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sabato 12 ottobre 2024
 
 

Nel Paese qualcosa si muove

28/12/2013 

Un anno di transizione. Come sempre, direbbe Flaiano. La transizione è la categoria in cui sembrano scivolare puntualmente gli anni che si avvicendano in quella grande incompiuta politica che è l’Italia. Una transizione che non finisce mai. Eppure la definizione calza un po’ di più per il 2013. Perché (diciamolo sottovoce) qualcosa sta veramente cambiando nei dodici tormentati mesi che ci lasciamo alle spalle. Dopo almeno cinque anni di crisi grave e prolungata, di scivolamento all’ingiù, di declino, parola ormai quasi scontata per definire il nostro Paese, qualcosa si muove. Che cosa? I primi segnali che fanno ben sperare sono quelli macroeconomici. Dopo anni di recessione, ecco che nel 2014 dovremmo tornare al segno più e registrare un aumento dell’uno per cento di Pil, per poi passare al due per cento nel 2015, l’anno dell’Esposizione Universale di Milano. Nelle imprese, soprattutto quelle manifatturiere dell’export, gli ordinativi sono aumentati.

Sul piano politico, va registrato, come ha sottolineato anche il premier Letta, un diffuso cambio generazionale che lascia ben sperare sul futuro del Paese. Pensiamo ai nuovi dirigenti e segretari di partito, dal Pd al nuovo Centro, la cui età oscilla tra i trenta e i 40 anni. L’età non è certo garanzia di valore e capacità, ma fa ben sperare nel nuovo. Certo, resta il grande nodo dell’occupazione, ai minimi storici, soprattutto nel comparto giovanile, e soprattutto l’incubo è che si prospetti una ripresa senza occupazione, come vaticinano molti economisti. La sfida della politica è proprio questa, insieme con quelle riforme istituzionali, a cominciare dalla legge elettorale, di cui il Paese ha bisogno. E anche sui grandi temi epocali come l’immigrazione, pur a costo delle grandi tragedie vissute nel 2013, a cominciare da quella di Lampedusa del 3 ottobre, il Paese sembra aver cambiato diffusamente non solo passo, ma anche direzione e mentalità, nel segno della solidarietà e dell’integrazione. Ecco perché possiamo dire (sottovoce) che nel Paese, finalmente, qualcosa si muove. 


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