Come sarebbe bello se il sogno della piccola ungherese Edina diventasse realtà. Ha disegnato sé stessa mentre getta in una profonda buca pistole, coltelli, bombe, carri armati. E da uno dei margini della buca spunta un bellissimo arcobaleno. Il suo disegno farà parte di una mostra unica al mondo: I colori ri per la pace. Bambini da ogni angolo del pianeta, dalla Siberia agli Emirati Arabi, fino alle isole di Tonga, hanno rappresentato cosa per loro significano le parole “pace” e “guerra”.
Ma ciò che rende ancor più straordinaria questa mostra è il luogo in cui si svolgerà: Sant’Anna di Stazzema, paese in provincia di Lucca che in pratica non esiste più da quando nel 1944 i nazisti sterminarono 560 persone, quasi tutte donne, anziani e bambini. Fucilati e poi bruciati. Il prossimo 12 agosto, nell’anniversario dell’eccidio, chi verrà fin quassù potrà vedere il disegno di Yara, una bimba siriana che tiene per mano la sorella e la nonna mentre sopra di lei, racchiusi in due cuori, ci sono un uomo e una donna, molto probabilmente i genitori che non ci sono più; ma anche il disegno di un bambino israeliano che dentro un cuore giallo ha racchiuso insieme le tre grandi religioni monoteiste: il cristianesimo, l’ebraismo e l’islam.
L’anima di tutto questo è un uomo sempre sorridente che di mestiere fa il giostraio («ma la cosa che mi piace di più è fare lo zucchero filato»): Antonio Giannelli. «Nel 2000 Sant’Anna di Stazzema è stato dichiarato Parco nazionale della pace, uno dei tre al mondo insieme a quelli di Hiroshima e di Nagasaki. Il loro scopo è non solo promuovere la memoria, ma anche la cultura della pace. Pensando a questo secondo ideale, tre anni fa ho fondato l’associazione “I colori per la pace” e ho iniziato a contattare scuole dell’infanzia e primarie in Italia e all’estero».
«Pensavo di raggiungere una decina di Paesi», continua, «ma fin da subito le cose sono andate oltre ogni più rosea previsione: non solo abbiamo ricevuto adesioni da 93 Paesi, ma siamo stati invitati a mostrare i disegni che man mano ci arrivavano in tutto il mondo, dal Brasile, all’Ucraina, al Sudafrica. In pratica, l’esposizione si è trasformata in una mostra itinerante che lo scorso aprile è stata visitata anche dai ministri degli Esteri che hanno partecipato al G7 di Lucca, compreso l’americano Rex Tillerson. Alla fine di aprile siamo stati a Damasco e contiamo di andare ad Aleppo entro la fine dell’anno».
Il cuore di tutto resta però a Sant’Anna, dove nel frattempo ci ha raggiunto il vicesindaco Egidio Pelagatti: «Mi colpisce in questi disegni la presenza di un elemento ricorrente. Molti bambini disegnano una casa, una scuola o semplicemente una capanna. I luoghi dove si ritrovano con i loro familiari, con le maestre, con gli amici per loro sono i simboli più forti della pace».
Da questo punto di vista, commuove il disegno di un bambino delle Tuvalu, una nazione composta da nove atolli nell’Oceano Pacifico. È uno dei territori destinati a scomparire per effetto dell’innalzamento dei mari. Il bambino lo sa e per questo ha disegnato un mondo tutto colorato d’azzurro su cui da una parte incombe Satana e dall’altra è raffigurato Dio. Dentro questo mondo ha scritto: «Dio è l’unica via per avere la pace».
Intanto ci raggiungono alcuni piccoli protagonisti della mostra. Leda, 7 anni, italo-senegalese, ci fa vedere i suoi coniglietti che ha disegnato sopra un cuore: «Perché i coniglietti? Perché sono liberi». Anche la sua compagna di classe Greta ha disegnato un grande cuore, corredato di occhi, naso e bocca, «così può dire: pace in tutto il mondo!».
Per Nicola, 6 anni («scrivi anche “e mezzo”»), la pace è invece sinonimo di armonia nella natura. Nel suo disegno, quindi, accanto al prato c’è il mare, il sole convive con la pioggia e un arcobaleno colora il tutto. Poi arriva Lukas, 8 anni, che è russo ma vive nella Repubblica Ceca ed è in vacanza a Forte dei Marmi. Ha disegnato due colombe sotto un bel sole. Come mai nessun bambino? Lui ci guarda con aria compiaciuta e poi appoggia le sue mani sulle due colombe: combaciano perfettamente.
Infine, arriva pure una telefonata. È Denisa, 12 anni, dalla Romania, che ci tiene a mostrarci un’altra colomba, avvolta da una sciarpa formata unendo le bandiere di tanti Paesi del mondo: «Con le mie amiche litighiamo abbastanza spesso: però poi facciamo sempre pace. Perché non fate lo stesso pure voi grandi?».
Già, sembrerebbe così facile. E invece gli adulti sono capaci di immense imprese e di altrettanto grandi nefandezze. Prendiamo questo luogo, per esempio. Dietro di noi, c’è il Monte dell’Altissimo, dal quale Michelangelo ricavò il marmo per i suoi capolavori, sotto a sinistra c’è il Lago di Massaciuccoli tanto caro a Giacomo Puccini, mentre sulla destra c’è Valdicastello di Pietrasanta, paese natale di Giosuè Carducci. Eppure, proprio questo posto circondato da tanta bellezza 73 anni fa fu teatro di uno dei crimini più orrendi della Seconda guerra mondiale.
Enrico Pieri allora di anni ne aveva appena dieci. È uno dei 15 sopravvissuti rimasti all’eccidio di Sant’Anna. «Vivevo con i miei genitori, le mie due sorelle e i nonni. Eravamo poveri, ma felici. Quel 12 agosto arrivarono i tedeschi e appena ci videro iniziarono a urlare: “Raus! Raus!” (fuori, ndr.)».
«Ci portarono nella casa dei Pierotti, una famiglia di sfollati», continua. «Eravamo spaventati, ma pensavamo che al massimo avrebbero requisito la nostra casa. Invece, senza dire nulla, iniziarono a sparare. Io ero impietrito, ma la figlia dei Pierotti mi chiamò e mi fece segno di raggiungerla in una botola prima che i proiettili raggiungessero pure noi. Da lì sotto abbiamo capito che le SS avevano dato fuoco alla casa. Non riuscivamo a respirare, ma abbiamo resistito, finché non abbiamo trovato il coraggio di uscire fuori». Pochi giorni prima, il 26 luglio, era la festa di Sant’Anna, la patrona del Paese. Enrico Pieri non c’era, ma altri bambini si ritrovarono davanti alla chiesetta per divertirsi con un girotondo. Qualcuno scattò una foto e quell’immagine è diventata il simbolo dell’eccidio perché nessuno di quei piccoli si salvò dalla furia nazista.
Oggi abbiamo deciso di ripetere quella scena con i bambini che partecipano a I colori per la pace. Lukas, Nicola, Leda e Greta si prendono per mano e iniziano a girare, a girare sempre più felici. Non si fermano nemmeno quando la foto è stata scattata, quasi volessero arrestare il tempo e far entrare nel girotondo quei bambini di tanti anni fa che si tenevano stretti come loro, pensando che quella gioia non sarebbe mai finita.