NATALINO BASSO VINCE IL PREMIO MASI “Uno dei più versatili e geniali eredi della Commedia dell’Arte italiana e della sua declinazione veneta in forma di irresistibile e intelligente comicità”. È impegnativa la motivazione con cui la giuria del Premio Masi sabato 1 ottobre ha premiato Natalino Balasso.
Dare il giusto riconoscimento a interpreti di una forte identità culturale capaci di trasferire, attraverso il proprio genio creativo, le virtù fondanti di una civiltà che guarda al futuro seminando tracce di valori profondi e inesauribili. È questa la vocazione del Premio Masi, giunto alla sua edizione numero 35.
“Il Premio Masi intende riaffermare l’identità forte di un territorio, quello veneto, da sempre aperto all’Europa e al mondo, inclusivo, dotato di una grande inclinazione ad attrarre talenti ed energie – afferma Isabella Bossi Fedrigotti, presidente della Fondazione Masi, organizzatrice del Premio -.
Coerentemente per la Civiltà Veneta quest’anno la giuria ha scelto, oltre al rodigino Balasso, anche veneti di adozione, ovvero personalità che hanno assorbito i nostri valori talvolta scegliendo di stabilirsi nel territorio, instaurando comunque significative relazioni con la sua originale cultura, come Giosetta Fioroni e Lorenzo Mattotti”.
Ma torniamo al “versatile e geniale erede” Natalino Balasso.
NATALINO BALASSO EREDE DELLA COMMEDIA DELL'ARTE
Cosa dice delle parole del riconoscimento?
«Che potrebbero essere l'occasione per aprire un dibattito sulla Commedia dell'Arte e la sua eredità. Per quanto riguarda me, la mia storia, come tutti penso sento di essere in debito con Dario Fo, che a sua volta è un erede della Commedia dell'Arte. Se leggiamo le parole del premio in quest'ottica, allora sì mi sento erede di quella tradizione, mi colloco nella linea che dalla Commedia va a Fo, una linea di continuità culturale e teatrale».
Sempre a proposito di tradizione, dal 10 ottobre lei sarà in scena in prima assoluta al Teatro Stabile di Torino con Il giardino dei ciliegi, di Anton Cechov, per la regia di Valer Malosti. Che ruolo avrà nel classico cechoviano?
«Quello di Leonid Andreevic Gaiev, il fratello della protagonista, Ljuba, interpretata da Elena Bucci. Il Giardino è un classico messo in scena in chiave contemporanea da un regista originale come Malosti. Senza di lui non avrei accettato: non m'interessa recitare “il classico”, il monumento. Quello che vedrete a Torino sarà un Cechov che parlerà di più a noi che non ai suoi contemporanei, alla buona società russa a cavallo tra Ottocento e Novecento. Sarà una commedia drammatica, perché come diceva il grande Eduardo De Filippo la tragedia va messa in scena come una commedia».
Il Giardino fu rappresentato per la prima volta nel 1904. Parla ancora agli spettatori del 2016?
«Parla se lo si sa ascoltare. Allora c'era la speculazione immobiliare che voleva distruggere il giardino e il piccolo mondo di Ljuba e della sua famiglia che reagivano negando tutto, chiudendo gli occhi. Oggi chiudiamo gli occhi di fronte ai migranti, per esempio, facendo finta che non esistano».
La sua agenda poi prevede, da novembre a febbraio 2017, la ripresa di Smith & Wesson, un testo di Alessandro Baricco e il secondo capitolo di una sua trilogia, Cativìssima. In questo caso il testo si chiamerà Toni Sartana e le Streghe di Bagdad...
«Nel primo sarò di nuovo in scena con Fausto Russo Alesi, per la regia di Gabriele Vacis. Il secondo testo è il pannello numero due di una trilogia dedicata alla cattiveria. Toni Sartana è una specie di piccolo Macbeth che con la moglie Lea e il socio Bordin commette ogni sorta di delitto. In questo spettacolo siamo in Iraq, dove Toni e Bordin lavorano per un’agenzia di contractor, la San Marco Uccide. Per caso, i due cominceranno una scalata aziendale. Come nel Macbeth, sono tre streghe a svelare di volta in volta il futuro a Sartana e Bordin».
