Gerusalemme
In terra Santa, come in tutto il mondo ci apprestiamo a vivere, il Natale, anche se a Gerusalemme il giorno di Natale è nel calendario civile, un giorno come tutti gli altri; molti si accorgono che per i cristiani questo è un giorno di grande festa, e quando mi incontrano si affrettano a fare gli auguri dicendomi: La tua festa sia lieta, ti porti gioia! A sette chilometri da Gerusalemme, chiusa da un muro di separazione si trova Betlemme: qui tutto ha avuto inizio! Quest’anno a Betlemme, c’è un’aria di festa particolare, la città è stata addobbata con tante luminarie e questi segnali, pur se discreti, dicono che anche qui il Natale è un giorno nel quale ci si attende qualcosa di bello e di grande: un dono dall’alto, una gioia improvvisa, uno spiraglio di pace dopo un anno trascorso da tante sofferenze e delusioni di una pace mancata.
I preparativi del Natale, sono stati scossi dalla notizia diffusa, per mezzo dei giornali locali, del prossimo pellegrinaggio in Terra Santa di Papa Francesco, che sarebbe arrivato il 25 Dicembre a Betlemme! Potete immaginare l’euforia e la trepidazione da parte di tanta gente che mi chiamava a qualsiasi ora per avere una conferma, e ai quali spiegavo che Papa Francesco verrà il 25 maggio 2014. In questi giorni a Betlemme fervono gli ultimi allestimenti per la grande celebrazione di Natale a Santa Caterina e qualche giorno fa, insieme al Padre Custode, ho incontrato il Presidente Mahmud Abbas, per il tradizionale invito alla partecipazione della S. Messa della notte di Natale. Anche lui durante il nostro colloquio ha ribadito e sottolineato la grande gioia e gratitudine nei confronti di Papa Francesco, ricordando il suo recente incontro in Vaticano. Nelle sue parole si percepiva forte, quanta speranza e fiducia ripone in questa prossima visita del Papa, per il bene della gente e della Terra Santa, facendo proprie le parole di Papa Francesco di: “ non lasciarci rubare la speranza”! Una speranza che nasce dalla ripresa delle trattative e dei colloqui tra Israele e Palestina, voluti dal Segretario di Stato Americano Kerry, che nei prossimi giorni ritornerà in Terra Santa, insieme ad egli esperti che dovranno approfondire e trovare una soluzione per il bene di tutti.
Papa Francesco è il quarto Papa che giunge pellegrino in Terra Santa. Il 1964 è stata una data importante per la storia della chiesa e per la popolazione cristiana in Terra Santa, poiché si aprii un’era nuova di dialogo e di speranza per tutti, con il pellegrinaggio di Paolo VI, che aveva pensato di tornare alla sorgente della fede, per pregare per l’unità dei cristiani, per la pace nel mondo, in un contesto storico molto difficile. Una visita che ha aperto le vie del dialogo ecumenico con il mondo ortodosso, e tutti ricordiamo l’abbraccio con il Patriarca di Costantinopoli Athenagoras, sino a giungere a una comune dichiarazione che esprimeva la reciproca decisione di togliere dalla memoria la sentenza di scomunica dell’anno 1054, che come una profonda ferita divideva la chiesa d’oriente con quella d’occidente. A distanza di cinquant'anni, Papa Francesco incontrerà al Santo Sepolcro il Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I, rafforzando così il dialogo intrapreso. Durante il giubileo del 2000 la visita di Giovanni Paolo II, fu una grazia di liberazione per tutta la popolazione che portava ancora le ferite della prima Intifada. Per quell’occasione tanto speciale, il conflitto mediorientale aveva avuto una tregua proprio per far vivere in pienezza l’anno giubilare.
La visita di Giovanni Paolo II, ha portato un vento dello spirito
nuovo, rinnovando la spiritualità delle comunità cristiane e con la sua
visita ha contribuito a risollevare anche economicamente la grave
situazione che molte famiglie cristiane vivevano, poichè ci fu una
storica e memorabile ripresa dei pellegrinaggi in Terra Santa. Molti
cristiani allora, come oggi, vivono grazie al lavoro che svolgono nel
turismo religioso, e con la venuta di Giovanni Paolo, molti ripresero la
loro attività sperando in un futuro migliore. Noi francescani, siamo in
Terra Santa da più di otto secoli e abbiamo sempre vissuto dentro la
storia di questa terra. Il nuovo passaggio epocale che stiamo vivendo,
ci riconduce per certi aspetti a una storia antica: non stiamo vivendo
all’interno di una guerra, ma stiamo assistendo ad un mutamento della
popolazione cristiana sul territorio, costretta a emigrare e ad
abbandonare la propria terra a causa del muro di separazione tra
Israele e Palestina.
