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giovedì 12 settembre 2024
 
 

Terra Santa, Natale oltre il muro

24/12/2013  La testimonianza di padre Ibrahim Faltas, della Custodia di Terra Santa. Sullo sfondo: l'ormai prossima visita di papa Francesco sui luoghi dove Gesù è nato, morto e risorto.A cinquant'anni esatti dallo storico viaggio di Paolo VI.

Gerusalemme

In terra Santa, come in tutto il mondo ci apprestiamo a vivere, il Natale, anche se  a Gerusalemme il giorno di Natale è nel calendario civile
, un giorno come tutti gli altri; molti si accorgono che per i cristiani questo è un giorno di grande festa, e quando mi incontrano si affrettano a fare gli auguri dicendomi: La tua festa sia lieta, ti porti gioia! A sette  chilometri da Gerusalemme, chiusa da un muro di separazione si trova Betlemme: qui tutto ha avuto inizio! Quest’anno a Betlemme, c’è un’aria di festa particolare, la città è stata addobbata con tante luminarie e  questi segnali, pur se discreti, dicono che anche qui il Natale è un giorno nel quale ci si attende qualcosa di bello e di grande: un dono dall’alto, una gioia improvvisa, uno spiraglio di pace dopo un anno trascorso da  tante sofferenze e delusioni di una pace mancata. 

I preparativi del Natale, sono stati scossi dalla notizia  diffusa, per mezzo dei giornali locali,  del prossimo pellegrinaggio in Terra Santa di Papa Francesco, che sarebbe arrivato il 25 Dicembre a Betlemme! Potete immaginare l’euforia e la trepidazione da parte di tanta gente che mi chiamava a qualsiasi ora per avere una conferma, e ai quali spiegavo che Papa Francesco verrà il 25  maggio 2014. In questi giorni a Betlemme fervono gli ultimi allestimenti per la grande celebrazione di Natale a Santa Caterina e  qualche giorno fa, insieme al Padre Custode,  ho incontrato il  Presidente Mahmud Abbas,  per il tradizionale  invito alla partecipazione della S. Messa della notte di Natale. Anche lui durante il nostro colloquio ha ribadito e sottolineato la grande gioia e gratitudine nei confronti di Papa Francesco, ricordando il suo recente incontro in Vaticano. Nelle sue parole si percepiva forte, quanta speranza e fiducia  ripone in questa prossima visita del Papa, per il bene della gente e della Terra Santa, facendo proprie le parole di Papa Francesco di: “ non lasciarci rubare la speranza”!  Una speranza che nasce dalla ripresa delle trattative e dei colloqui tra Israele e Palestina, voluti dal Segretario di Stato Americano Kerry, che nei prossimi giorni ritornerà in Terra Santa, insieme ad egli esperti che dovranno approfondire e trovare una soluzione per il bene di tutti.

Papa Francesco è il quarto Papa che giunge pellegrino in Terra Santa.
Il 1964 è stata una data  importante per la storia della chiesa e per la popolazione cristiana in Terra Santa, poiché si aprii un’era nuova di dialogo e di speranza per tutti, con il pellegrinaggio di Paolo VI, che aveva pensato di tornare alla sorgente della fede, per pregare per l’unità dei cristiani, per la pace nel mondo, in un contesto storico molto difficile. Una visita che ha aperto le vie del dialogo ecumenico con il mondo ortodosso, e tutti ricordiamo  l’abbraccio con il Patriarca di Costantinopoli  Athenagoras, sino a giungere a una comune dichiarazione che esprimeva la reciproca decisione di togliere dalla memoria   la sentenza di scomunica dell’anno 1054, che come una profonda ferita divideva la chiesa d’oriente con quella d’occidente. A distanza di cinquant'anni, Papa Francesco incontrerà al Santo Sepolcro il Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I, rafforzando così il dialogo intrapreso. Durante il giubileo del 2000 la visita di Giovanni Paolo II, fu una grazia di liberazione per tutta la popolazione che  portava ancora le ferite della prima Intifada. Per quell’occasione tanto speciale,  il conflitto mediorientale aveva avuto una tregua proprio per far vivere in pienezza l’anno giubilare. 

La visita di Giovanni Paolo II, ha portato un vento dello spirito nuovo, rinnovando la spiritualità delle comunità cristiane e con la sua visita  ha contribuito a risollevare anche  economicamente la grave situazione che molte famiglie cristiane vivevano, poichè  ci fu una storica e memorabile ripresa dei pellegrinaggi in Terra Santa. Molti cristiani allora, come oggi, vivono grazie al lavoro che svolgono nel turismo religioso, e con la venuta di Giovanni Paolo, molti ripresero la loro attività sperando in un futuro migliore. Noi francescani, siamo in Terra Santa da più di otto secoli e  abbiamo sempre vissuto dentro la storia di questa terra. Il nuovo passaggio epocale   che stiamo vivendo, ci riconduce per certi aspetti a una storia antica:  non stiamo vivendo all’interno di una  guerra, ma stiamo assistendo ad un mutamento della popolazione cristiana sul territorio, costretta a emigrare e ad abbandonare la  propria terra a causa del muro di separazione tra Israele e Palestina.

