Sembra un paradosso, ma solo in apparenza. Abbiamo un presidente della Repubblica che di continuo rimarca la distinzione fra i poteri dello Stato, e invita tutti a rispettarla. Lui per primo, quando “lo tirano per la giacca” sperando che sostenga questa o quella tesi, risponde con la massima chiarezza che la guida della politica nazionale spetta al Governo e non al Quirinale. Impossibile scorgere in questa linea un minimo margine di equivoco.
Eppure, con discrezione in passato ma apertamente negli ultimi tempi, è a lui, Giorgio Napolitano, che si rivolgono i potenti dell’Europa. Ma non certo per spiegargli qualcosa, o dargli consigli. Piuttosto per riceverne, e aver maggiore facilità a capire. Situazione anomala, si dirà, e in effetti non abbondano i precedenti. Semmai, negli scorsi decenni, abbiamo assistito a Presidenze che non esitavano a ingerirsi nelle prerogative ministeriali, sul piano interno e ancor più in politica internazionale. Cioè un atteggiamento opposto a quello di Napolitano.
Se dunque dall’estero lo chiamano i Grandi per esaminare insieme i drammi dell’attualità, non lo fanno perché incoraggiati dal Colle. Lo fanno perché si sentono garantiti assai più dalla silenziosa ma attenta presenza di Napolitano che non dalle promesse verbali di Berlusconi.
Se è un evento insolito, verrebbe da dire: benedetta anomalia. Il fatto è che in Napolitano non si vedono solo i frutti di una lunghissima attività politica, svolta all’insegna della saggezza e della moderazione anche quando militava in un partito, il Pci, non propriamente moderato. Salvo pochi e occasionali episodi, legati a crisi che imponevano i doveri di militanza anche ai più riottosi - lui, il grande sindacalista Di Vittorio, pochi altri – Napolitano è sempre stato l’emblema di una sinistra moderata. Non rivoluzione ma riforme, non strappi avventurosi ma passi meditati.
Per questo è stata non solo indolore ma politicamente naturale, anzi salutata da un consenso pressoché unanime, la sua ascesa al Quirinale. Una situazione, all’epoca, che in tutt’altro clima torna oggi a ripetersi. Dopo il voto a Montecitorio, 308 voti per Berlusconi e 321 deputati che non votano, è a Napolitano che guardano Parlamento e Paese. Non possono interpellarlo, come hanno fatto tanti governanti europei. Meno ancora possono fornirgli informazioni, tutte essendo già in suo possesso, o dargli consigli, dei quali non ha bisogno.
Nella generale disistima che circonda la classe politica, con pochisismi che si salvano, sua è la figura di riferimento. Certo ci si chiede come agiranno maggioranza e opposizione. Ma la maggiore attesa riguarda il modo in cui lui, Giorgio Napolitano, potrà e saprà ricavare soluzioni propizie per l’Italia. Ruolo di estrema responsabilità, superfluo dirlo, e di non inviabile scomodità. Ma circondato da una fiducia che il resto del mondo politico, comprimari e comparse, da tempo non merita più.
P.S.: E così, un paio d'ore dopo l'uscita di questa nota, Berlusconi ha preso con Napolitano l'impegno delle dimissioni. La formula prescelta andrà verificata, ma forse è la più realistica. E' fuor di dubbio che alle pressioni europee vada data una risposta concreta. Comunque si vedrà nei prossimi giorni. Per ora si deve prendere atto che, per questa soluzione, il capo dello Stato ha avuto un ruolo decisivo. Come speravamo, come il Paese voleva.