La questione è delicata e si presta ad entrare a gamba tesa nella privacy di un'atleta che ha già subito più di una gogna mediatica. Ma, inevitabilmente, la finale degli 800 metri piani porterà l'accidentato caso dell'atleta sudafricana Caster Semenya a esplodere per l'ennesima volta, a maggior ragione se davvero in finale dimostrerà di avere nei muscoli e nel fiato la forza per cancellare il record del mondo più longevo dell'atletica l'1'55"28 della cecoslovacca Jarmila Kratoschvilova, siglato 33 anni fa, in piena guerra fredda e in pieno doping di Stato, sospetto a molti esperti d'atletica leggera.
Caster Semenya non è sospettata di doping: analisi e controanalisi, invasive e invadenti, hanno chiarito che è il suo corpo a produrre naturalmente testosterone in quantità superiore allo standard femminile. Il problema è che questo nei fatti sortirebbe l'effetto di un "doping" naturale e involontario che a detta di molti (e i suoi tempi lo dimostrano) la fa correre in un'altra categoria rispetto alle altre atlete. L'eccesso di testosterone determina infatti un vantaggio atletico: in termini di maggiore massa muscolare, e dunque maggiore forza, diversa distribuzione di massa grassa e massa magra nel corpo, un più vantaggioso rapporto peso/potenza.
Sulla causa di questa anomalia si sono spese pagine di giornali, entrando anche in dettagli che la legge sulla privacy e la delicatezza che si deve alla sfera della salute delle persone chiedono invece di proteggere: stabilito che non si tratta di doping e che il dolo non è in questione, stabilita la natura congenita dell'anomalia, senza entrare in dettagli privati, rimane il problema anch'esso delicato di regolamentare simili casi: da un lato per salvaguardare la possibilità per le altre atlete con valori nella norma per le donne di non essere tagliate fuori a priori dalla competizione, dall'altro per tutelare persone che anche molto giovani si trovassero in condizioni simili a quelle descritte e che potrebbero far gola a "cacciatori di teste sportive" proprio in virtù della loro anomalia, con qualche rischio di sfruttamento da parte di interessi più tesi al risultato che al benessere delle persone.
La questione, dopo anni di silenzio si sta riproponendo all'attenzione del mondo dello sport perché le regole sono cambiate in corsa. Dopo che il caso Semenya era esploso, traumaticamente per lei sotto gli occhi del mondo, alla sua prima uscita pubblica da senior al Mondiale di Berlino 2009 subito vinto in mezzo alle polemiche e alle uscite non proprio eleganti delle colleghe che si sentirono defraudate, la Federazione atletica internazionale si diede una regola per i casi di iperandrogenismo. Pose nel 2011 un parametro limite al testosterone endogeno (cioè prodotto dal corpo): stabilendo che non potessero essere ammesse alle gare femminili donne con un valore di testosterone endogeno superiore a 10 nmol/l, livello minimo della "finestra" considerata fisiologica nei maschi.
La regola dall'entrata in vigore, il 12 aprile 2011, ha comportato per chi avesse valori naturalmente troppo elevati la necessità di sottoporsi a trattamenti per riportare i livelli nei parametri previsti se voleva riottenere il nullaosta a competere tra le donne.
Così è stato fino al 27 luglio 2015, quando il Tas (Tribunale arbitrale dello sport di Losanna) si è pronunciato sul caso Chand, atleta indiana, esclusa dai Giochi del Commonwealth per iperandrogenismo. Il tas le ha dato ragione sospendendo per un massimo di due anni il regolamento della Iaaf riguardante i casi di iperandroginismo: per dar modo alla Federazione internazionale di atletica (Iaaf) di fornire al tribunale dati utili a quantificare con evidenza scientifica il vantaggio atletico determinato dal testosterone naturale in eccesso: "In assenza di questa evidenza" ha scritto il Tas, "la corte arbitrale non è in grado di concludere che le donne con iperandroginismo possono godere di un vantaggio atletico tale da escluderle dalle competizioni femminili". In altri termini il Tas pur non escludendo il vantaggio ha bisogno di poterlo quantificare per decidere. Se la Federazione non esibirà in tempo utile quanto richiesto il regolamento sospeso sarà considerato decaduto.
L'unica certezza, nell'attesa, è che fino al 2017 le atlete nella posizione di Caster Semenya e di Dutee Chand potranno competere regolarmente in gare nazionali e internazionali. E altrettanto certamente fino ad allora il dibattito proseguirà.