Consulente editoriale, scrittore, saggista, Luca Crippa he dedicato la sua ultima opera a uno dei personaggi più noti e influenti della storia. Si tratta del saggio Napoleone e i suoi due papi (Edizioni San Paolo), dove ricostruisce oltre alla biografia le vicende da un particolare punto di vista: il suo rapporto con la fede, la Chiesa e la religione.
Non nasconde, l’autore, il suo entusiasmo per poter approfondire con noi la figura di Bonaparte e ci racconta con passione e competenza il grande condottiero che segnò il destino dell’Europa a cavallo tra due secoli…
«È stato un personaggio straordinario in tutti sensi, abilità, competenze, virtù, capacità di visione, e con un sacco di vizi, tra cui ambizione ed egocentrismo. È veramente una sintesi interessante di molteplici aspetti umani. In Francia, in vista del bicentenario della morte, sono sorte polemiche ferocissimo. In fase di questo imperante revisionismo storico è chiaro che lo si può accusare di tutto: maschilista, militarista, imperialista…. Fu il primo dittatore dell’era moderna. Una specie di “maestro” per quelli che sono venuti poi….
Fu anche una figura mitizzata dai contemporanei?
«Per tutto l’Ottocento è stato il mito assoluto dell’Europa. Stendhal diceva che tutti i giovani volevano diventare il “Napoleone di qualcosa” (letteratura, agricoltura, commercio… ). In Delitto e castigo il protagonista fa questo ragionamento: “Se sei Napoleone e uccidi milioni di persone sei un eroe… Se sei nessuno e ammazzi una persona sei un criminale”. Dostoevskij aveva capito che Bonaparte aveva introdotto l’idea, non del potere dello Stato, ma dello “strapotere”. E qui c’è proprio il concetto di “anticristo”, di cui parlo nel mio libro, perché da questa idea di “strapotere” sono nate le dittature totalitarie del ventesimo secolo».
Come mai, ai tempi, venne definito “anticristo”?
«Nel 1796 si avvicinò pericolosamente ai confini dello Stato della Chiesa, con l’idea di sottrarre la Romagna e Ancona in quanto porto strategico, e questa azione fu interpretata come una gravissima prevaricazione. Dal punto di vista internazionale, infatti, il Papa non aveva dichiarato guerra in nessun modo né alla Francia né alle Repubbliche giacobine napoleoniche. Bonaparte, tuttavia, contestava il diritto stesso del Papa e della Chiesa di avere potere… figuriamoci quello di avere uno Stato. Tale atteggiamento aggressivo gli valse questo titolo. In particolare, la stampa cattolica lo dipingeva così».
Ci fu uno scontro armato?
«Quando, poi. i francesi invasero lo stato della Chiesa, questa lo affrontò con un esercito di volontari: frati con bastoni e crocifissi, confraternite con falci e fucili da caccia, un po’ di truppe pontificie che non erano mai state particolarmente temibili. Di fronte all’attacco dei Francesi, che ammazzarono qualche frate, gli altri scapparono tutti. Gli ambienti conservatori ma anche quelli sinceramente cattolici intuirono una cosa giusta definendo Napoleone un “anticristo”. Intuirono il suo potere di imporre alla società europea una svolta mai vista prima».
E cioè?
«L’Ancième Regime era saldamente legato all’alleanza tra il trono e l’altare. Un’alleanza culturale e politica in cui la Chiesa garantiva la legittimità del trono dei sovrani e al tempo stesso la stabilità sociale. Ogni classe, infatti, riceveva la conferma che l’ordine sociale corrispondeva alla volontà di Dio. Il contadino, il borghese, il nobile, il re, preti e frati, sapevano di essere al loro posto. Napoleone per la prima volta, nell’epoca moderna, ebbe il potere di governare e decidere su tutto, scuola, cultura, economia, e senza fare mai alcun ricorso a legittimazioni o argomentazioni religiose. Questo spaventò molto la Chiesa che arrivò a utilizzare i termini dell’apocalisse (“anticristo”) per descrivere le posizioni del Generale Bonaparte. Prima di lui aveva fatto così tanta paura alla cristianità solo il sultano che aveva conquistato Costantinopoli. Ma si trattava di musulmani considerati eretici, violenti e conquistatori e che, tra l’altro, poi si fermarono nelle loro conquiste. Napoleone, invece, pareva inarrestabile».
Che differenza c’era tra le posizioni anticlericali dei Giacobini e quelle di Napoleone?
