E' l’incubo di sindaci, sovrintendenti
e giudici del Tar. Nella
foga della polemica è a suo agio
come un pesce nell’acqua. E per
denunciare il degrado del nostro
immenso patrimonio artistico
lancia staffilate come questa: «Hanno
usato ceramiche da bidet in quello che
secondo Ezra Pound è il più bel monumento
rinascimentale del mondo!»,
riferendosi alle pessime condizioni in
cui versava qualche anno fa il Tempio
Malatestiano di Rimini progettato da
Leon Battista Alberti e che custodisce
il Crocifisso di Giotto. Firmato: Vittorio
Sgarbi.
Al di là dei toni, opinabili, un pregio
gli va riconosciuto: non parla mai
per sentito dire. Accompagnato dal
suo autista («Aspetti, glielo passo per
l’intervista. Adesso no, non è più disponibile.
Vittoriooo…») gira in lungo
e in largo l’Italia per vedere da vicino
capolavori nascosti e orrori che
sfregiano il paesaggio.
Una volta, in
un’intervista, spiegò che «a differenza
di un letterato, che può permettersi il
lusso di essere malato, a uno storico
dell’arte si richiede una componente
di azione e dunque di integrità fisica.
Non può fare il proprio mestiere senza
muoversi e viaggiare». Insomma, ci
vuole un “fisico bestiale”.
Eccolo, quindi,
a Bagheria e poi a La Spezia, a difendere
Santa Giusta di Bazzano, vicino a
L’Aquila, e a battagliare contro le pale
eoliche installate a Sepino. E a indignarsi
per un maniero del Trecento in
svendita a Castellazzo Novarese o per
il disfacimento degli affreschi di Santa
Maria Nova di Sillavengo. Chi meglio
di lui, che per l’Expo 2015 è stato
nominato “ambasciatore delle belle
arti” della Lombardia, può tracciare
un bilancio del bello e del brutto
dell’anno appena trascorso? Musica
per le sue orecchie.
Cominciamo con il brutto? Riflette
un po’. Poi attacca: «La Sicilia è un disastro.
A fine novembre è stato chiuso il
Museo Guttuso di Bagheria, minacciano
di chiudere il Museo Mandralisca
di Cefalù che custodisce il Ritratto di
ignoto marinaio di Antonello da Messina
e la domenica pomeriggio se vai a
Lipari trovi chiuso il Museo archeologico
che è un vero gioiellino».
Insomma,
«sono tutti segnali inquietanti»,
chiosa, «di come questa regione sia ammalata, non sa valorizzare quello
che ha, un patrimonio di una ricchezza
infinita».
L’altra nota dolente lo vede protagonista.
Ha dato battaglia per portare
i Bronzi di Riace da Reggio Calabria a
Milano per l’Expo, ma gli esperti nominati
dal ministro Franceschini hanno
detto no. «Sarebbe stato il luogo
ideale per mostrare il prestigio della
Calabria e avere molti più visitatori
rispetto al Museo archeologico di Reggio
». Sul podio delle brutture, salgono
anche le pale eoliche e i pannelli
solari che, spiega, «hanno devastato
interi paesaggi soprattutto in Puglia,
Sicilia e Calabria. Adesso alcuni amministratori
locali le hanno fermate
ma il danno è stato fatto». E La Spezia?
«Uno scempio, un abominio», risponde.
«In piazza Verdi, che era vincolata,
hanno buttato a terra gli alberi del
1930 per fare posto a orrendi archetti
di cemento armato colorato».
Lo Sgarbi globetrotter di cose buone
quest’anno comunque ne ha viste.
La più importante? «È stata riaperta al pubblico la chiesa di Santa Maria
Donnaregina a Napoli dove si può
ammirare il ciclo di affreschi del Trecento
di Pietro Cavallini». E aggiunge:
«Oggi è possibile andare al Madre (il
Museo d’arte contemporanea, ndr) e
vedere non solo la proposta opportunistica
di questo museo foraggiato da
milioni di euro, ma anche le origini
della pittura italiana, ammirando l’opera
di un grande artista».
Un’altra notizia positiva arriva dal
Sud: la vittoria di Matera come Capitale
europea della cultura per il
2019. «È quasi una rivincita», dice,
«una città vissuta per anni nella miseria
e nell’abbandono, ora è stata valorizzata
e rimessa a posto, pietra su pietra,
nel rispetto delle caratteristiche
originarie». Ultima cosa. Se Sgarbi diventasse
nel 2015 nuovo ministro dei
Beni culturali cosa farebbe? «Accesso
gratuito in tutti i musei dello Stato. Le
opere d’arte hanno una funzione educativa,
non si può pagare per andarle a
vedere». E poi? «Abbatterei i capannoni
che deturpano il paesaggio».