Via San Biagio dei Librai, centro storico. Una mano nodosa con la pelle arricciata dalle rughe e dal tempo stringe le piccole dita di un bambino. Sono nonno e nipote, fermi in silenzio davanti a quella che è a tutti gli effetti un'edicola votiva. Nella teca, però, non ci sono statue sacre. C'è la foto di un ragazzo coi capelli ricci e il sorriso spensierato. Indossa una maglia azzurra come il cielo. “Guarda, come lui non ce ne saranno più. Quello era Diego, era il re del calcio. Era Napoli”. La lettera iniziale del suo nome, la “D”, poi il numero cucito sulla maglia, il 10. Così è nata la leggenda di “D10s”, Diego Armando Maradona. Il genio del calcio, il “pibe de oro” è morto. Alle 12.50, ora argentina, il suo cuore ha smesso di battere. Lui, che il “corazon” lo aveva fatto battere e sussultare a milioni di tifosi di calcio, anzi di “pallone”. Maradona a Napoli è semplicemente Diego. Tra il 1984 e il 1990 migliaia di bambini appena nati hanno avuto il suo nome, un omaggio doveroso che il popolo azzurro rivolgeva al suo “D10s”. Oggi quei bambini sono adulti e accompagnano i loro figli a salutare per l'ultima volta chi ha regalato gioie, sorrisi ma soprattutto riscatto.
Sì, perché la città ai piedi del Vesuvio ha vissuto con Maradona l'ultima vera rivalsa sociale. Si vinceva, in campo e fuori. E allora tutti in processione, con gli occhi gonfi di lacrime, davanti agli altarini. Lui, Diego, è stato il solo a “meritare” tale privilegio da vivo. Una teca con la sua foto da venerare, anche quando il calcio, il “pallone” lo aveva portato via dai vicoli partenopei. La notizia in Italia si è diffusa poco dopo le 17 e su Napoli, sulla “sua” città, è calata una cappa di silenzio e lutto. Come se a perdersi per sempre fosse stata l'ultima innocenza fanciullesca, quella del gioco e delle emozioni. Davanti al murales a lui dedicato, nel cuore dei Quartieri Spagnoli, è iniziata una lenta e spontanea processione di tifosi e appassionati. Chi porta un fiore, chi la sciarpa con i colori bianchi e azzurri della squadra che lo incoronò re del calcio. E se in Argentina è stato proclamato il lutto nazionale per 3 giorni, a Napoli le bandiere a mezz'asta sono esposte già dal pomeriggio. Bandiere azzurre, a centinaia, raffiguranti il ragazzo riccioluto del barrìo di Buenos Aires mentre spunta dal cono del Vesuvio con il mano lo scudetto. Questo era per Napoli Diego Armando Maradona. La zona rossa e le limitazioni imposte per l'emergenza sanitaria passano in secondo piano. I bar sono chiusi e allora nei bassi si prepara il caffè da porgere in religioso silenzio a chi passa per strada per recarsi a portare un fiore davanti al dipinto che lo raffigura a Montecalvario.
Testa bassa, mani che stringono sciarpe e fotografie. I napoletani si incontrano così tra i vicoli, scambiandosi cenni con il capo. Desiderosi di un abbraccio vietato per lenire e condividere quello che è un lutto per l'intera città. Da una salumeria in piazza San Vincenzo alla Sanità, quartiere popolare al centro di Napoli, risuona una canzone “Oh mamma, sai perché mi batte il corazon? Ho visto Maradona”. Era il coro che i tifosi gli dedicarono nel lontano 1984 alla sua prima comparsa allo stadio San Paolo. Nessuno canta, questa volta. Il dolore impone silenzio. Non è così per due ragazzi che passano in sella a una bici. Si fermano ad ascoltare poi come per uno strano automatismo iniziano a urlare il nome del “pibe de oro”: “Diego-Diego”. Dal centro ai quartieri residenziali non c'è altro pensiero. Alle 19.50 il buio del quartiere Fuorigrotta, quello dove sorge lo stadio, viene squarciato da un bagliore. Il “San Paolo”, quell'impianto che è stato per sei anni il tempio di Maradona si illumina a giorno, qualcuno per omaggiare Diego ha acceso tutti i riflettori. Il fenomeno argentino ha vestito la maglia del Napoli dal1984 al 1991 siglando 81 reti in188 presenze.
Maradona è stato l’artefice dello scudetto partenopeo nella stagione 1986-1987, annata che vide il Napoli trionfare anche in Coppa Italia. Il primo scudetto della storia del Napoli è certamente nel segno di Maradona come il secondo arrivato nella stagione 1989-1990 stagione che portò anche la vittoria della supercoppa italiana. Con il Napoli Maradona vinse anche un trofeo internazionale, la coppa Uefa nella stagione 1988-1989. Tanti trofei, tanti gol e una folla di tifosi napoletani ad omaggiarlo ogni volta che il dieci metteva piede in campo. Lo stadio San Paolo rimarrà accesso tutta la notte. E l'omaggio c'è stato anche oggi. In pochi minuti la città si è mossa. Uno striscione è stato affisso davanti alla storica Curva B dello stadio San Paolo di Fuorigrotta: “Sarai sempre il nostro D10s”; nel quartiere popolare della Sanità e al centro storico dove esistono “edicole votive” dedicate al campione, folla di napoletani hanno portato candele e preghiere. “Ha riscattato la città di Napoli”, ha commentato su Twitter il sindaco Luigi de Magistris. L'Argentina ha proclamato 3 giorni di lutto nazionale. Lui, il “pibe”, il nino de rua apprezzato tanto anche da papa Francesco tifoso storico della prima squadra di Maradona, il San Lorenzo, ha lasciato il mondo del calcio per sempre. Ora è leggenda.