Nel 2009 ho preparato a Betlemme la visita di Benedetto XVI, la prima
visita di un pontefice dopo la costruzione del muro di separazione che
esiste dal 2002, tra Betlemme e Gerusalemme, e la gente visse un
periodo di grande serenità e riacceso il fervore della comunità
cristiana, rafforzando così la determinazione a rimanere in Terra Santa
per essere testimoni delle prime comunità e di resistere alla
tentazione di emigrare per altri Paesi, ma di continuare ad essere una
presenza “bella” del cristianesimo ponendoci simbolicamente come un
punto d’incontro e di confronto con le altre religioni monoteiste
presenti a Gerusalemme: l’ebraismo e l’islam.
Gerusalemme è una città dove la vita spirituale della gente è
scandita dalla preghiera del venerdì dei musulmani, il sabato con lo
shabbat degli ebrei e la domenica per i cristiani, quindi la città santa
si eleva come simbolo di incontro, di unione di pace per l’intera
famiglia umana, e la visita di Benedetto XVI, è stato un ulteriore
anello di comunicazione e di dialogo, che ha unito tutte le realtà
laiche presenti. Ricordo che a Betlemme, si avverò un miracolo,
poiché i cristiani di Gaza, ottennero i permessi per poter raggiungere
Betlemme, per partecipare alla Messa e poter stringere la mano al
Santo Padre . Due comunità cristiane, quella di Betlemme e quella di
Gaza, che vivono chiuse dal muro e che non si incontrano mai, ma la
venuta del Papa ha abbattuto questa separazione!
Penso anche che la visita al campo profughi di Aide fu la più
dolorosa per Benedetto XVI, la situazione dei campi, ormai si prolunga
da tempo, senza intravedere alcuna soluzione, come per i problemi di
Betlemme, che erano e sono ancora più cruenti, rispetto ad altri, perché
chiusa dal muro. Per questa visita, ricordo che trapelava nell’aria
molta attesa da parte di tutti i musulmani e i cristiani, poiché
l’incontro con il Papa, riapriva la possibilità di sperare in un
nuovo senso della vita proteso alla luce di un futuro di pace e di
dignità ritrovata, soprattutto per i bambini, per le loro madri, che da
questa terra continuano a lanciare un grido di aiuto.
Per noi, ogni visita che abbiamo ricevuto in questi ultimi anni da parte dei successori di S. Pietro è stata importantissima, un
sogno che si è realizzato nel cuore di molti, se si pensa che tanta
gente non può uscire dai territori, per motivi di sicurezza e per motivi
economici, e vedere il Papa, in mezzo a noi, ci ha fatto
recuperare quel senso di dignità e di appartenenza alla chiesa. Nel
gennaio del 1964 Paolo VI, si presentò come «pellegrino della pace,
venuto per venerare i luoghi santi e per pregare». Nell’ultima sua
tappa a Betlemme pronunciò un messaggio importante: da questo «luogo di
purezza e di tranquillità dove nacque venti secoli or sono Colui che
invochiamo come Principe della pace», rivolse un accorato invito ai capi
di Stato perché si impegnassero a generare e conservare la pace nel
mondo, affermando che: «Noi crediamo fortemente che la visione della
Pace nel mondo, per la quale ovunque uomini buoni, operano si
realizzerà».
Nel 2003, dopo un anno dalla costruzione del muro, Giovanni Paolo II, parlando della Terra Santa con molta veemenza condannò la costruzione del Muro
tra palestinesi ed israeliani dichiarando: «Non di muri ha bisogno la
Terra Santa, ma di ponti». Nel 2009, al termine del suo pellegrinaggio
Benedetto XVI, lanciò un messaggio di speranza per la pace nella Terra
di Gesù: «Il muro che ho visto a Betlemme, è una delle visioni più
tristi del mio viaggio» Benedetto XVI ha chiesto : «un futuro in cui i
due popoli della Terra Santa possano vivere insieme, in pace e in
armonia, rinunciando a ogni forma di aggressione».
Nel 1219, durante il periodo delle Crociate, San Francesco intraprese
un lungo viaggio attraverso l’Egitto e la Siria, come ambasciatore di
dialogo e di pace, per incontrare il Sultano d’Egitto. Questo gesto
di San Francesco è stato per tutti noi profetico, perché è stata la
testimonianza del rispetto e del dialogo tra culture differenti, che
ancora oggi noi frati in Terra Santa e nel mondo siamo chiamati a
vivere, insegnandoci che : l’uomo inizia facendo ciò che è necessario,
poi fa’ ciò che è possibile, e all’improvviso si ritrova a fare
l’impossibile”. La pace, oggi, appare spesso come la “missione
impossibile”. Adottando il santo messaggio di amore e pace di cui
l’umile città di Betlemme fu testimone piu’ di 2000 anni or sono, questa
“missione impossibile” diventerà una “missione possibile”che
consegneremo alle generazioni future, offrendoci come strumenti di pace
nelle mani del Signore.
