Ha scritto per il Corriere della Sera per 48 anni, dal 1967 al 2015, e dal 1984 al 1987 è stato anche direttore della storia testata milanese. Piero Ostellino è scomparso a 82 anni. Per il quotidiano è stato anche corrispondente da Mosca dal 1973 al 1978 e da Pechino dal 1979 al 1980, ma anche inviato speciale e, per molti anni, editorialista.
Giornalista ma prima ancora uomo di cultura, si è sempre distinto per il suo spirito polemico e il suo appassionato sostegno del pensiero liberale.
Ostellino era nato a Venezia il 9 ottobre 1935. Si si era laureato a Torino in Scienze politiche, e nel capoluogo piemontese, non ancora trentenne, era stato tra i fondatori, nei primi anni ‘60, del prestigioso Centro di ricerca Luigi Einaudi.
Dopo i cinque anni di corrispondente da Mosca, nell’epoca dell’Unione Sovietica di Brežnev (esperienza da cui aveva tratto un libro di grande successo: Vivere in Russia), Ostellino si era trasferito come corrispondente a Pechino, dove aveva seguito al Cina del dopo-Mao per due anni, dal 1979 al 1980.
Tornato a occuparsi del mondo sovietico, nel 1984 era giunto alla direzione del Corriere, raccogliendo il testimone da Alberto Cavallari (il direttore che aveva risollevato il quotidiano dopo lo scandalo della Loggia P2). Ha guidato il giornale fino al 1987, lasciandone poi la guida a Ugo Stille.
L’epoca della crisi italiana della Prima Repubblica e il ciclone Mani Pulite Piero Ostellino li aveva raccontati e commentati, da editorialista, attraverso la sua rubrica settimanale “Il dubbio”, sempre dalle colonne del Corriere. Uno dei suoi temi forti era la polemica contro gli eccessi del “giustizialismo”: stigmatizzava l’invasiva intromissione della magistratura nel campo politico.
Nel 2015 ha lasciato il Corriere della Sera per passare al Giornale, dopo ha scritto fino alla scomparsa.