Le esternazioni dell’ingegner Mauro Moretti hanno giustamente fatto scalpore. L’amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato guadagna oltre 800 mila euro l’anno e non accetta di finire nella ghigliottina della spending review che il premier Matteo Renzi vuole applicare anche ai manager di Stato. Se accadrà, ha dichiarato piccato, se ne andrà all’estero.
Prima di continuare va fatta una premessa importante: l’ingegner Moretti è un ottimo manager che ha smentito una celebre battuta di Andreotti, secondo il quale i matti si dividono in due categorie: quelli che si credono Napoleone e quelli che pensano di risanare le Ferrovie. Moretti le Ferrovie le ha risanate davvero, portandole in utile. Ma probabilmente non si è accorto di essere deragliato dalla realtà che lo circonda. Dovrebbe scendere dal treno, entrare in un supermercato, visitare qualche mensa Caritas, una sala d’attesa di una stazione, possibilmente di provincia, magari salire su un treno di pendolari alle sette del mattino e non guardare l’Italia dal finestrino del Frecciarossa. La Crisi iniziata nel 2008 ha trasformato la Sesta potenza economia mondiale in un Paese di diseguaglianze sociali, con sacche di povertà impressionanti. Lo stipendio medio degli italiani, secondo le classifiche Ocse, è tra i più bassi d’Europa: poco più di 22 mila euro netti, la metà della Germania, ma anche della Spagna.
Non dovrebbe, un manager del comparto pubblico, che è pur sempre assimilabile a un servitore dello Stato, fare la sua parte? L’esempio, come si è sempre detto, non deve partire dall’ alto? Seconda considerazione. I senior manager della pubblica amministrazione italiana (sempre stando ai dati Ocse) sono i più pagati del mondo, con uno stipendio medio di 480 mila euro lordi, pari a circa 650 mila dollari. Il triplo della media europea (232 mila dollari) e di quella americana (275 mila dollari). E il fatto che siano così alti, ci si permetta di dubitare, non può dipendere solo dal fatto che abbiamo i manager più bravi del Pianeta. Probabilmente c’è qualcosa d’altro, c’è una politica retributiva un po’ troppo generosa che negli anni passati ha largheggiato nel sottobosco dei grand commis, dei manager pubblici e degli alti burocrati senza rendersi conto del quadro generale, dello stato dei conti pubblici, della situazione del Paese.
Moretti ha voluto esternare anche per un legittimo orgoglio, ma minacciando di andarsene ha suscitato l’ironia di mezzo Paese, a cominciare dal ministro dello Sviluppo economico ("Vuole andarsene? Si accomodi"). Un taglio della propria lucrosa indennità, in un momento così difficile per (quasi) tutti gli italiani, sarebbe davvero di esempio per tutti, un gesto di grande responsabilità. Il tetto fissato da Renzi, che è lo stipendio del presidente della Repubblica (circa 239 mila euro) o almeno lo stipendio annuo lordo del primo presidente di Cassazione, che è di 302 mila euro, è un limite ragionevole e dignitoso, che non mortifica il merito di un bravo manager, soprattutto se di Stato, vale a dire al servizio della collettività. Ecco perché l’ingegner Moretti ha perso una buona occasione per tacere.