(Foto Reuters: sopra e in copertina, due immagini di una campagna informativa ed educativa contro le mutilazioni per un gruppo di donne in Egitto)
Una violenza spietata e insieme silenziosa, una ferita che non si rimargina, condizionando la vita intera di una donna, la sua sessualità, le sue condizioni di salute, le sue relazioni sociali. Le mutilazioni genitali femminili mettono a rischio la salute fisica e psicologica di bambine e ragazze nel mondo. Una piaga pericolosa e difficile da estirpare, perché si tratta di pratiche tradizionali antiche e profondamente radicate in molte culture e società del mondo. Come spiega l'Unicef, alla base delle mutilazioni ci sono motivazioni e convinzioni di diverso tipo, che si mescolano tra di loro: ragioni sessuali (la riduzione del piacere per le donne), sociologiche (come iniziazione all'età adulta e integrazione nella comunità), religiose, in alcuni casi anche estetiche, a volte anche convinzioni sanitarie (si pensa che la mutilazione favorisca, ad esempio, la fertilità della donna). Si calcola che le mutilazioni riguardino almeno 200 milioni di giovani donne in trenta Paesi. Ogni anno circa 3 milioni di bambine sotto i 15 anni vengono costrette a subire questa forma di violenza. Le mutilazioni vengono praticate principalmente a bambine tra i 4 e i 14 anni. In alcuni casi, a neonate di pochi giorni e a bambine di meno di un anno.
Le Mgf riguardano soprattutto il continente africano. Nel Corno d'Africa questa piaga tocca circa il 90% della popolazione femminile. In Egitto nel 2000 il 97% della popolazione femminile era stato sottoposto a mutilazione. In percentuali minori viene praticata in Nigeria, Niger, Uganda e altri Paesi. Le Mgf vengono praticate soprattutto presso le società islamiche, ma coinvolgono anche quelle cristiane - ad esempio in Egitto e nel Corno d'Africa - trattandosi di una tradizione antropologica che ha origine nell'antichità. Molti Paesi si sono dotati di leggi contro le Mgf. Ma le convenzioni sociali e culturali sono più forti. In Egitto, ad esempio, dal 2008 le mutilazioni sono illegali (la pena per chi compie il reato è la detenzione dai tre mesi ai tre anni e una multa elevata). Da allora la pratica ha cominciato a diminuire, ma è rimasta estremamente diffusa come mezzo di "purificazione" di una ragazza prima che si sposi e la circoncisione femminile viene considerata un evento sociale.
L'Europa, tuttavia, non è immune da questo problema. Il fenomeno della migrazioni ha portato la pratica delle Mgf anche nel nostro continente e nel nostro Paese. Come ricorda l'organizzazione umanitaria Action Aid, in occasione della Giornata mondiale contro le mutilazioni genitali femminili che ricorre il 6 febbraio, le Mgf vengono praticate illegalmente anche presso le comunità migranti che risiedono nel nostro Paese. Spesso le ragazzine straniere che vivono in Italia o sono nate qui vengono costrette a subire questa pratica quando ritornano nei loro Paesi di origine per visitare i parenti.
Secondo uno studio coordinato da noi dall'Università degli studi Milano-Bicocca, in Italia le donne sottoposte a mutilazione sono tra 61mila e 80mila. Il gruppo più numeroso è quello nigeriano, seguito da quello della comunità egiziana. Quanto alla prevalenza del fenomeno all'interno delle singole comunità, per le donne somale si rileva una prevalenza dell'83,5%, per la comunità nigeriana 79,4%, per le donne provenienti dal Burkina Faso 71,6%, per quelle egiziane 60,6%, quelle eritree 52,1%.
Molte organizzazioni lavorano per combattere questo problema e diffondere una cultura di rifiuto delle Mgf e di rispetto per i diritti, la salute, la dignità delle donne. Negli ultimi due anni Action Aid si è impegnata nella lotta contro la pratica delle mutilazioni a livello europeo attraverso il progetto "After", co-finanziato dall'Unione europea e sviluppato in cinque Paesi (Italia, Belgio, Irlanda, Spagna e Svezia). Sradicare la pratica delle Mgf significa compiere un lavoro educativo e culturale per cambiare mentalità e credenze radicate. Grazie al progetto, Action Aid ha condotto un percorso di sensibilizzazione per le donne e di informazione ed educazione per le loro comunità di provenienza, uomini compresi.
Un lavoro certamente non facile da compiere, perché si è trattato di intaccare e smontare un retaggio culturale imponente. Come spiega Beatrice Costa, responsabile programmi di Action Aid Italia: «Parlare di mutilazioni genitali femminili ha suscitato inizialmente diffidenza e chiusura, sia perché ogni tema relativo alla sessualità è spesso considerato tabù, sia perché per molte donne e uomini era la prima volta che si metteva in dubbio una pratica che fa parte della loro "tradizione". A questo si somma la non conoscenza dei rischi e delle conseguenze delle mutilazioni». Il progetto "After" ha compiuto dei passi importanti nella sensibilizzazione sul problema, grazie anche alle testimonzianze dirette di donne ex tagliatrici, che sono poi diventate attiviste contro le mutilazioni. «Per continuare a combattere questa pratica», aggiunge la Costa, «chiediamo al futuro Governo italiano di assicurare azioni strutturali e continuative nel tempo per prevenire le mutilazioni femminili, con risorse adeguate e certe, valorizzando in particolare le attività che mirano al coinvolgimento delle comunità provenienti da Paesi dove il fenomeno è ancora diffuso».
In occasione delle Giornata mondiale contro le Mgf il 6 febbraio, Action Aid invita ad aderire alla campagna online che ha come simbolo un soffione viola, espressione di libertà. Si può aderire attraverso l'hashtag #endFGM e condividendo il post con la foto del soffione viola che il 6 febbraio sarà pubblicata sul profilo Facebook di Action Aid. A sostenere la campagna molto personaggi noti, come Luciana Littizzetto, Lella Costa, Stefania Rocca, Andrea Lucchetta e le nazionali femminili di pallavolo e di rugby. Informazioni: www.actionaid.it.