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sabato 21 giugno 2025
 
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Xylella, la peste degli ulivi ora è un dramma sociale

13/03/2015  Viaggio nei campi del Salento, tra Gallipoli e Santa Maria di Leuca, sfigurati dal batterio che fa seccare le piante e rischia di cancellare il paesaggio rurale della Puglia. Mentre il governo invia la Protezione civile e l'Europa chiede di sradicare gli alberi infetti, ecco la disperazione dei contadini e i dubbi degli ambientalisti: «E se il rimedio fosse peggiore del male?

Da sinistra: Luigi Coronese e Giovanni Giannelli. I loro ulivi sono stati colpiti dal disseccamento nel giro di poche settimane (foto Cosmo Laera)
Da sinistra: Luigi Coronese e Giovanni Giannelli. I loro ulivi sono stati colpiti dal disseccamento nel giro di poche settimane (foto Cosmo Laera)

La bellezza di un albero d'ulivo è sfuggente. Mandò in crisi persino un genio della pittura come Renoir. «L'olivo, che brutta bestia! Non potete sapere quanti problemi mi ha causato», scriveva in una lettera del 1889 a Paul Durand-Ruel. «Un albero pieno di colori, neanche tanto grosso, e le sue foglioline, sapeste come mi hanno fatto penare! Un soffio di vento, e tutta la pianta cambia tonalità perché il colore non è nelle foglie ma nello spazio tra loro. Un artista non può essere davvero bravo se non capisce il paesaggio». 

Le sfumature di verde e i riflessi argentei delle chiome adesso hanno lasciato il posto a tronconi moribondi e al marrone delle fronde seccate. Un intero paesaggio mutilato. È quello del Salento, tra Gallipoli e Santa Maria di Leuca. Alberi millenari, centenari e arbusti più giovani. Tutti decimati.
Il male è ancora misterioso. Il nome, xylella fastidiosa, evoca quello di uno spiritello dispettoso. Non c’è la cura. E nemmeno la certezza che di xylella, o solo di xylella, si tratti. Un batterio in lista da quarantena in Europa che agisce tramite un insetto vettore, la “cicala sputacchina”, che punge il tessuto delle piante per nutrirsi fino a ostruirne i vasi xilematici e farle morire. Da dove sia arrivata non si sa. Forse dal Costa Rica. Tutti aspetti su cui da un anno sta indagando la Procura di Lecce.

Il nome scientifico esatto è CoDiRo (Complesso di Disseccamento Rapido dell’Olivo) perché accanto a xylella agirebbero altri funghi patogeni che attaccano il legno e i vasi linfatici della pianta.
Sottigliezze, si dirà. Non proprio. Perché nel raccontare l’agonia degli ulivi pugliesi, per la quale il Governo qualche settimana fa ha inviato la Protezione Civile e a Bruxelles si discute da mesi, anche di questo si è peccato: di non andare troppo per il sottile.

In zona “Li Sauli”, a Gallipoli, una delle località più colpite, gli ulivi secolari, protetti da una legge regionale e contrassegnati da una targhetta identificativa, muoiono lentamente.

«A Natale questi alberi stavano benissimo», dice Luigi Coronese, un agricoltore di Racale che ha duecentoventi piante nella “zona rossa” e produce circa 10 quintali d’olio all’anno, «adesso il disseccamento avanza rapido nonostante sia inverno». E il peggio, allarga le braccia sconsolato, deve ancora venire perché la schiusa delle uova dell’insetto vettore inizia a primavera.

