Sembra di risentire le parole di Paolo VI nell'annuncio di papa Francesco del prossimo pellegrinaggio in Terra Santa a maggio. Nel preparare il viaggio, a cui aveva cominciato a pensare già pochi mesi dopo la sua elezione, papa Montini si raccomandava, infatti, che fosse «eminentemente religioso» e che fosse «rapidissimo, abbia carattere di semplicità, di pietà, di penitenza e di carità». «Appena tre tappe, appena tre giorni, pellegrinagigo di preghiera» sono state le parole di papa Francesco che hanno fatto eco a quell'appunto del 21 settembre del 1963 riportato alla memoria dall'Istituto Paolo VI di Concesio. Proprio in occasione del convegno di studio organizzato il 10 gennaio per ricordare "Il pellegrinaggio di Paolo VI in Terra Santa e l'unità della Chiesa", l'istituto ricorda che, nel dare l'annuncio del suo primo viaggio fuori dall'Italia, il 4 dicembre dle 1963, il Papa aveva voluto sottolineare che si trattava di volere tornare nel luogo dal quale Pietro era partito «in segno di preghiera, di penitenza e di rinnovazione, per offrire a Cristo la sua Chiesa, per chiamare ad essa unica e santa i Fratelli separati, per implorare la divina misericordia in favore della pace fra gli uomini, la quale in questi giorni mostra ancora quanto sia debole e tremante, per supplicare Cristo Signore per la salvezza di tutta l’umanità».
Lo storico abbraccio fra Paolo VI e il patriarca ecumenico Atenagora, dopo secoli di silenzio e inimicizie tra le due Chiese, scioglie i nodi e fa ripartire il cammino verso l'unità. «Un gesto forte», spiega don Angelo Maffeis, direttore dell'Istituto, «perché se è vero che il pellegrinaggio in Terra Santa è anzitutto un personale atto di fede del papa, esso rappresenta al tempo stesso un messaggio rivolto al Concilio e alla Chiesa intera. Paolo VI ha guidato in modi differenti l’assemblea conciliare: attraverso i discorsi che hanno delineato temi e priorità, attraverso l’attenta sorveglianza della redazione dei documenti e attraverso lo sforzo per giungere a una condivisione più ampia possibile dell’insegnamento formulato nei testi. Il pellegrinaggio in Terra Santa, così come gli altri viaggi compiuti durante il Concilio – in India e a New York, presso l’Assemblea generale delle Nazioni Unite – possono essere letti come altrettanti messaggi rivolti al Concilio con il linguaggio dei gesti simbolici».
In particolare il viaggio in Terra Santa, conclude don Maffeis, «sottolinea la necessità che la Chiesa, che nel Concilio si interroga sulla propria identità e sulla propria missione, compia un movimento di decentramento da se stessa e di ricentramento su Cristo e sulla propria origine, mentre i viaggi successivi ricordano alla Chiesa la necessità di mettersi in cammino verso nuove frontiere, attraverso l’apertura al mondo, ai cristiani non cattolici, ai credenti di altre religioni, ai non credenti, alle culture e agli spazi dell’azione missionaria».