Lo scrittore e intellettuale iracheno Younis Tawfik, originario di Mosul, da anni in Italia. Vive a Torino.
I
terroristi dell’Isis temono la memoria umana, hanno paura dal
passato, dalla storia della civiltà dell’uomo e fanno per
eliminarla. Loro distruggono i luoghi di culto, i monumenti e i
luoghi di culto che contengono una testimonianza storica.
Una ferita
lancinante si è aperta nel cuore della mia città, Mosul, guardando
impotente la furia
iconoclasta dei miliziani dell’Isis che abbattono l’edificio
della moschea più antica dedicata al profeta Yunus,
il biblico Giona. Il 24 luglio 2014 erano saltati in aria, rasi
completamente al suolo, i minareti e le cupole, tra le urla disperate
degli abitanti della città che filmavano con i telefonini.
Giona è un profeta
ebreo, il protagonista dell’omonimo libro dell’Antico Testamento.
È uno dei dodici profeti minori ed è venerato come santo dalla
Chiesa cattolica, ma anche il
Corano lo onora così:
“Ci
fosse stata almeno una città credente, cui fosse stata utile la sua
fede, a parte il
Popolo
di Giona. Quando ebbero creduto, allontanammo da loro il castigo
ignominioso in questa vita e li lasciammo godere per qualche tempo.”
(Sura 10, v. 98)
Il
sepolcro era meta di venerazione sia dei musulmani, sia dei cristiani
iracheni. Giona era il simbolo dell’unità del Paese e una sorta di
patrono di Mosul al quale tutti si rivolgevano. La maggioranza dei
maschi della città portano il suo nome, compreso il sottoscritto.
Potrebbe
essere considerato l’antisimbolo del fanatismo intollerante e del
fantasma dell’impero dei jihadisti esattamente come il convento di
San Ilyas ovvero Elia che soltanto adesso ci si accorge essere
stato raso al suolo dalle ruspe dell’Isis.
Foto Ansa.
La mano del terrore
devasta tutto e arriva a cancellare la maggior parte delle moschee
che custodiscono tombe di profeti e santi. Sono stati abbattuti in
seguito anche i sepolcri dei profeti Set, il 25 luglio, e quella di
Giargis, la moschea sciita dedicata al figlio di Hasan, detto Alì il
piccolo, discendente del nipote di Muhammad e figlio del califfo Alì,
nella stessa data. Non si sono salvati nemmeno monumenti culturali
che raffigurano poeti del nono secolo come il grande poeta Abu Tammam
(805-845)
e
compositori come il musicista Ishaq al-Mausili (767-850), e di altri
cinquanta luoghi di culto musulmani, cristiani yazidi e altro.
L’ultima notizia
che mi ha sconvolto è al venire a sapere che il
anche il convento di Mar Ilyas ovvero Elia è stato raso al
suolo dalla macchina dell’odio.
Ilyas
il verde come lo chiamavano i cittadini di Mosul era il simbolo della
venerazione non soltanto per i cristiani ma anche per i musulmani. Mi
ricordo quando in primavera, da piccoli, andavamo con i parenti in
gita verso le valle che circondano l’edificio sacro. Si giocava tra
le peonie rosse e si mangiava in comune con i nostri vicini di casa
cristiani la Dolma,
il piatto preferito del venerdì. Le donne, desiderose di gravidanza
salivano verso il convento per chiedere grazia e fecondità,
musulmane o cristiane che siano e a volte vide per sino le yazide.
Un tempo, rispetto reciproco e integrazione erano valori comuni: una consuetudine, non un'eccezione. Il
mio primo amore corrisposto, ad esempio, fu una ragazza cristiana, una
cosa nirmnale, normalissima, per me e per i miei genitori. Mi
chiedo fino a quando l’umanità sta a guardare mentre il suo
patrimonio venga distrutto da persone senza scrupoli e senza storia.