Il presidente della Coldiretti di Lecce, l'ing. Pantaleo Piccinno, davanti a un albero mutilato (foto Cosmo Laera)
Il presidente della Coldiretti di Lecce, l'ing. Pantaleo Piccinno, davanti a un albero mutilato (foto Cosmo Laera)

La guerra delle cifre

Nella confusione generale, e nel tentativo estremo di fermare l’avanzata della malattia, molti contadini hanno prima tolto le chiome secche, poi hanno tagliato tutti i rami e alla fine, vinti dallo sconforto, anche il tronco dell’albero. Dalla statale 101, all’altezza di Gallipoli, il colpo d’occhio lascia sgomenti: centinaia di alberi amputati, altrettanti ridotti a scheletri secchi e fuscelli rachitici. Nulla sembra rimasto dell’antica possanza di piante che hanno resistito per secoli a tutte le intemperie, dai cambiamenti climatici agli attacchi batterici e virali.  

«Questo non è più un fenomeno locale ma europeo», spiega il presidente della Coldiretti di Lecce Pantaleo Piccinno, «siamo di fronte a una “peste verde” forse figlia della globalizzazione se è vero che la xylella è arrivata dal Sudamerica attraverso l’importazione di piante infette».

Ad oggi, i numeri esatti della mattanza non ci sono e quelli che circolano sono ballerini. Si parlava di 300 mila piante colpite, ora di un milione secondo le ultime stime del commissario straordinario nominato dal governo, il comandante della Forestale pugliese Giuseppe Silletti che ha a disposizione un budget di 13 milioni di euro per intervenire. Meno ballerine sono le cifre di un comparto agricolo che si regge sull’olivicoltura e negli ultimi anni, grazie anche agli imprenditori giovani, sta dando segni di grande vitalità: 200 mila aziende olivicole in provincia di Lecce, oltre 7.500 posti di lavoro, vendita diretta sul territorio grazie al boom del turismo e buona posizione sul mercato estero. Piccinno produce olio biologico, ha circa 30 mila piante ed esporta a Dubai e nei Paesi del Nord Europa.

«È assurdo», dice, «che l’Unione europea abbia imposto il divieto di impianto di nuovi ulivi in provincia di Lecce. È un oltraggio al futuro. Piuttosto, Bruxelles dovrebbe trasformare il Salento in un laboratorio a cielo aperto e mobilitare gli studiosi per una ricerca sul campo che aiuti a trovare una cura efficace. Finora gli olivicoltori stanno pagando di tasca propria tutti gli interventi per cercare di salvare il salvabile ma se continua così nel giro di tre anni si arriverà all’azzeramento della produzione».

Ivano Gioffreda, presidente dell'associaizone "Spazi popolari" di Sannicola, davanti ad alcuni alberi trattati con metodi naturali che hanno ripreso a fiorire (foto Cosmo Laera)
Ivano Gioffreda, presidente dell'associaizone "Spazi popolari" di Sannicola, davanti ad alcuni alberi trattati con metodi naturali che hanno ripreso a fiorire (foto Cosmo Laera)

I pesticidi? Un rimedio peggiore del male

  

Il tempo stringe e le ipotesi messe in campo, dall’uso di fitofarmaci e pesticidi all’eradicazione di una fascia che da uno ora si è allargata a 15 chilometri, convincono poco. La Coldiretti ha avviato una campagna informativa per illustrare le buone pratiche agricole, dal taglio dei rami all’aratura dei terreni, per fermare la propagazione del batterio e tenere puliti i campi.

La xylella fagocita tutto: gli alberi e le vite di contadini semplici. Giovanni Giannelli ha poco più di mille piante, ogni giorno va nei campi per controllare che la malattia non le divori tutte. «L’ogliarola (una delle cultivar autoctona, ndr) è stata colpita, il leccino meno», dice. Ha una piccola azienda agricola con 13 ettari di uliveto che ha ereditato dal padre. «Non c’è salentino che non abbia almeno un albero d’ulivo», dice Piccinno. Ecco perché la xylella è diventato dramma collettivo e sta mobilitando migliaia di cittadini. C’è un incubo che toglie il sonno a Ivano Gioffreda, presidente dell’associazione “Spazi Popolari” di Sannicola che ha firmato uno degli esposti finiti in Procura a Lecce: «E se le soluzioni che ci propongono sono tutte sbagliate?», si dispera mentre ci mostra gli alberi, a pochi passi dalla località “La Castellana”, ad Alezio, epicentro del focolaio, trattati con metodi naturali: calce e solfato di ferro sul tronco per disinfettare, sovescio del terreno e leguminose da interrare per nutrire la terra.

