È risorto Joe Biden, l’ex vicepresidente di Barack Obama. Biden aveva cominciato la sua campagna elettorale presentandosi come un uomo affidabile ed esperto, l’usato sicuro per guidare l’America. Ma i suoi primi passi nelle primarie e nei caucus del partito democratico erano apparsi incerti. L’usato sicuro rischiava di sembrare una sorta di “usurato insicuro”, logorato dalla stanchezza e dai suoi 77 anni, sempre più visibili.
Invece Biden, che già aveva vinto nei giorni scorsi le primarie del South Carolina, vince in 9 dei 14 Stati dove si votava nel cosiddetto “Supermartedì”, il grande appuntamento elettorale in cui si scelgono oltre 1.300 dei 1.991 delegati necessari per vincere la nomination del partito democratico per la Casa Bianca.
L’ex vicepresidente ha vinto in Texas, North Carolina, Massachusetts, Minnesota, Oklahoma, Arkansas, Alabama, Tennessee e Virginia. Il suo principale rivale e quasi coetaneo (78 anni), Bernie Sanders, vince in Vermont, Utah, Colorado e, secondo le proiezioni, vince anche in California, il boccone più grosso del martedì elettorale (ben 415 delegati).
Biden ha vinto grazie al sostegno degli afroamericani e degli ispanici e ha pesato a suo favore l’appoggio di Amy Klobuchar e Pete Buttigieg, i due aspiranti alla Casa Bianca che si sono fatti da parte nei giorni scorsi.
Anche Sanders ha raccolto voti tra i Latinos, ma il suo principale bacino letterale è il voro dei giovani. Il 65 per cadetto dei votanti sotto i 29 anni ha votato per lui, solo il 17 per cento ha scelto Biden.
Vanno molto male Mike Bloomberg (l’ex sindaco di New York), che non vince in nessun stato (però conquista un pacchetto di delegati) ed Elizabeth Warren, clamorosamente sconfitta nel suo Massachusetts.
A questo punto ormai la lotta per la nomination nel Partito democratico si restringe a Biden e Sanders, due quasi ottuagenari comunque molto battaglieri. Sanders appare ancora troppo “socialista” a molti elettori del partito e molti sono sono convinti che a novembre Trump si può battere solo presentando un candidato moderato. Tuttavia Sanders per ora ha due vantaggi rispetto a Biden: ha una macchina organizzativa molto efficiente e continua a raccogliere donazioni (solo a febbraio la sua campagna elettorale ha raccolto oltre 46 milioni di dollari).
Sarà un confronto serrato in cui si inseriranno Trump e i repubblicani, i quali, usciti di scena gli altri candidati, ora sono pronti a concentrare il fuoco degli spot e delle polemiche su Sanders e Biden. La nomination verrò decisa nella Convention che si svolgerò dal 13 al 16 luglio a Milwaukee, nel Wisconsin.