Uno striscione di protesta contro la decisione del ministro Salvini di non far sbarcare i naufraghi della nave Diciotti.
Staremmo a piangere 190 morti se la Guardia costiera italiana non fosse intervenuta la notte di ferragosto a trarre in salvo uomini donne e bambini che stavano affondando su un barcone a 17 miglia dalle coste italiane. Certo, acque maltesi per ancora tre miglia, nelle quali la competenza dei soccorsi sarebbe spettata a Malta. Per testimonianza di alcuni degli stessi migranti tratti in salvo le autorità maltesi si sarebbero avvicinate al barcone in difficoltà, fornendo anche acqua e viveri, ma avrebbero poi monitorato la situazione – come già avvenuto in passato – per far “scivolare” l’imbarcazione verso le acque di competenza italiana senza intervenire. Quando però al Centro di coordinamento di Roma sono arrivate le convulse telefonate di chi stava per affondare le motovedette italiane sono partite – come peraltro imposto anche dalle leggi – per trarre in salvo tutti.
Prima della decisione però c'era stato un contatto con Malta per spiegare che i 190 migranti dovevano essere salvati se non si voleva poi mandare in mare altre navi a recuperare i cadaveri. Ma Malta non si è mossa. È allora che si è presa la decisione: tredici persone, in gravi condizioni, vengono subito portate a Lampedusa mentre le altre 177 vengono trasferite sulla nave Diciotti. Quando interviene la Guardia costiera sono le tre di notte e la situazione è drammatica. Il barcone è quasi sommerso d’acqua e c’è poco tempo per portare in salvo le persone. Quando gli elicotteri di ricognizione tornano indietro sul luogo dove stazionava il barcone ci sono solo giubbotti di salvataggio che galleggiano e l'iridescenza della superficie marina tipica dei mezzi che affondano.
Un caso analogo a quello del 2013 – noto come la strage dei bambini – per il quale Malta aveva assunto il coordinamento senza però dichiarare l’evento Sar. Per quella strage, che costò la vita a 268 persone, l’Italia è stata chiamata a rispondere per omissione di soccorso anche se le responsabilità si rimpallano da un Paese all’altro e il processo è ancora in corso.
Adesso i 177 migranti, dopo che il ministro Toninelli ha assegnato il porto di Catania come approdo, stanno aspettando la conclusione delle operazioni di salvataggio che – da leggi internazionali – hanno termine con lo sbarco su terra ferma. Va contro tutte le leggi internazionali quanto ventilato dal ministro dell’Interno Salvini che, in assenza di accordo con l’Europa, minaccia di riportare i migranti in Libia. Il braccio di ferro di Salvini, che non sta attivando le procedure di identificazione necessarie allo sbarco dei migranti, ne sta indirettamente prolungando le sofferenze. Senza contare che la nave Diciotti, al momento in cui ha preso a bordo i migranti, era impegnata in attività di controllo pesca e salvaguardia dell’ambiente. Attività di interesse nazionale che ha dovuto interrompere e che non è ancora dato sapere quando potrà riprendere a svolgere.
Intanto la Procura di Agrigento ha aperto un'indagine per sequestro di persona e arresto illegale sul trattenimento a bordo della nave Diciotti dei 177 migranti soccorsi dalla Guardia Costiera. L'inchiesta è a carico di ignoti. Le ipotesi di reato inizialmente previste potrebbero essere modificate in base a valutazioni normative ancora in evoluzione vista la complessità del caso. Qualora fossero individuate responsabilità da parte di esponenti del governo la palla passerebbe al tribunale dei ministri. Il procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio, ha condotto una visita di un'ora sulla nave. "La situazione a bordo è critica. Ci sono diversi casi di scabbia. E comunque, in base alle convenzioni internazionali e alla legge italiana, i 29 minori non accompagnati hanno il diritto di sbarcare", ha detto dopo l'ispezione. Il magistrato è titolare dell'inchiesta sul trattenimento dei profughi a bordo della Diciotti.
C’è da chiedersi dunque a chi giova tutto questo: di certo non ai migranti, non alle nostre navi, non all’immagine del nostro Paese e, neppure, alle tasche degli italiani.