L’etichetta di “ambientalista” suona improbabile per  Gioffreda. Ha commissionato alcune analisi dei terreni e i risultati sono sconfortanti. «La flora batterica è stata distrutta dall’uso massiccio di pesticidi e fitofarmaci», dice, «la pianta non ha autodifese, è debilitata. Molti terreni non vengono coltivati da decenni. Il disseccamento colpisce tutti gli alberi, certo, ma in misura maggiore quelli abbandonati. Non dico che l’abbandono sia la causa della malattia ma l’ipotesi di irrorare con pesticidi tutte le zone infette in una zona che ha il record per l’utilizzo di fitofarmaci è una follia. Un rimedio peggiore del male. A meno che non si vogliano favorire le multinazionali che producono questi antiparassitari».
Piange Gioffreda quando ricorda i morti per tumore nella sua famiglia e avverte: «Non possiamo sradicare alberi millenari, vincolati per legge, per passare ad altre colture. Quali poi?».

Sul rischio dell’uso di pesticidi è intervenuta anche la sezione di Lecce della Lega per la lotta contro il cancro che ha inviato un corposo dossier in Procura, al Prefetto e al presidente della Regione Nichi Vendola. Con 155 mila quintali distribuiti nel 2010, la Puglia è al quarto posto in Italia per quantità di fitofarmaci utilizzanti. Nel Leccese, due anni fa, ne sono stati impiegati 2.032.691 chilogrammi, il 15 per cento in più rispetto al 2009.

Zona "Li Sauli", Gallipoli. Alcuni alberi aggrediti dal disseccamento (foto Cosmo Laera)
Zona "Li Sauli", Gallipoli. Alcuni alberi aggrediti dal disseccamento (foto Cosmo Laera)

«Noi abbandonati dalla politica»

«La xylella», dice Piccinno, «è diventata come il lettino dello psichiatra nel senso che ognuno ci scarica le proprie idee, dietrologie e frustrazioni. Invece si tratta di una tremenda fitopatia e va affrontata con pragmatismo. Bisogna privilegiare la ricerca scientifica e trovare soluzioni pratiche». Che però, nonostante il piano del commissario Silletti abbia ricevuto l’ok da Roma, non ci sono e per l'impatto che creano sul territorio rischiano di rivelarsi un boomerang.

Nel coro di questa tragedia s’affollano in tanti: ambientalisti e complottisti, esperti e burocrati. Unici assenti: i politici. «Il presidente della Regione Nichi Vendola non è mai venuto a vedere la situazione», dicono gli agricoltori. «Il ministro Martina nemmeno», aggiunge Piccinno. «Come si fa a chiedere aiuto all’Europa se alle istituzioni locali e nazionali non importa nulla di quanto sta accadendo e nessun politico ci mette la faccia? Per affrontare seriamente questo problema occorre una visione da qui a dieci anni. Ma la politica guarda al massimo alle elezioni regionali di maggio».    

«Come la Terra dei fuochi»

  

«La situazione che si è creata è paragonabile a quella della “Terra dei fuochi” ed è anche peggiore sotto il profilo della disperazione sociale», dice il Capo del Corpo forestale dello Stato, Cesare Patrone.

Ma la speranza dei contadini è che la natura trovi le difese da sola e vada avanti. Osservando i tronchi ampi e contorti di certi ulivi ultrasecolari che paiono dei sopravvissuti si capisce che questa è più di una speranza. L'unica, forse, a cui è possibile aggrapparsi in questo momento.

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Xylella, ulivi secolari abbattuti a Oria. La rabbia dei cittadini: "quegli alberi hanno più storia di tutti noi"
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