Nel 2009 ho preparato a Betlemme la visita di Benedetto  XVI, la prima visita di un pontefice dopo la costruzione del muro di separazione che esiste dal 2002, tra Betlemme e Gerusalemme,
e la gente visse un periodo di grande serenità e riacceso il fervore della  comunità cristiana, rafforzando così la determinazione a  rimanere in Terra Santa per essere testimoni delle prime comunità e  di resistere alla tentazione di emigrare per altri Paesi, ma di continuare ad essere una presenza “bella” del cristianesimo ponendoci simbolicamente come un punto d’incontro e di confronto con le altre religioni monoteiste presenti a Gerusalemme: l’ebraismo e l’islam. 

Gerusalemme è una città dove la vita spirituale della gente è scandita dalla preghiera del venerdì dei musulmani, il sabato con lo shabbat degli ebrei e la domenica per i cristiani, quindi la città santa si eleva come simbolo di incontro, di unione di pace per l’intera famiglia umana, e la visita di Benedetto XVI, è stato un ulteriore anello di comunicazione e di dialogo, che ha unito  tutte le realtà laiche presenti. Ricordo che  a  Betlemme, si avverò un  miracolo, poiché i  cristiani di Gaza, ottennero i permessi per poter raggiungere  Betlemme, per partecipare alla Messa e  poter stringere la mano al Santo Padre . Due comunità cristiane, quella di Betlemme e quella di Gaza, che vivono chiuse dal muro e che non si incontrano mai, ma la venuta del Papa ha abbattuto questa separazione!

Penso anche  che la visita  al campo profughi di Aide fu la più  dolorosa per Benedetto XVI, la situazione dei campi, ormai si prolunga da tempo, senza intravedere alcuna soluzione,  come per i  problemi di Betlemme, che erano e sono ancora più cruenti, rispetto ad altri, perché chiusa dal muro. Per questa visita, ricordo che trapelava  nell’aria molta attesa da parte di tutti i  musulmani e  i cristiani, poiché l’incontro con il Papa, riapriva la possibilità di sperare in  un nuovo senso della vita proteso alla luce di un futuro di pace e di dignità ritrovata, soprattutto per i bambini, per le loro madri, che da questa terra  continuano a  lanciare  un grido di aiuto.

Per noi, ogni visita che abbiamo ricevuto in questi ultimi anni da parte dei successori di S. Pietro  è stata importantissima, un sogno che si è realizzato nel cuore di molti, se si pensa che tanta gente non può uscire dai territori, per motivi di sicurezza e per motivi economici, e vedere il Papa,  in  mezzo a noi, ci ha fatto recuperare quel senso di dignità e di appartenenza alla chiesa. Nel gennaio del  1964 Paolo VI, si presentò come  «pellegrino della pace, venuto per venerare i luoghi santi e per pregare».  Nell’ultima sua tappa a Betlemme pronunciò un messaggio importante: da questo «luogo di purezza e di tranquillità dove nacque venti secoli or sono Colui che invochiamo come Principe della pace», rivolse un accorato invito ai capi di Stato perché si impegnassero a generare e conservare la pace nel mondo, affermando che: «Noi crediamo fortemente che la visione della Pace nel mondo, per la quale ovunque uomini buoni, operano si realizzerà».

 Nel 2003, dopo un anno dalla costruzione del muro,  Giovanni Paolo II, parlando  della Terra Santa con molta veemenza condannò la costruzione del Muro tra palestinesi ed israeliani dichiarando: «Non di muri ha bisogno la Terra Santa, ma di ponti». Nel 2009, al termine del suo pellegrinaggio  Benedetto XVI, lanciò un messaggio di speranza per la pace nella Terra di Gesù: «Il muro che ho visto a Betlemme, è una delle visioni più tristi del mio viaggio» Benedetto XVI ha chiesto : «un futuro in cui i due popoli della Terra Santa possano vivere insieme, in pace e in armonia, rinunciando a ogni forma di aggressione».

