“Non stiamo qui a chiederti miracoli, ma siamo qui ad ascoltarti per cogliere con attenzione il miracolo che tu chiedi a noi”. L’arcivescovo metropolita di Napoli, monsignor Domenico Battaglia parla dalla Basilica di Santa Chiara dove un rappresentante della Deputazione ha sventolato il fazzoletto bianco segno che il sangue è liquefatto. Ma il miracolo è avvenuto prima della processione. Non un semplice corteo che segue il busto e le reliquie ma la processione intesa come quella comunità che la città di Napoli e il suo popolo vuole ritrovare anche con lo strumento del Sinodo diocesano. Quel sangue liquefatto “portavoce del Risorto che aiuta a realizzare il sogno della fraternità” è stato portato tra le strade e i vicoli di Napoli dove si spara, dove la violenza è ancora troppa, dove l’individualismo è ancora un male troppo grande.
Ma quel grumo santo è anche “filtro attraverso cui guardare il cammino della nostra città e dell’intera umanità”. Con queste parole l’arcivescovo Battaglia chiede al popolo di Napoli di mettersi in cammino nel pellegrinaggio “l’invito alla sequela è per tutti, La pastorale è vivere la sequela dell’amore di Dio, dell’amore che è Dio” - dice Battaglia dall’altare di Santa Chiara - in una processione continua e mai conclusa”. Ed è per questo che in occasione della processione ripresa dopo tre anni di stop, Battaglia invita ai cittadini di Napoli di intraprendere altre tre processioni: “Una difficile che ci chiede di gettare le maschere conducendoci al proprio cuore seguendo la strada dall’esterno all’interno della vita. Quella lunga che supera gli ostacoli delle incomprensioni, parte da se stesso e porta verso l’altro creando cammini destinati all’incontro. Infine la terza, quella seria che conduce a Dio strappandoci dalle ristrettezze dell’Io e incamminandoci insieme per fare comunità e costruire una nuova civiltà di pace e di amore”. La processione è tutta una preghiera che vede il popolo napoletano rivolge a San Gennaro per ottenere la sua benedizione e affrontare ogni giorno la quotidianità. Dal Duomo, il busto di San Gennaro e le ampolle con le reliquie sono state portate lungo le strade del centro storico di Napoli per la cosiddetta processione degli infrascati perché i religiosi che vi partecipavano si coprivano il capo con corone di fiori per ripararsi dal sole.
La cerimonia che come di consueto si tiene il sabato che precede la prima domenica del mese mariano, ricorda la traslazione delle reliquie di San Gennaro dal cimitero nell'agro marciano, nel territorio dell'attuale quartiere di Fuorigrotta alle Catacombe di Capodimonte, poi ribattezzate di San Gennaro. Forcella, i Decumani e poi l’arrivo a Santa Chiara. Quel sangue, insiste l'arcivescovo, “ci inchioda alle nostre responsabilità chiedendoci di essere responsabili al miracolo della vita”. Tornare dunque a vivere di “amore e onestà, a vivere con entusiasmo e senza infingimenti al cuore del Vangelo, compiere un processo di rinnovamento in cui politica, società civile e ogni cittadino possa dar vita a quel ‘Noi’ capace di rendere Napoli una terra in grado di nutrire i suoi figli. Tornare a vivere insieme alle nazioni, al mondo intero la pace”. È questo il miracolo che San Gennaro chiede al suo popolo. Il miracolo della conversione sinodale.