Mario Morcone, capo del Dipartimento Libertà Civili e Immigrazione del Ministero dell’Interno.
Il prefetto Mario Morcone, capo del Dipartimento Libertà Civili e Immigrazione del Ministero dell’Interno, va subito al punto: «L’unico modo per contenere seriamente l’immigrazione illegale sarebbe avere un modo legale per la migrazione. Fatta eccezione per alcune categorie professionali (ministri di culto, ingegneri) non c’è modo per entrare legalmente in Europa: anche chi fugge dalla guerra non ha alternativa ai barconi».
Evidentemente le migrazioni sono un fenomeno da vedere in una prospettiva internazionale: secondo le Nazioni Unite, il 2013 è stato l’anno con più rifugiati nel mondo dai tempi della Seconda guerra mondiale ed è in corso quella che il Papa ha definito «una Terza guerra mondiale a brandelli». Lo confermano i dati degli sbarchi del 2014: al primo posto i siriani (36.302 al 30 ottobre), in fuga da una guerra che ha costretto metà della popolazione ad abbandonare casa propria; poi gli eritrei (33.645), che scappano dalla dittatura e dal servizio militare a vita. «A un uomo privato di dignità rimane solo di rischiare di morire, o morire per non aver rischiato», sottolinea il prefetto.
«Cambiano i migranti e cambiano i flussi», spiega. Da una migrazione per lavoro che mira all’integrazione a una di tipo umanitario che tende piuttosto a proseguire il viaggio. L’Italia, infatti, non è più luogo di arrivo, ma terra di approdo e di transito verso il Nord Europa. Basta andare in Stazione Centrale a Milano per capirlo: ogni giorno famiglie siriane scrutano le mappe e gli orari dei treni in partenza; dei 52 mila profughi ospitati nei centri del Comune nell’ultimo anno, meno di 100 hanno chiesto asilo politico per restare in Italia, gli altri sono ripartiti dopo pochi giorni (anche qui illegalmente, dato che modi legali non ne esistono).
Come ha gestito l’Italia gli arrivi dell’ultimo anno, una pressione migratoria grande tre volte quella dell’Emergenza Nord Africa del 2011 (dopo la rivoluzione in Tunisia e la guerra in Libia)? Morcone rivendica una scelta: «La gestione ordinaria, con bandi e regole precise, non in deroga. Non è un caso che gli ultimi scandali di Roma riguardano soprattutto le modalità dell’accoglienza del 2011, segnate invece dalla scelta, appunto, emergenziale». Tradotto, in vari casi volle dire collocazione degli stranieri in alberghi vuoti e cooperative inadatte trasformate in centri d’accoglienza, senza la minima esperienza e competenza. Il business rivelato dall’inchiesta “Mafia Capitale” si spiega anche grazie a questo contorno. «Nel 2014», aggiunge Morcone, «l’accoglienza è invece avvenuta secondo parametri predefiniti; fondamentale è stato l’accordo tra Stato, Regioni e Comuni del 10 luglio scorso, basato sulla ripartizione tra i vari territori in base al numero di abitanti». Vari problemi sono derivati dalla scelta “schizofrenica” di alcune Regioni, soprattutto Lombardia e Veneto (Toscana ed Emilia vengono invece indicate come esempi positivi): «Firmano a Roma», chiarisce Morcone, «ma poi, per rincorrere il consenso, tirano calci quando chiediamo di assumersi la responsabilità a cui si sono impegnati». In alcuni casi, il Viminale ha fatto comunque partire i pullman verso le Regioni recalcitranti, imponendo ai prefetti locali di trovare delle sistemazioni nonostante l’opposizione delle autorità locali.
Morcone si sofferma anche sul passaggio avvenuto il 1° novembre: fine della missione varata dall’Italia dopo la tragedia di Lampedusa dell’ottobre 2013, cioè Mare Nostrum (in realtà, nei 2-3 mesi successivi, parte dei mezzi rimangono in campo per una fase di transizione); e inizio di Triton, guidata e finanziata da Frontex, l’agenzia dell’Unione Europea. «Cambia proprio la finalità, da umanitaria e di ricerca e soccorso anche in acque internazionali, a controllo delle frontiere europee». Ha recentemente spiegato Ewa Moncure, portavoce di Fontex: «Non possiamo sostituire i mezzi italiani: Triton è un’operazione molto più piccola, le regole europee non prevedono pattugliamenti in acque internazionali». Se l’operazione italiana costava 9 milioni al mese (circa 700 euro per ogni persona salvata), quella europea ne costa meno di 3. I numeri di Mare Nostrum li ha esposti in Senato il 9 dicembre l’ammiraglio De Giorgi, capo della Marina italiana: 156.362 assistiti in 439 salvataggi, 366 scafisti consegnati alle forze dell’ordine, 9 navi-madre (i grossi pescherecci che in alto mare lasciano i migranti in imbarcazioni più piccole, per poi tornare indietro), il 99% dei migranti intercettati prima dello sbarco e controllati dai medici di bordo. Le differenze con Triton: il tonnellaggio delle navi in campo, proporzionale all’efficacia nel salvare le vite umane, è passato da 22 mila a 13 mila; le miglia quadrate pattugliate da 22.350 a 6.900 (-65%). Mare Nostrum attirava i profughi come sostengono i suoi detrattori? «È una sciocchezza. Nel primo mese senza Mare Nostrum, gli arrivi sono aumentati del 485% rispetto il novembre precedente», ha detto l’ammiraglio De Giorgi.
Il prefetto Morcone tocca anche il tema dei minori non accompagnati accolti in Italia (12.741 dal 1° gennaio): «Dal 2015 il Governo ha deciso di non lasciare più in carico ai singoli Comuni l’onere dell’accoglienza, com’è ora in base a una legge del 2000. Dato che il fenomeno è diverso da quando fu varata, la retta quotidiana alle cooperative scenderà dagli attuali 80 euro a giorno (solo 2,50 direttamente al migrante) a 45». Rivendica poi due cambiamenti. L’aumento delle commissioni territoriali per le domande di asilo, in modo da accorciare i tempi di attesa, e il fatto che «nei Centri di identificazione e espulsione (Cie) la permanenza massima scenderà a 90 giorni, a mio avviso anche 60 sarebbero sufficienti. È anche un risparmio economico, oltre che un tempo lungamente inutile: spesso si assiste alla follia di stranieri irregolari portati nel Cie dopo essere stati in carcere, si poteva identificarli prima».
Infine, due auspici per il futuro: «Promuovere il mutuo riconoscimento europeo della protezione internazionale, in un’Europa dove circolano liberamente merci e uomini ma non chi ha ottenuto l’asilo politico. Poi, provare a recuperare le regioni sub sahariane all’Italia, mutando rotta sulla stupida scelta di abbandonare l’Africa nelle mani cinesi e indiani, non comprendendo quanto fosse strategico il rapporto con determinati Paesi del Continente nero. Qualche inversione c’è stata con il ministero della Cooperazione di Andrea Riccardi e anche con l’attuale Governo, per esempio a breve saremo in missione in Niger».