Cade ogni speranza che tra il vescovo di Mileto-Nicotera-Tropea, Luigi Renzo, e la Fondazione Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle Anime nata per impulso della serva di Dio Natuzza Evolo possa riprendere un confronto costruttivo. Monsignor Renzo ha deciso di non accogliere la supplicatio con cui l’ente si era appellato contro il decreto di soppressione come persona giuridica dell’organizzazione umanitaria «in quanto mancano i presupposti per intraprendere ogni ulteriore dialogo». Un diniego risoluto a rivedere la sua decisione, motivato in ben cinque pagine, che si concludono con le parole d’invito all’obbedienza dettate in Sila da Natuzza, l’8 settembre 2008, un anno prima della sua morte.
La Fondazione aveva chiesto al vescovo di «revocare previa sospensiva la sua decisione» al fine di tutelare la Fondazione stessa e di proseguire «un sereno e costruttivo dialogo circa le richieste avanzate inerenti le modifiche statutarie che non contrastino con gli scopi dell’ente e che non snaturino la fondazione». Nel ricorso veniva sottolineato, con specifico riferimento alle riforme dello statuto, da tre anni oggetto della controversia tra le parti che «la Fondazione non ha manifestato affatto “assoluta indisponibilità… alla rimodulazione di alcuni articoli dello statuto»: anzi, sono state da noi formulate diverse ipotesi di modifica, cercando di contemperare, quanto più possibile, le esigenze della diocesi con la natura della fondazione.
«In quest’ottica - si legge nel testo del ricorso - abbiamo sempre chiesto che venisse tutelato il testamento spirituale di Natuzza, che ispira l’opera voluta della Madonna che la fondazione si propone di realizzare e tutelare». Nella supplicatio si era anche sottolineato che per 8 anni il vescovo, «non ha mai sollevato dubbi o eccezioni in merito alla conformità dello statuto alle leggi canoniche e civili o all’attività svolta dalla fondazione».
Ed ancora che monsignor Luigi Renzo «ha fatto parte, quale componente di diritto, del Cda della fondazione, partecipando a diverse riunioni del Consiglio ed alle relative deliberazioni». Nel respingere la supplicatio monsignor Renzo, che non crede più al dialogo con la Fondazione («con quale prospettiva se quello che si decide viene poi ribaltato e rimesso in discussione l’indomani?») si dice «rammaricato», avendo «sperato fino all’ultimo in una diversa conclusione della vicenda». E, di fronte al timore espresso dalla Fondazione che il complesso della Villa della Gioia a Paravati, compresa una struttura in cui sono ricoverati anziani non autosufficienti, l’auditorium in cui si trova la tomba di Natuzza e tutti gli altri beni dell’ente vadano dispersi, si domanda sarcasticamente: «Perché non lo sapevate?» e ricorda quando l’assemblea dei soci rispose “picche” alle sue richieste. Per lui bisogna seguire il suo consiglio, trasformarsi in «ente morale civilmente riconosciuto». Una volta fatto questo passo, assicura Renzo:«Per quello che dipende da me mi prodigherò perché i beni non vadano dispersi, ma vengono affidati a voi, una volta che vi siete costituiti civilmente. Questo vi potrebbe consentire di condurre a buon fine quelle opere sociali volute da Natuzza».