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Sembrava una storia di guerra e d’amore per il pallone conclusa con il lieto fine. E invece no, non ancora. Era iniziata nel gennaio del 2016, quando Murtaza Ahmadi, 4 anni, fece il giro del mondo in una foto postata sui social in cui giocava a calcio nella sabbia, con una sacchetto di plastica acconciato con il pennarello in modo da somigliare alla maglia dell’Argentina di Lionel Messi.


L’immagine fece velocemente il giro del mondo attraverso il web fino a giungere agli occhi e alle orecchie del campione argentino che volle regalargli, maglie vere dell’Argentina e del Barcellona e, poi, il 14 dicembre 2016, l’opportunità, con l’aiuto dell’Unicef, di calpestare il prato di una partita vera, in occasione di una trasferta del Barça, in Qatar, per un’amichevole contro l’Arabia Saudita .


Da allora Murtaza è cresciuto, oggi ha sette anni, altre magliette da Messi sono venute, e fino a pochi mesi fa ancora sognava il pallone e un futuro da Messi nella sua casa di Jaghori. Finché l’avanzata dei Talebani non l’ha costretto a fuggire assieme ad altri cittadini di etnia Hazara, la stessa protagonista dei romanzi di Hoousseini. «Abbiamo perso la nostra casa a Jaghori», ha scritto qualche settimana fa lo stesso Murtaza. La famiglia che già nel 2016 aveva provato a emigrare in Pakistan vedendosi però la domanda respinta, ora abita in una casa modestissima alla periferia di Kabul. Murtaza ci abita con la mamma e i fratelli in spazi stretti condivisi anche con altri profughi. Ha con sé le sue magliette e il suo pallone ma non può uscire a giocare in strada.


La famiglia è preoccupata, gli Ahmadi hanno ricevuto a lungo minacce minacce: genitori e fratelli temono che il bambino possa essere rapito. «La gente intorno», dicono ai media stranieri che li hanno ritrovanto, «si era convinta che l’amicizia con il campione abbia fruttato dei denari, temiamo che Murtaza possa essere sequestrato per chiedere un riscatto, l’abbiamo dovuto chiudere in casa, per due anni non è andato a scuola». Murtaza con la sua mamma ha parlato alla Cnn, dice che non vede il suo papà dal giorno in cui sono stati portati lì e che gli manca tanto. Non ha smesso di seguire il rimbalzi del pallone, anche se deve limitarli a piccoli spazi interni e non ha smesso di sognare che di poter un giorno fuggire in un mondo più pacifico e sicuro.