Nel 1219, durante il periodo delle Crociate,  San Francesco intraprese un lungo viaggio attraverso  l’Egitto e la Siria, come ambasciatore di dialogo e di pace,  per  incontrare il Sultano d’Egitto. Questo gesto di San Francesco è stato per tutti noi profetico, perché  è stata la testimonianza del rispetto e del dialogo tra culture differenti, che ancora oggi noi frati in Terra Santa e nel mondo siamo chiamati a vivere, insegnandoci che : l’uomo inizia facendo ciò che è necessario, poi fa’ ciò che è possibile, e all’improvviso si ritrova a fare l’impossibile”. La pace, oggi, appare spesso come la “missione impossibile”. Adottando il santo messaggio di amore e pace di cui l’umile città di Betlemme fu testimone piu’ di 2000 anni or sono, questa “missione impossibile” diventerà una “missione possibile”che consegneremo  alle generazioni future, offrendoci come strumenti di pace nelle mani del Signore.

Credo che dopo il lungo e sorprendente  pontificato di Giovanni Paolo II, dopo  Benedetto XVI, che ha lasciato al mondo e alla storia  un grande segno di umilta’ e di amore per la chiesa con le sue dimissioni, Papa  Francesco ha aperto  una nuova era per la Chiesa, con le sue parole e con la sua rivoluzione carica di amore. Da quando è iniziato il suo pontificato, tutti, cristiani e musulmani, amano Papa Francesco.  Sono stati realizzati numerosi servizi televisivi di approfondimento sulla storia della Chiesa e sulla storia di Papa Francesco, ogni suo discorso viene pubblicizzato, così come  ogni  scatto fotografico, ogni sorriso, ogni carezza vengono messe in risalto dai media, anche qui da noi, dove in fondo ormai i cristiani sono meno del 2% di tutta la popolazione, siamo una piccola minoranza, tra ebrei e musulmani. Ma in questi anni sono state percorse molte vie di incontro e di dialogo interreligioso, dove anche con la chiesa ortodossa, abbiamo rafforzato  il nostro dialogo e la nostra coesistenza pacifica nei luoghi santi.

La nostra missione francescana più importante è di salvaguardare questa minoranza cristiana, cercando di risolvere il problema di una casa, anche per le giovani coppie che vogliono formare una nuova famiglia, e del lavoro, che possa permettere  una vita dignitosa per tutti, per cercare di arrestare l’esodo avvenuto negli anni scorsi a causa delle restrizioni di movimento,  e di possibilità di svolgere una vita giornaliera normale. Queste persone, rappresentano il tesoro più importante della Terra Santa, e della Chiesa: sono le Pietre vive, che danno calore e vita ai luoghi santi.    

Ogni angolo del mondo, oggi vive una crisi senza precedenti. La rivoluzione araba  ha sconvolto molti Paesi senza una soluzione pacifica. La persecuzione dei cristiani in Africa e in India, la grave situazione  politica ed economica in cui riversano molti paesi europei, e di oltre oceano. Voglio ricordare la situazione in Siria, in cui i nostri frati francescani resistono, rischiando la propria vita per salvare chi chiede aiuto, la mia terra d’origine, l’Egitto, dove milioni di persone rivendicano i loro diritti ad una libertà religiosa e alla dignità della vita, e i cristiani di Betlemme che vivono chiusi dal muro di separazione. Tutto sembra concentrarsi in un grande bisogno dell’umanità di ripartire da Dio.  Oggi l’uomo ha bisogno di un’altro Francesco, e lo Spirito Santo ha realizzato questo sogno   donando alla chiesa il  nuovo Papa Francesco, che accoglieremo in Terra Santa.     

Dalla Terra Santa il messaggio risuona chiaro: è arrivato il tempo di ricominciare, ripartendo anche dalle  nuove linee di pensiero dei giovani, che si trovano a vivere in un contesto di pace negata, di guerra fra innumerevoli  persone che non si conoscono, ma che si massacrano fra loro per la gloria e per il profitto di alcune persone che si conoscono bene e non si massacrano fra loro. La comunità Cristiana di Gerusalemme si stringe intorno alla comunità Francescana, che vive la propria missione scrivendo con la vita il vangelo della pace, vissuto nell’esistenza quotidiana e ispirato unicamente nel comandamento dell’amore che S. Francesco ci ha insegnato, per scoprire sempre più a fondo la verità della pace, dove né muri, né dittature possono imprigionare le anime e le menti, per consegnare un avvenire più sereno e più sicuro alle generazioni future. Credo che dentro il cuore di tante persone che vivono in questa terra, non importa se israeliani o palestinesi, il muro dell’indifferenza e dell’ostilità è stato abbattuto, per lasciare spazio a un grande sogno che solo Papa Francesco  può realizzare per il bene dell’umanità: Un incontro storico di Papa Francesco, insieme a Shimon Peres  e Mahmud Abbas, due grandi personalità, che hanno già partecipato all’incontro di Oslo, e che possono rimarginare le ferite impegnandosi  a costruire una  società pacifica in pace con se stessa e con il mondo. 

 
 
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