Nel giorno del dolore più grande, nel quale possono abbracciare solo quel che resta del corpo del loro figlio, martoriato e ucciso senza pietà, Paola e Claudio Regeni pronunciano parole che destano ammirazione, stupore e commozione.
A Fiumicino hanno accolto la salma del loro Giulio, 28 anni, arrestato e trucidato - è ormai certo - perché rivelasse le fonti dei suoi articoli, nei quali denunciava le ingiustizie del regime egiziano. L'autopsia ha confermato la terribile ipotesi delle torture.
Che cosa passa per la testa di una madre in simili frangenti? Come può reagire un padre? Papà e mamma di Giulio trovano chissà dove una forza smisurata per non cedere all'odio, al desiderio di vendetta, alla rabbia e per ricordare tutti quei valori nei quali credeva loro figlio.
"Ci fa piacere che sia qui, ambasciatore, perché il nostro Giulio aveva tanti amici in Egitto. Era un Paese che lui amava, un popolo che amava e per questo noi, anche adesso, non nutriamo né rabbia né odio". L'ambasciatore egiziano a Roma, Amr Helmy, venuto a porgere le condoglianze del suo Paese, ascolta queste inaspettate parole come di civiltà.
"Giulio con la sua vita ci ha insegnato molto: ci ha insegnato a vivere nella condivisione, a lottare per un mondo libero, basato sull'accoglienza e non sul rifiuto, non sullo scontro. Noi continueremo a vivere portando avanti il suo esempio".
Solo poche parole alla notizia che i primi arrestati erano stati rilasciati: "L'importante è che le indagini per scoprire i veri colpevoli vengano condotte seriamente, non che si trovi un colpevole a caso. Deve emergere tutta la verità".
Sembra che questi ragazzi - Giulio, o anche Valeria Solesin, la ragazza veneziano che perse la vita a Parigi e i cui genitori reagirono con altrettanta dignità - siano stati capaci, raccogliendo l'eredità delle loro famiglie, di contagiarle a loro volta con il loro sogno di un mondo più giusto e in pace.