Parla nel suo ufficio dell’Arcivescovado,
palazzo seicentesco
nel cuore di Torino, a
poche centinaia di metri dal
Duomo in cui tutto è pronto
per accogliere pellegrini di
ogni parte del mondo, spinti dal desiderio
di vedere da vicino l’immagine
di quel corpo, di quel volto, di quello
sguardo. Guida la diocesi di Torino ed
è Custode pontificio della Sindone,
monsignor Cesare Nosiglia. A Famiglia
Cristiana spiega perché e come si è
giunti a questa ostensione che si apre il 19 aprile e si chiude il 24 giugno, nel giorno di San
Giovanni, patrono della città.
Eccellenza, qual è il significato
spirituale di quest’evento?
«Sicuramente la concomitanza
con il Giubileo salesiano (200 anni
dalla nascita di san Giovanni Bosco) è
determinante: qui a Torino l’esperienza
dei cosiddetti “santi sociali”, don
Bosco per primo, ha lasciato un’eredità
tangibile che merita un’attenzione
speciale. Ma il senso dell’ostensione
va anche oltre. In una società rimasta
senza fiato e duramente provata dalla crisi, in una terra che appena un mese
fa è stata colpita al cuore dagli attentati
di Tunisi (tre delle vittime erano
piemontesi, ndr), in uno scenario internazionale
funestato da violenza e
barriere ideologiche, la Sindone può
essere un potente richiamo alla speranza,
un invito all’unità rivolto ai
cristiani ma capace anche di travalicare
i confini della Chiesa. È proprio
ciò che abbiamo cercato di sintetizzare
nel motto dell’ostensione: “L’amore
più grande”».
Sono passati appena cinque anni dall’ultima esposizione pubblica del
Telo, nel 2010...
«È vero. Non dobbiamo però dimenticare
che viviamo in tempi
incredibilmente rapidi: dieci anni
di oggi rappresentano un arco temporale
molto più lungo rispetto a
quanto accadeva in passato. Ce lo ha
ricordato anche papa Francesco che,
ben prima del termine “naturale” dei
venticinque anni, ha deciso di indire
un Giubileo straordinario, incentrato
sulla misericordia».
Il 21 giugno il Papa arriverà a
Torino. Sarà il terzo Pontefice in
pellegrinaggio alla Sindone, dopo
Giovanni Paolo II (24 maggio 1998) e
Benedetto XVI (2 maggio 2010). Con
quali sentimenti e aspettative attendete
il Santo Padre?
«Per me personalmente, come vescovo,
la visita del Papa è occasione di
profonda riflessione e conversione.
Non intendo imitarlo, perché ognuno
dev’essere sé stesso, ma trarre esempio
e sostegno dalla sua esperienza.
Francesco è un formidabile costruttore
di ponti. L’incontro con la Chiesa
valdese, che avverrà proprio a Torino,
ne è un chiaro esempio. Altro segno: il anto Padre ha espressamente chiesto
che il 21 giugno l’appuntamento
con i giovani sia l’ultimo della giornata,
perché desidera avere più tempo
da trascorrere con loro. E i giovani,
che in passato non erano stati
particolarmente attratti dalla Sindone,
questa volta hanno risposto in
massa. D’altra parte fin dall’inizio li
abbiamo voluti come protagonisti
privilegiati dell’ostensione, insieme
con i malati e i disabili».
Sulla Sindone il dibattito scientifico
presenta opinioni opposte,
spesso inconciliabili. Come Custode
del Lino, qual è la sua posizione?
«La Sindone non è materia di fede.
Per questo la Chiesa non interviene
direttamente nel dibattito, ma lascia
che gli scienziati facciano il loro lavoro
e, anzi, nei limiti del possibile
favorisce le ricerche, purché siano
condotte con rigore e senza pregiudizi
ideologici. Come osservò papa
Wojtyla durante la sua visita del 1998,
la Sindone è anche una provocazione
per l’intelligenza. Però lo sguardo con
cui mi accosto all’immagine del Telo
non è tanto quello dell’indagatore
quanto quello del pellegrino. Nella
Sindone io vedo il Vangelo: la flagellazione,
la coronazione di spine, i segni
dei chiodi. Se il Vangelo è vero anche
la Sindone diventa vera. Ecco la sua
forza. Ecco perché chi vive nel proprio
corpo i segni della passione (penso
qui soprattutto a malati e disabili)
quando arriva davanti a quest’immagine
così misteriosa e affascinante si
commuove».
C’è chi teme che nel periodo
dell’ostensione Torino possa diventare
un obiettivo per attacchi terroristici.
E si fa un gran parlare di sicurezza...
«Vorrei evitare ogni forma di allarmismo.
Su questo punto i media
hanno grande responsabilità: dare
eccessiva enfasi al tema della sicurezza
potrebbe produrre pericolosi effetti
boomerang, anche perché, tristemente,
ogni esibizione di violenza è
sempre alla ricerca di platee cui rivolgersi.
Non dobbiamo cedere alla logica
della paura, faremmo il gioco di
chi vuole pescare nel torbido. Torino è
una città sicura e per tutto il periodo
dell’ostensione sarà presidiata da una
massiccia presenza di forze dell’ordine.
Capisco le preoccupazioni, ma
credo che non ci sia nulla da temere.
La partecipazione al pellegrinaggio
può diventare una risposta alla paura,
un seme di serenità e di fiducia»