La cosiddetta Rotta balcanica continua a essere il percorso della vergogna e della disumanità, il luogo nel quale la solidarietà e la pietà vengono annientate dalla brutalità e dalle discriminazioni. Per le migliaia di persone che fuggono dal Medio Oriente e dall'Asia, da Paesi come l'Iraq, il Pakistan, la Siria, l'Afghanistan e dalla Turchia si mettono in cammino attraverso i Balcani per cercare salvezza in Unione europea, la frontiera che divide Serbie e Ungheria rappresenta l'inferno. Le tante testimonianze e i dati raccolti dalla Ong Medici senza frontiere raccontano una situazione allarmante al confine tra i due Paesi, dove si registra un uso ripetuto della violenza da parte delle autorità ungheresi nei confronti di chi tenta di raggiungere l'Europa. Un'Europa che resta cieca e silenziosa davanti alle immagini e alle storie dei migranti vittime di violenze.
Percosse con cinture e manganelli, calci, pugni, varie forme di umiliazione come quella di essere costretti a togliersi i vestiti durante il periodo invernale, uso di spray al peperoncino e gas lacrimogeni, fino ai respingimenti e alla negazione dell’assistenza. Sono alcune delle terribili pratiche che i team di Medici senza frontiere hanno evidenziato, dopo aver raccolto le testimonianze di persone picchiate e maltrattate nel corso di otto anni di lavoro al confine. Msf è infatti presente e attiva con i suoi operatori in Serbia dal 2014. Nel corso del 2022 l'organizzazione sta operando negli insediamenti informali per i migranti lungo la frontiera con l'Ungheria e quella con la Romania, con due cliniche mobili che forniscono prima assistenza, sostegno psicologico e attività di promozione della salute. Finora le équipe mediche hanno assistito 1844 persone.
Da gennaio 2021, le cliniche mobili di Msf hanno trattato 423 pazienti con ferite riportate in seguito a violenti incidenti avvenuti al confine tra l’Ungheria e la Serbia. Come racconta la dottoressa Andjela Marcetic, operatrice di Msf in Serbia, tanti riportano lesioni alle braccia e alle gambe, lesioni articolari, contusioni, fratture, tagli profondi, segni evidenti di aggressioni fisiche. Molti mostrano ferite dovute alle cadute dalle recinzioni al confine, ricoperte di filo spinato, la barriera di seprazione tra l'Ungheria da un lato e la Serbia e la Croazia dall'altro che il Governo ungherese giidato da Viktor Orban ha deciso di costruire a partire da luglio 2015 per respingere il flusso dei migranti. Tante persone hanno raccontato di aver subito umiliazioni su base razziale, di essere state derubate di tutti i loro effetti personali.
«Queste testimonianze dimostrano che gli Stati dell’Unione Europea continuano ad usare intenzionalmente violenza e strutture non idonee e pericolose per dissuadere le persone dal chiedere asilo nell’Unione Europea. Investono in recinzioni di filo spinato e droni, mentre chiudono gli occhi di fronte alle violenze senza precedenti che continuano a consumarsi alle frontiere», afferma Shahbaz Israr Khan, capo missione di Medici senza frontiere nel Nord dei Balcani. «Queste pratiche non solo causano gravi danni fisici e psicologici, ma spingono le persone ad intraprendere rotte più pericolose».
(Foto di Medici senza frontiere)