Una visione cupa, quella che sembra emergere dalla trama...
«Siamo in un'epoca in cui nessuno può più essere “buono”, sennò viene accusato di essere “buonista”, come se la bontà fosse un difetto, una mancanza. Per raccontare tutto questo bisogna travestire la tragedia da commedia, come dicevo sopra, ispirarsi a Bertolt Brecht. Quella di Toni, in fin dei conti, è una resistibile ascesa».
Chiudiamo con un invito ai lettori a venire a vederla a teatro?
«Se il teatro ha bisogno di inviti per essere visto allora è inutile farne. Invece io vorrei dire agli spettatori: venite a teatro, ma non solo a vedere lo spettacolo, ma anche a visitarlo dietro le quinte, a scoprire come si fa uno spettacolo. Il teatro andrebbe insegnato nelle scuole fin dall'inizio. Intere generazioni sono state rovinate dalle matinée e dalle recite scolastiche, ragazzi che una volta cresciuti se ne tengono lontani memori di quelle esperienze. Il teatro bisognerebbe farlo fare ai bambini».
PREMIO MASI: TUTTI I VINCITORI
Lo scorso 1 ottobre hanno ricevuto ufficialmente il Premio Masi Civiltà Veneta l’artista visuale Giosetta Fioroni, il fumettista e illustratore Lorenzo Mattotti, Natalino Balasso; per il Premio Masi Civiltà del Vino il filosofo britannico e divulgatore Roger Scruton e per il Grosso D’Oro Veneziano la scrittrice filosofa Ágnes Heller.
Giosetta Fioroni entra nell’Albo del Premio “per essere artista visuale di fama internazionale, dalla straordinaria capacità di mescolare materiali e linguaggi diversi in uno stile magico e inconfondibile”. La sua premiazione ricorre nel trentennale della scomparsa di Goffredo Parise, del quale Giosetta è stata compagna sin dal 1964, condividendone in Veneto il territorio dell’anima: attraverso lei, la Fondazione Masi intende ricordare e rendere omaggio allo scrittore veneto.
Lorenzo Mattotti accende i riflettori della Civiltà Veneta del Premio Masi sull’arte del fumetto e dell’illustrazione. Mattotti “è riuscito a portare in Francia, patria incontestata della bande dessinée (la striscia disegnata), il suo segno denso e sognante, imponendosi come uno dei massimi interpreti del disegno contemporaneo”.
Roger Scruton, accademico, curatore, editore, avvocato e autore di opere che spaziano dall’estetica all’etica fino alla politica, Scruton “scuote da decenni il mondo intellettuale con le sue appassionate polemiche. Nel suo libro ‘Bevo dunque sono’’ (2009) ripercorre la storia e le implicazioni filosofiche di un patrimonio su cui si fonda la civiltà occidentale, esaltandone il valore materiale e spirituale”. Considerato uno dei più famosi e influenti filosofi e pensatori contemporanei dallo spiccato conservatorismo, Scruton declina il suo talento intellettuale nella comprensione e nella difesa delle conquiste della cultura occidentale.
Per la giuria della Fondazione, Ágnes Heller è “una delle figure più rappresentative della coscienza europea che, dall’iniziale riflessione marxista sull’etica e la famiglia, è approdata a una appassionata e inesausta battaglia per superare i rapporti di subordinazione e di dominio tra sessi, etnie, nazioni ovunque e comunque essi si manifestino”.
Per l’ideatore del Premio, Sandro Boscaini, vicepresidente della Fondazione Masi e presidente di Masi Agricola, “da 35 anni il Premio Masi interpreta l’attualità dei valori delle Venezie, promuove il confronto e arricchisce la contaminazione culturale. In questo tempo di smarrimento identitario abbiamo bisogno di testimoni positivi, che vivano con impegno le loro idee e il loro lavoro, capaci di proiettare i giovani in una nuova e più promettente visione del futuro”.