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martedì 17 settembre 2024
 
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«Nella Sindone vedo il Vangelo»

17/04/2015  L’arcivescovo di Torino spiega il senso di questa ostensione e l’importanza della concomitanza con il Giubileo salesiano. «È un potente richiamo alla speranza», dice, «e un invito all’unità dei cristiani»

Parla nel suo ufficio dell’Arcivescovado, palazzo seicentesco nel cuore di Torino, a poche centinaia di metri dal Duomo in cui tutto è pronto per accogliere pellegrini di ogni parte del mondo, spinti dal desiderio di vedere da vicino l’immagine di quel corpo, di quel volto, di quello sguardo. Guida la diocesi di Torino ed è Custode pontificio della Sindone, monsignor Cesare Nosiglia. A Famiglia Cristiana spiega perché e come si è giunti a questa ostensione che si apre il 19 aprile e si chiude il 24 giugno, nel giorno di San Giovanni, patrono della città.

Eccellenza, qual è il significato spirituale di quest’evento?
«Sicuramente la concomitanza con il Giubileo salesiano (200 anni dalla nascita di san Giovanni Bosco) è determinante: qui a Torino l’esperienza dei cosiddetti “santi sociali”, don Bosco per primo, ha lasciato un’eredità tangibile che merita un’attenzione speciale. Ma il senso dell’ostensione va anche oltre. In una società rimasta senza fiato e duramente provata dalla crisi, in una terra che appena un mese fa è stata colpita al cuore dagli attentati di Tunisi (tre delle vittime erano piemontesi, ndr), in uno scenario internazionale funestato da violenza e barriere ideologiche, la Sindone può essere un potente richiamo alla speranza, un invito all’unità rivolto ai cristiani ma capace anche di travalicare i confini della Chiesa. È proprio ciò che abbiamo cercato di sintetizzare nel motto dell’ostensione: “L’amore più grande”».

Sono passati appena cinque anni dall’ultima esposizione pubblica del Telo, nel 2010...
«È vero. Non dobbiamo però dimenticare che viviamo in tempi incredibilmente rapidi: dieci anni di oggi rappresentano un arco temporale molto più lungo rispetto a quanto accadeva in passato. Ce lo ha ricordato anche papa Francesco che, ben prima del termine “naturale” dei venticinque anni, ha deciso di indire un Giubileo straordinario, incentrato sulla misericordia».

Il 21 giugno il Papa arriverà a Torino. Sarà il terzo Pontefice in pellegrinaggio alla Sindone, dopo Giovanni Paolo II (24 maggio 1998) e Benedetto XVI (2 maggio 2010). Con quali sentimenti e aspettative attendete il Santo Padre?
«Per me personalmente, come vescovo, la visita del Papa è occasione di profonda riflessione e conversione. Non intendo imitarlo, perché ognuno dev’essere sé stesso, ma trarre esempio e sostegno dalla sua esperienza. Francesco è un formidabile costruttore di ponti. L’incontro con la Chiesa valdese, che avverrà proprio a Torino, ne è un chiaro esempio. Altro segno: il anto Padre ha espressamente chiesto che il 21 giugno l’appuntamento con i giovani sia l’ultimo della giornata, perché desidera avere più tempo da trascorrere con loro. E i giovani, che in passato non erano stati particolarmente attratti dalla Sindone, questa volta hanno risposto in massa. D’altra parte fin dall’inizio li abbiamo voluti come protagonisti privilegiati dell’ostensione, insieme con i malati e i disabili».

Sulla Sindone il dibattito scientifico presenta opinioni opposte, spesso inconciliabili. Come Custode del Lino, qual è la sua posizione?
«La Sindone non è materia di fede. Per questo la Chiesa non interviene direttamente nel dibattito, ma lascia che gli scienziati facciano il loro lavoro e, anzi, nei limiti del possibile favorisce le ricerche, purché siano condotte con rigore e senza pregiudizi ideologici. Come osservò papa Wojtyla durante la sua visita del 1998, la Sindone è anche una provocazione per l’intelligenza. Però lo sguardo con cui mi accosto all’immagine del Telo non è tanto quello dell’indagatore quanto quello del pellegrino. Nella Sindone io vedo il Vangelo: la flagellazione, la coronazione di spine, i segni dei chiodi. Se il Vangelo è vero anche la Sindone diventa vera. Ecco la sua forza. Ecco perché chi vive nel proprio corpo i segni della passione (penso qui soprattutto a malati e disabili) quando arriva davanti a quest’immagine così misteriosa e affascinante si commuove».

C’è chi teme che nel periodo dell’ostensione Torino possa diventare un obiettivo per attacchi terroristici. E si fa un gran parlare di sicurezza...

«Vorrei evitare ogni forma di allarmismo. Su questo punto i media hanno grande responsabilità: dare eccessiva enfasi al tema della sicurezza potrebbe produrre pericolosi effetti boomerang, anche perché, tristemente, ogni esibizione di violenza è sempre alla ricerca di platee cui rivolgersi. Non dobbiamo cedere alla logica della paura, faremmo il gioco di chi vuole pescare nel torbido. Torino è una città sicura e per tutto il periodo dell’ostensione sarà presidiata da una massiccia presenza di forze dell’ordine. Capisco le preoccupazioni, ma credo che non ci sia nulla da temere. La partecipazione al pellegrinaggio può diventare una risposta alla paura, un seme di serenità e di fiducia»

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