Più Venerdì Santo che Natale. I giorni legati al misterio dell'Incarnazione per alcune comunità cristiane in Asia sono stati segnati da violenze, abusi, perfino atrocità. In Myanmar, il Cardinale Charles Maung Bo, a nome dell'intera comunità cattolica birmana, ha definito "disumana barbarie" quella che è stata chiamata "la strage di Natale", avvenuta nel villaggio di Mo So, nei pressi della cittadina di Hpruso, nello stato birmano Kayah, nella parte orientale del paese. Qui il 24 dicembre mentre, dopo il golpe militare del 1° febbraio, la guerra civile lacera la nazione, l'esercito birmano ha massacrato 35 civili innocenti, tutti cattolici, tra i quali donne e bambini e due operatori birmani della Ong "Save the children".
I civili stavano fuggendo su mezzi di trasporto da un'area di intensi combattimenti. Sono stati fermati dai militari, circondati, colpiti, mutilati e arsi vivi. Solo ieri i militari hanno dato il permesso ai parenti delle vittime di accedere all'area e di riprendere i corpi, tutti carbonizzati, per procedere alla sepoltura. Le esequie sono state un semplice rito funebre guidato da catechisti della diocesi di Loikaw, dove e è avvenuta la strage, senza l'Eucarestia e senza la presenza di un sacerdote, dato che l'esercito non ha consentito al parroco locale di raggiungere il villaggio. Tra i deceduti si notavano due piccoli corpi: Giovanni, bambino di tre anni, e Agata, bimba di 2 anni, morti con i loro genitori. I fedeli locali non esitano a denunciare i "crimini contro l'umanità commessi dai militari".
Natale di sofferenza e persecuzione anche per i cristiani in India. Una ondata di violenza ha colpito i fedeli negli ultimi giorni, in diversi territori della vasta nazione asiatica, che ama definirsi "la democrazia più grande al mondo", con oltre 1,3 miliardi di cittadini. Soprusi e violenze sulle comunità di fede sono avvenuti in particolare negli stati governati dal Bharatiya Janata Party, il partito al governo anche a livello federale, che promuove una agenda nazionalista e di stampo marcatamente induista, che spesso degenera in intolleranza verso altri gruppi religiosi. E così, tra i diversi incidenti registrati, nello Stato di Uttar Pradesh alcuni estremisti indù hanno bruciato immagini natalizie all'esterno di una scuola cristiana, mentre nello stato settentrionale di Haryana, il giorno di Santo Stefano la Chiesa cattolica del Santo Redentore ad Ambala è stata oggetto di atti vandalici, con grande sconcerto dei padri redentoristi.
Questi ed altri casi di aggressioni sono frutto di una pericolosa campagna di polarizzazione della società su base religiosa, che tende a denigrare e demonizzare i cristiani, notano le Chiese locali. In modo pretestuoso sono speso chiamate in causa le presunte “conversioni forzate o fraudolente”, che sarebbero promosse dalle comunità cristiane, impegnate invece in opere di carità senza alcuna discriminazione o distinzione castale. Ne hanno fatto le spese perfino le Missionarie della carità, la congregazione religiosa fondata da Madre Teresa di Calcutta, denunciate con l'accusa di “aver attirato ragazze al cristianesimo e ferito sentimenti religiosi indù", e ancora in attesa che il loro status di ente caritativo riconosciuto dal governo venga rinnovato.
Intanto, un altro segnale negativo: il vasto stato del Karnataka, in India meridionale, nei giorni scorsi ha approvato una legge per vietare le conversioni religiose, provvedimento destinato a provocare ulteriori tensioni interreligiose.
Poco più a Est, a Hong Kong, i cristiani hanno visto con sdegno e preoccupazione il nuovo giro di vite delle autorità civili contro media e giornalisti indipendenti, accusati di “cospirazione” e "pubblicazione di materiale sedizioso”, in base alla legge sulla sicurezza imposta da Pechino nel territorio dell'ex colonia.
La polizia ha arrestato sei tra redattori e collaboratori del sito web di informazione Stand News, bloccandone la pubblicazione. Molti, notando la continua erosione delle libertà democratiche, hanno ricordato il raid computo dalla polizia un anno fa nella redazione del giornale Apple Daily, ora chiuso, noto per essere critico della leadership di Hong Kong e della Cina continentale. E quanto avviene a Pechino non desta ottimismo: questa settimana, i media statali cinesi hanno riferito che l'Amministrazione statale per gli affari religiosi ha annunciato nuove "Misure per i servizi di informazione religiosa su Internet", che entreranno in vigore il 1° marzo.
La nuova normativa limiterà il ministero di culto, la predicazione e le video trasmissioni religiose online, condizionandole all’approvazione degli organismi preposti dal governo di Pechino, tra i quali il Ministero della Pubblica Sicurezza e quello della Sicurezza Nazionale. In tempi di pandemia, quando le trasmissioni religiose in streaming sono divenute molto utili e popolari, è una restrizione che peserà sulla vita dei credenti.