«La Rivoluzione francese, nella fase giacobina (1793-1794) in particolare, fu terribile con la Chiesa. Ci furono massacri ed esilio di migliaia di sacerdoti. Napoleone era lontanissimo da questi eccessi. Tuttavia, con lui nasceva un disegno politico culturale a cui la Chiesa non era preparata a reagire. Alla persecuzioni giacobine poteva rispondere con la logica del martirio. Napoleone, invece, non appariva come un persecutore. Diceva di portare l’ordine, la pace sociale, il benessere, lo sviluppo economico, il buon governo. E infatti fu un bravo governatore e le sue riforme diedero un’impronta alla Francia e agli altri ordinamenti europei in tanti aspetti. Ma diceva di portare tutte queste cose buone senza l’aiuto di Dio».
Che rapporto ebbe di fatto con i pontefici?
«Pio VI e Pio VII si trovarono di fronte a questo gigante con una linea di comportamento che tenne tutto il tempo del suo potere. Napoleone pensava che la Chiesa cattolica avesse un suo ruolo in un mondo in cui l’Imperatore decideva tutto. L’immagine più efficace è quando dice “In un’Europa unita sotto Napoleone il Papa può fare il “ministro del culto”. Pensava al ruolo di ministro non in senso ecclesiale ma civile-politico, al pari dei ministri della guerra, della salute, dell’economia... La sua idea era incaricare il Pontefice di tenere buona la gente, assicurando il servizio divino secondo le regole stabilite insieme. Non a caso aumentò i finanziamenti per sostenere il culto. I giacobini tagliavano le teste alle statue dei santi sulla facciata di Notre Dame a Parigi, Napoleone assolutamente no. Elargiva denaro per restaurare le Chiese e rispettava l’arte. Ma tutto sotto l’assoluto e incontrastato dominio dell’imperatore che incarnava lo Stato».
Cosa accadde ai due Papi che ebbero a che fare con lui?
«Pio VI venne rapito, trascinato in Francia, una tortura perché era anziano e malato e a quei tempi viaggiare era davvero pesante. Più volte rischiò la morte. In Francia lo misero in una rocca senza collaboratori e senza poter esercitare la sua funzione. Morì dopo poco, di fatto, martire. Pio VII eletto a Venezia in un conclave di guerra, prese il nome di Pio in continuità col precedente per dare l’idea di una Chiesa che cercava di mantenere le sue prerogative. Poi iniziò un lavoro elaborato di trattative con Napoleone. Ci furono tentativi di un concordato che Napoleone sconfessava unilateralmente e non rispettava. Decideva comunque tutto lui. Per le trattative di un nuovo concordato lo portò a Fontainebleau in una bella reggia. Lo tenne “ospite” in Francia per controllarlo. Per Pio VII fu un periodo di forti pressioni psicologica. Non ci furono violenza né minaccia della ghigliottina o privazione delle proprie prerogative, ma veniva “marcato stretto” per ottenere da lui il più possibile. Solo con la fine di Napoleone i pontefici riottennero la libertà di prima».
Che educazione religiosa ebbe in famiglia?
«Non ricevette una vera educazione religiosa. Non andò a catechismo né praticò. La madre era praticante senza particolari doti di spiritualità. Una religiosità abitudinaria legata alla tradizione cattolica. Il padre era un affiliato del libero pensiero. Leggeva Voltaire e Rousseau. Scriveva dei libelli contro i privilegi della Chiesa. Li stampava e li faceva girare. Era un attivista di stampo giacobino. Un po’ avventuriero. Alla sua morte, la famiglia si trovò piena di debiti»
Manzoni nella sua ode Il cinque maggio, lo vede redento
«Il mio saggio parte proprio citando la famosa ode e la convinzione di Manzoni che lo vede in Paradiso. Il grande poeta ci dice che Napoleone è stato tante cose: ha avuto vittorie e potere e ha fatto tremare il mondo intero ma alla fine si è trovato faccia a faccia col destino proprio come ogni uomo spogliato da ogni grandezza. Questo non può che portarti a faccia a faccia con l’eterno».
In effetti c’è chi parla di una conversione a Sant’Elena
«Ottenne ed ebbe i Sacramenti e si confessò. Ci furono testimoniate dichiarazioni di fede e fece una riflessione lucida del destino storico del cristianesimo. Aveva una grande visione e aveva capito che questa religione possedeva una forza che le avrebbe permesso di sopravvivere anche a Napoleone».
Il volume Napoleone e i suoi due papi è disponibile in libreria e, dalla prossima settimana, in edicola e in parrocchia con Famiglia Cristiana (a soli 9,90€ in più). È possibile richiedere una copia anche al n. 02/48.02.75.75 oppure online su www.edicolasanpaolo.it