Credo che dopo il lungo e sorprendente pontificato di Giovanni Paolo
II, dopo Benedetto XVI, che ha lasciato al mondo e alla storia un
grande segno di umilta’ e di amore per la chiesa con le sue dimissioni,
Papa Francesco ha aperto una nuova era per la Chiesa, con le sue
parole e con la sua rivoluzione carica di amore. Da quando è iniziato il suo pontificato, tutti, cristiani e musulmani, amano Papa Francesco. Sono
stati realizzati numerosi servizi televisivi di approfondimento sulla
storia della Chiesa e sulla storia di Papa Francesco, ogni suo discorso
viene pubblicizzato, così come ogni scatto fotografico, ogni sorriso,
ogni carezza vengono messe in risalto dai media, anche qui da noi, dove
in fondo ormai i cristiani sono meno del 2% di tutta la popolazione, siamo una piccola minoranza, tra ebrei e musulmani.
Ma in questi anni sono state percorse molte vie di incontro e di
dialogo interreligioso, dove anche con la chiesa ortodossa, abbiamo
rafforzato il nostro dialogo e la nostra coesistenza pacifica nei
luoghi santi.
La nostra missione francescana più importante è di salvaguardare questa minoranza cristiana, cercando di risolvere
il problema di una casa, anche per le giovani coppie che vogliono
formare una nuova famiglia, e del lavoro, che possa permettere una vita
dignitosa per tutti, per cercare di arrestare l’esodo avvenuto
negli anni scorsi a causa delle restrizioni di movimento, e di
possibilità di svolgere una vita giornaliera normale. Queste persone,
rappresentano il tesoro più importante della Terra Santa, e della
Chiesa: sono le Pietre vive, che danno calore e vita ai luoghi
santi.
Ogni angolo del mondo, oggi vive una crisi senza precedenti. La
rivoluzione araba ha sconvolto molti Paesi senza una soluzione
pacifica. La persecuzione dei cristiani in Africa e in India, la grave
situazione politica ed economica in cui riversano molti paesi europei, e
di oltre oceano. Voglio ricordare la situazione in Siria, in cui i
nostri frati francescani resistono, rischiando la propria vita per
salvare chi chiede aiuto, la mia terra d’origine, l’Egitto, dove milioni
di persone rivendicano i loro diritti ad una libertà religiosa e alla
dignità della vita, e i cristiani di Betlemme che vivono chiusi dal muro
di separazione. Tutto sembra concentrarsi in un grande bisogno dell’umanità di ripartire da Dio.
Oggi l’uomo ha bisogno di un’altro Francesco, e lo Spirito Santo ha
realizzato questo sogno donando alla chiesa il nuovo Papa Francesco,
che accoglieremo in Terra Santa.
Dalla Terra Santa il messaggio risuona chiaro: è arrivato il tempo di
ricominciare, ripartendo anche dalle nuove linee di pensiero dei
giovani, che si trovano a vivere in un contesto di pace negata, di
guerra fra innumerevoli persone che non si conoscono, ma che si
massacrano fra loro per la gloria e per il profitto di alcune persone
che si conoscono bene e non si massacrano fra loro. La comunità Cristiana di Gerusalemme si stringe intorno alla comunità Francescana,
che vive la propria missione scrivendo con la vita il vangelo della
pace, vissuto nell’esistenza quotidiana e ispirato unicamente nel
comandamento dell’amore che S. Francesco ci ha insegnato, per scoprire
sempre più a fondo la verità della pace, dove né muri, né dittature
possono imprigionare le anime e le menti, per consegnare un avvenire più
sereno e più sicuro alle generazioni future. Credo che dentro il cuore
di tante persone che vivono in questa terra, non importa se israeliani o
palestinesi, il muro dell’indifferenza e dell’ostilità è stato
abbattuto, per lasciare spazio a un grande sogno che solo Papa
Francesco può realizzare per il bene dell’umanità: Un incontro storico
di Papa Francesco, insieme a Shimon Peres e Mahmud Abbas, due grandi
personalità, che hanno già partecipato all’incontro di Oslo, e che
possono rimarginare le ferite impegnandosi a costruire una società
pacifica in pace con se stessa e con il mondo.