A Berlusconi che diceva che gli
80 euro di Renzi erano solo
una “mancetta elettorale fatta
male” gli ha portato una coppa
di fagiolini in studio, ricordandogli
le parole della sua fidanzata,
Francesca Pascale,
che rivelò che ad Arcore prima
del suo arrivo si pagavano i fagiolini 80
euro al chilo. «Non so quanto spendiamo.
Sono cose da donna», la replica
dell’ex premier. Ecco un esempio dello
stile di Myrta Merlino in onda ogni mattina
su La7 con L’aria che tira, che ha raggiunto
ascolti record superando l’8 per
cento di share, vale a dire il doppio del
risultato medio della rete. Un successo
che l'estate scorsa gli è valso la promozione in prima
serata il lunedì.
I fagiolini quindi fanno audience...
«Ho provato a tirar fuori da Berlusconi
parti di lui che non rientrano nel
canovaccio della politica ed evitare che
ripetesse le stesse cose. In Tv quello che
è fuori copione diventa interessante».
Il pubblico della sera è diverso da
quello del mattino. In prima serata è
cambiata la trasmissione?
«La nostra scommessa è rimanere
quello che siamo. È da un anno che dico
al mio editore Urbano Cairo che noi facciamo
un talk show di prima serata
ogni mattina con approfondimenti, inchieste,
ospiti importanti, servizi di attualità.
La differenza forse è la maggiore
leggerezza dei toni e un linguaggio
semplice e diretto. Alla fine Cairo mi ha
preso in parola e siamo partiti. Rispetto
a certe prime serate molto teatrali proviamo
a spiegare le cose in maniera
semplice, partendo dall’attualità politica
e dall’economia».
A te piace raccontare di più la politica
o l’economia?
«Io nasco come giornalista economica.
Per lungo tempo ho pensato
che fosse più interessante raccontare
l’economia perché restituisce un’immagine
più vera della realtà, mentre la politica
spesso falsa tutto. A L’aria che tira
il passaggio dall’economia alla politica
è stato molto naturale. In questi tre anni
è successo di tutto, dalle dimissioni
di Berlusconi al Governo Monti, dallo
stallo al Quirinale al ciclone Renzi. La
cronaca era così forte che ho sentito la
necessità di virare sulla politica, parlando
però sempre di cose concrete».
Tipo? Fai qualche esempio...
«Quando ho cominciato la trasmissione
mi dicevano che il pubblico della
mattina è distratto e che non si possono
fare cose troppo complicate. Io invece
ho parlato di tutto: fiscal compact,
Patto di stabilità, flussi elettorali. Mi
pongo sempre il problema di spiegare,
aiutandomi con la grafica. È una sfida
che dopo tre anni abbiamo vinto. Ogni
giorno provo a dire alle persone di avvicinarsi
alla politica e all’economia, perché
non sono cose impossibili da capire,
l’importante è non usare tecnicismi
o un linguaggio complicato».
Beppe Grillo ha detto che per fare
il ministro dell’Economia bisogna avere
almeno tre figli. Tu, allora, potresti
candidarti...
«Infatti lo faccio subito (ride, ndr).
La provocazione di Grillo mi convince
molto: la sensibilità che ha una madre
che gestisce una famiglia è importante.
Gli uomini sono molto astratti, noi donne
siamo più pratiche e concrete. Doti
fondamentali quando si è in crisi. Nei
momenti di boom, vedi la bolla speculativa
degli anni scorsi, la scena era degli
uomini che conquistavano il mondo
con la finanza; le donne e le madri servono
nei momenti di difficoltà, perché
sentono più forte il richiamo di rimboccarsi
le maniche e fare qualcosa per i
propri figli».
Come fai a conciliare il lavoro con
gli impegni famigliari?
«Con l’aiuto della mia famiglia sì.
Se dicessi che è facile sarei una bugiarda,
vivo sempre con un senso di colpa
perenne. Se arrivo prima a casa per aiutare
mio figlio a fare i compiti, arrivano
mille telefonate dalla redazione perché
è successo qualcosa. Se resto in ufficio
fino a tardi ho un senso di colpa perché
non sono a casa con i miei figli. Io sono
comunque una privilegiata, perché ho
genitori ancora giovani che fanno bene
i nonni e posso permettermi di avere
una persona che mi aiuta. Per le donne
che lavorano in fabbrica e prendono meno
di mille euro al mese è impossibile
conciliare famiglia e lavoro. E quando
non c’è possibilità di scelta, significa
che c’è qualcosa che non va».
Se fossi Merlino il mago cosa faresti
per far ripartire l’Italia?
«Abbassare quel 43 per cento di disoccupazione
giovanile. Ho tre figli adolescenti
e quando mi dicono che vogliono
andare all’estero per studiare perché
qui non vedono nessuna prospettiva è
una pugnalata al cuore. Secondo, vorrei
vedere Pompei e le altre meraviglie artistiche
italiane più valorizzate. Terzo: meno
burocrazia, che è come la neve, quando
cade non fa rumore, ma poi quando
vai ad aprire la porta per uscire scopri di
essere intrappolato in casa».