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sabato 05 ottobre 2024
 
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«Non prestiamoci a far da spalla ai mafiosi»

07/04/2016  L'indignazione del figlio del Generale Dalla Chiesa: «Mi stupisco che persone rispettabili accettino di andare a replicare a Riina in Tv: il contradditorio è un'illusione, legittima solo l'interlocutore. Il libro era stato proposto all'editore Melampo, ma l'abbiamo rifiutato»

La voce di Nando Dalla Chiesa, professore di Sociologia della criminalità organizzata all'Università Statale di Milano, trema di indignazione. Tra gli ergastoli che Totò Riina sta scontando c'è anche quello per l'assassinio del Generale Dalla Chiesa, suo padre. L'intervista il giorno dopo è ancora lì di traverso nella gola e non gli va giù neppure l'idea che la sera dopo Porta a Porta dia parola all'antimafia, come atto di riparazione. Anzi.

Professor Dalla Chiesa, il giorno prima c'era chi trovava discutibile la critica preventiva. Dopo aver visto Porta a Porta che giudizio ne dà? 
«Anche peggio di come me l’ero immaginata: vedere una trasmissione che dopo aver ospitato il figlio di Riina si concludeva con gli attacchi corali all’antimafia è stato al di là della mia immaginazione. E poi vederlo in faccia, vedere questa sfinge che non muove un muscolo davanti alle immagini di Falcone e Borsellino. Dicono: " Ma questa è documentazione". Ma come no? Avevo bisogno della documentazione di Bruno Vespa per sapere che i quattro figli di Totò Riina erano stati registrati tutti con nome e cognome? Ma lo sapevamo da decenni. Avevamo bisogno di questa testimonianza per sapere che facevano una vita non di lusso ma appena benestante? Ma per favore, sono le cose che racconto io nelle mie lezioni da anni.  Qual è la notizia? La notizia è che si ospita il figlio di Riina e si conclude attaccando l’antimafia».

E’ vero che questo libro era stato proposto anche a Melampo, la casa editrice di cui lei è direttore editoriale?
«Era stata un'idea sensata: trattandosi di un editore che si occupa di temi di mafia, corruzione e giustizia, c’era un criterio. Non abbiamo chiuso subito la porta: volevamo vedere che cosa ci fosse. Ci sarebbe bastato che Giuseppe Salvatore Riina prendesse le distanze da cosa nostra, non pretendevamo che insultasse il padre. Ma nel libro c'era solo l’apologia del padre: il padre che li prende sulle ginocchia, con loro che non capiscono niente anche se capiscono tutto. Abbiamo risposto che non eravamo interessati. Mi stupisce che siano stati interessati altri, mi stupisce anche di più che un servizio pubblico si sia prestato a fare da tromba per un libro così. Ci sono libri che potrebbero dare informazioni – visto che si parla di libertà di informazione – e che non hanno mai ascolto. Una delle cose più vergognose che io abbia visto e ne ho viste tante».

 I difensori della scelta replicano che ci si indigna solo per Porta a Porta. Possiamo replicare che la cosa non vale per lei e per Fc, dato che insieme abbiamo criticato in passato inviti di altri (servizio pubblico e no) a Scarantino e a Schiavone? 
«In più Porta a Porta ha una lunga tradizione: i Casamonica in trasmissione, Previti che appena condannato può accusare i suoi giudici senza contraddittorio, scelte scellerate. Cambiano i Governi e questo viene sempre considerato servizio pubblico: io invece penso che questo stile sia inquinante per il concetto stesso di servizio pubblico. A casa mia servizio pubblico è promuovere i valori della Costituzione attraverso l’informazione (valori tra cui c’è anche la libertà di informazione). E invece certe informazioni importanti non si danno, mentre si prende il peggio che c’è nella società italiana e gli si dà la parola.  Non dimentichiamoci che il 6 aprile 2016 a Raiuno ha parlato la mafia».

La sera dopo però spazio all’antimafia…
«Mi domando come mai puntualmente ci sia qualcuno anche stimabile che è disposto ad andare lì a fare il gregario al mafioso di turno. E' un’illusione quella di andare a fare il contraddittorio: si va a fare da spalla, perché se non fosse ospitato quel signore, nessun altro verrebbe interpellato sul tema e invitato».

Si è detto molto in questi giorni che il contraddittorio è a garanzia della correttezza dell’informazione: si può prospettare un confronto alla pari, senza legittimare l'interlocutore mafioso?

«Il contradditorio legittima: io da tempo rifiuto di partecipare ai talk show, perché so che troppo spesso se ci vado rischio di mescolare la mia immagine con quella di chi dice parole in libertà. Ci si mescola e in casi come quello che abbiamo visto non va bene».

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