando che smetta di piovere. Tutto ciò che accade esige da noi che guardiamo al presente con audacia, con l’audacia di chi sa che la gioia della salvezza prende forma nella vita quotidiana della casa di una giovane di Nazareth».
La Parola di Dio deve farsi vita, ha esortato Bergoglio. Che ha invitato a guardare al recente passato. Nel bene e nel male. «Questa terra e la sua gente hanno conosciuto il dolore delle due guerre mondiali; e talvolta hanno visto la loro meritata fama di laboriosità e civiltà inquinata da sregolate ambizioni. La memoria ci aiuta a non rimanere prigionieri di discorsi che seminano fratture e divisioni come unico modo di risolvere i conflitti. Evocare la memoria è il migliore antidoto a nostra disposizione di fronte alle soluzioni magiche della divisione e dell’estraniamento». Infnine, l'invito, accorato: «Milanesi, sì, ambrosiani, certo, ma parte del grande Popolo di Dio. Un popolo formato da mille volti, storie e provenienze, un popolo multiculturale e multietnico. Questa è una delle nostre ricchezze. E’ un popolo chiamato a ospitare le differenze, a integrarle con rispetto e creatività e a celebrare la novità che proviene dagli altri; è un popolo che non ha paura di abbracciare i confini, le frontiere».
La Messa a Monza, cuore della visita del Pontefice nella diocesi di Milano, è stata animata da 9 mila coristi delle parrocchie diocesane. Le intenzioni di preghiera sono state recitate da una suora a nome di tutti i consacrati e le consacrate; da un rappresentante di Azione Cattolica per le associazioni; da un esponente di Comunione e Liberazione per i movimenti e da due migranti a nome delle comunità straniere presenti in Diocesi. Oltre al pane e al vino per l’Eucarestia, portati all’altare da otto famiglie provenienti dalle diverse zone pastorali della Diocesi, all’Offertorio sono state presentate le lettere che i detenuti del carcere di San Vittore hanno consegnato al Papa questa mattina.
Per distribuire la Comunione sono stati impiegati un centinaio di diaconi permanenti e seminaristi, 700 ministri straordinari (uomini, donne, consacrati). Hanno concelebrato la funzione quattro cardinali di origine ambrosiane (Angelo Scola, Gianfranco Ravasi, Francesco Coccopalmerio, Renato Corti), 40 vescovi e oltre un migliaio di sacerdoti, di cui 70 anziani o con disabilità. La celebrazione si è poi conclusa con il saluto commosso dell’Arcivescovo Angelo Scola: «È una giornata densa di grazia. I gesti che Lei ha compiuto ci offrono una significativa prospettiva per l’evangelizzazione di questa nostra metropoli lombarda. In particolare l’abbraccio ai più poveri, agli immigrati, il paziente saluto ad uno ad uno a tutti i carcerati, il pranzo con loro, ci ricordano anche di pregare per le vittime del tragico attentato di Londra, per i loro cari e anche per due detenuti che l’altro ieri si sono tolti la vita proprio qui nel carcere di Monza».
L’arcivescovo ha annunciato la consegna di 55 appartamenti per altrettante famiglie in difficoltà «come espressione di gratitudine per la sua visita, oltre a un segno per la carità del Papa, consegniamo a partire da oggi»: «Sono state acquisite dalla Diocesi, restaurate e verranno date oggi a queste famiglie. Chiediamo alla Madonnina che, come diceva un po’ esagerando il Manzoni, sotto questo cielo di Lombardia “che è bello quando è bello” si vede da ogni punto della Diocesi, chiediamo a Lei di stendere sempre un lembo del suo manto a protezione del Successore di Pietro».