Nasce, come progetto pilota in tre regioni italiane, “l'infermiere di parrocchia”: avrà l'obiettivo di intercettare i bisogni dei cittadini più deboli ed emarginati, per varie ragioni non facilmente raggiunti dalla Sanità pubblica. La novità è frutto di un accordo siglato tra la Cei e l'Asl Roma 1, ma che si realizzerà anche in altre due diocesi: ad Alba, nelle Langhe piemontesi, e a Tricarico in Basilicata.
Promosso dall’Ufficio Nazionale per la pastorale della salute, in collaborazione con l’Azienda Sanitaria Locale Roma 1 in qualità di partner tecnico, il progetto intende sperimentare la presenza di un Infermiere di comunità inviato dalla ASL in parrocchia. La rete di contatti e relazioni sociali sul territorio, tipica delle parrocchia, con i suoi agenti pastorali, viene messa a disposizione del Sistema Nazionale Sanitario per far emergere i bisogni e le necessità della popolazione. Dopo aver raccolto istanze e necessità, un referente di pastorale della salute condivide i dati con l’Infermiere di Parrocchia che si incaricherà di attivare procedure e servizi utili al soddisfacimento delle richieste.
«L’idea nasce dall’analisi lucida che cambia il modello di sanità» commenta don Massimo Angelelli, 52 anni, Direttore dell’Ufficio Nazionale per la pastorale della salute. «Causa la riduzione dei presidi ospedalieri la degenza si sposta dalle strutture ai domicili. Non sempre, infatti, nei territori ci sono strutture di cura intermedie e questo alimenta nuove sacche di povertà sanitaria: persone che non riescono ad accedere alle cure o persone anziane impedite dalla burocrazia (non tutti sono in grado di fare una prenotazione online). Ecco, l’infermiere di parrocchia vuole fungere da collegamento con questa logica: crea un link. Come? La parrocchia nomina un coordinatore di pastorale della salute che attiva le risorse in parrocchia (associazioni, volontari etc) che a loro volta fanno un’indagine dell’esistente. Ovvero, anziani soli, persone malate con o senza rete parentale. A quel punto interviene l’infermiere inviato dall’Asl che attiva i presidi necessari. Realizzando così l’incontro tra una rete di bisogni e una rete di servizi, in una collaborazione pubblico- privato nella logica della sussidiarietà. Un progetto di 5 anni, con una prima fase di sperimentazione di qualche mese, un gruppo di coordinamento tecnico e una consulta nazionale per i servizi sanitari di prossimità per evitare una nuova cultura dello scarto».
Un progetto che ha richiesto un anno di lavoro per essere definito, partendo dalla necessità manifestata da chi si occupa di sanità territoriale di individuare coloro che sono “irraggiunti” dal Servizio Sanitario Nazionale, in quanto esclusi dalle comuni reti sociali di contatto. Cosa fa l’infermiere di Parrocchia? Ascolta, informa e orienta le persone all’interno della «rete» dei servizi socio-sanitari territoriali; Facilita i percorsi di accesso alle cure e/o assistenza, interfacciandosi con il Distretto sanitario di competenza e i vari servizi territoriali di prossimità. Intercetta gli “irraggiunti”, portatori di bisogni di cura inespressi. Favorisce azioni di promozione della salute e del benessere della Comunità. Cosa non è l’infermiere di Parrocchia? Non offre un servizio sanitario aggiuntivo o sostitutivo del servizio sanitario pubblico; non è un ambulatorio infermieristico della Parrocchia; Non è uno sportello per reclami e segnalazioni.