Contribuisci a mantenere questo sito gratuito

Riusciamo a fornire informazione gratuita grazie alla pubblicità erogata dai nostri partner.
Accettando i consensi richiesti permetti ad i nostri partner di creare un'esperienza personalizzata ed offrirti un miglior servizio.
Avrai comunque la possibilità di revocare il consenso in qualunque momento.

Selezionando 'Accetta tutto', vedrai più spesso annunci su argomenti che ti interessano.
Selezionando 'Accetta solo cookie necessari', vedrai annunci generici non necessariamente attinenti ai tuoi interessi.

logo san paolo
mercoledì 26 marzo 2025
 
africa
 

Medici senza frontiere deve lasciare il Camerun: "Decisione straziante"

06/08/2021  "Non abbiamo avuto altra scelta, perché le autorità continuano a negarci il diritto di fornire assistenza alle persone", spiega Laura Martinelli, capomissione della Ong nel Paese. "Eravamo una delle poche organizzazioni internazionali sul terreno ad offrire assistenza medica gratuita"

(Nella foto di Albert Masias/Msf: chirurghi di Msf durante un intervento all'ospedale Saint Mary Soledad a Bamenda, regione nord-occidentale del Camerun

«Un decisione straziante, ma non abbiamo avuto altra scelta». Commenta con queste parole Laura Martinelli, capomissione di Medici senza frontiere in Camerun, la decisione della Ong medico-umanitaria di ritirare il suo staff nella regione nord-occidentale del Camerun, una zona gravemente instabile, insicura, da anni flagellata da scontri armati tra forze di sicurezza governative e gruppi separatisti anglofoni, che da decenni denunciano discriminazioni da parte della maggioranza francofona. Interrompere una missione medico-umanitaria, lasciare un Paese estremamente bisognoso di assistenza sanitarie e di cure non può che essere avvertita come una sconfitta per chi dedica la sua vita a salvare vite umane. Ma, dopo che a dicembre 2020 tutte le attività mediche della Ong sono state sospese dalla autorità camerunesi, senza più possibilità di rivedere l'accordo di collaborazione con il Governo, per la Ong non c'è stato altro da fare. La scelta è stata obbligata. 

«Le autorità continuano a negarci il diritto di fornire assistenza alle persone», spiega Martinelli. «Siamo stati costretti ad andarcene, ma i bisogni della popolazione rimangono ingenti. Migliaia di persone si sono affidate al nostro supporto. Donne incinte, sopravvissuti a violenza sessuale, bambini affetti dalla malaria, persone sfollate o ferite a causa del conflitto. Sfortunatamente, eravamo una delle poche organizzazioni internazionali sul terreno ad offrire assistenza medica gratuita. Quando ero lì, gli operatori sanitari comunitari che supportavamo mi hanno detto che, dalla sospensione, alcuni bambini sono morti a causa della mancanza di cure disponibile o per l’assenza di ambulanze. Le persone che sono state costrette a fuggire a causa delle violenze hanno chiesto: “Quando torneranno?”. Sono testimonianze difficili da ascoltare. Come operatori umanitari, vedersi negato il diritto di assistere persone in difficoltà è avvilente.  Oggi qualcuno deve colmare il vuoto lasciato dalla nostra assenza, per garantire a tutte le persone di avere accesso a cure mediche salvavita. Speriamo con tutto il cuore che le autorità camerunensi rivedano questa decisione, per il bene della popolazione. Aiutiamo la popolazione del Camerun e il ministero della Salute da 35 anni, e siamo sempre stati aperti alla discussione. L’unica cosa che conta per noi è che donne, uomini e bambini colpiti dalle violenze in atto abbiano accesso alle cure. Niente di più, niente di meno».

Scontri e disordini nelle regioni nord-occidentali e sud-occidentali del Camerun vanno avanti dal 2017. Violenze, attacchi armati, sequestri, torture, abusi sessuali non risparmiano la popolazione civile e neppure i più piccoli.  A ottobre del 2020 un gruppp di uomini armati ha fatto irruzione in una scuola elementare nella città di Kumba e ha aperto il fuoco facendo una strage di bambini. Secondo i dati delle Nazioni unite, a settembre del 2020 quasi 680mila persone nei distretti colpiti dalle violenze sono state costrette ad abbandonare le loro case, 59mila sono fuggite nella vicina Nigeria.

Dal 2018 Msf in Camerun gestiva l'unico servizio di ambulanze gratuito attivo 24 ore su 24. Le équipe della Ong hanno eseguito 3.272 interventi chirurgici e assicurato il trasporto in ambulanza di 4.407 pazienti (più di 1.000 erano donne in travaglio). Gli operatori sanitari comunitari supportati da Msf hanno fornito 42.578 consultazioni, principalmente per malattie come malaria, diarrea e infezioni del tratto respiratorio. A Bamenda, capitale della regione nord-occidentale, nel cuore della crisi, Msf supportava tra l'altro l'ospedale cattolico Saint Mary Soledad, una struttura con 76 posti letto dove l'équipe medica forniva cure a donne in gravidanza e bambini e prestava assistenza medica e psicologica a persone vittime di traumi di vario genere. Nel 2019 in questo ospedale sono stati eseguiti 1.500 interventi chirurgici. Ora, il Saint Mary Soledad è tra i centri sanitari del Paese che Msf non potrà più sostenere.

Dal 2018 le strutture sanitarie, comprese quelle di Msf, sono diventate bersaglio di numerosi attacchi armati. «Mentre siamo costretti a ridurre la nostra presenza», aggiunge la capomissione della Ong in Camerun, «chiediamo a tutti i gruppi armati di rispettare gli operatori sanitari, che siano membri di organizzazioni non governative o del Ministero della Salute. Qualsiasi minaccia o violenza contro di loro o contro i pazienti è inaccettabile».

 

Segui il Giubileo 2025 con Famiglia Cristiana
 
 
Pubblicità
Edicola San Paolo