Manifestanti davanti al Capitol il 6 gennaio 2020. Tutte le foto di questo servizio sono dell'agenzia di stampa Reuters.
All’inizio ha parlato per tutti, con un comunicato ufficiale, il presidente dei vescovi americani, poi si sono aggiunte le voci degli altri vescovi statunitensi. L’arcivescovo di Los Angeles, José H. Gomez, ha subito dichiarato: «Mi unisco alle persone di buona volontà nel condannare la violenza oggi al Campidoglio degli Stati Uniti. Questo non è quello che siamo come americani. Prego per i membri del personale del Congresso e del Campidoglio e per la polizia e tutti coloro che lavorano per ristabilire l'ordine e la sicurezza pubblica». E ancora, continuava il comunicato: «La transizione pacifica del potere è uno dei tratti distintivi di questa grande nazione. In questo momento preoccupante, dobbiamo impegnarci nuovamente per i valori e i principi della nostra democrazia e unirci come un'unica nazione sotto Dio. Affido tutti noi al cuore della Beata Vergine Maria. Possa lei guidarci nelle vie della pace e ottenerci saggezza e grazia per un vero patriottismo e amore per il Paese».
Nelle ore successive sono arrivate anche le parole del cardinale di Washington, Wilton Gregory che ha ricordato che «il Campidoglio degli Stati Uniti è un terreno sacro». Un luogo dove in passato le persone hanno anche svolto manifestazioni, ma non con questa violenza. «Noi americani», ha aggiunto, «dovremmo onorare il luogo in cui vengono discusse e decise le leggi e le politiche della nostra nazione. Dovremmo sentirci violati quando si manca di rispetto e viene profanata l'eredità di libertà custodita in quell'edificio».
Il cardinale, dopo aver a sua volta ribadito la vicinanza e la preghiera per gli eletti, per i membri dello staff, per gli stessi manifestanti, ha invitato tutti a fermarsi. Senza mai nominare Trump ha però chiaramente fatto riferimento alle sue parole invitando a cambiare «il tono di divisione che recentemente ha così dominato le nostre conversazioni nazionali». E ha poi chiesto a «coloro che ricorrono a una retorica incendiaria» di assumersi la responsabilità delle proprie parole. «Siamo chiamati», ha detto ancora il cardinale di Washington, a essere un popolo che crede nei «valori democratici e rispetta le opinioni degli altri, anche quando non è d'accordo».
Infine un appello anche ai sostenitori di Trump che si dicono credenti ricordando che «le persone di fede che cercano di portare nostro Signore in questo mondo attraverso il loro comportamento devono riconoscere la dignità umana di coloro con i quali si è in disaccordo e cercare di lavorare con loro per assicurare il bene comune per tutti».
Un richiamo all’unità e al lavoro comune per risolvere i problemi «della nostra nazione» è arrivato anche dalle gerarchie della Chiesa ucraina cattolica negli Usa. Facendo riferimento agli attacchi contro Biden giustificati dai sostenitori di Trump che lo definiscono «anticristo» e «abortista», l’arcivescovo della Chiesa greco cattolica di Philadelphia, il metropolita Borys Gudziak, quelli di Stamford Paul Chomnycky, e di Chicago Benedict Aleksiychuk, insieme ad altri ausiliari ed eparchi, hanno detto chiaramente che «qualsiasi uso del nome di Gesù per giustificare questo comportamento violento e il caos è una parodia del Vangelo. Non c'è niente di cristiano in questo».
E, richiamando il motto dei padri fondatori «In God we trust», in Dio crediamo, i leader greco cattolici hanno richiamato i politici, «primo fra tutti il presidente degli Stati Uniti» a fare «tutto ciò che è in loro potere per ristabilire la pace e lo stato di diritto. C'è molta ingiustizia nella nostra terra. C'è molta rabbia. E nessuna ingiustizia sarà sanata con la violenza».
Al momento nessun commento è ancora arrivato dal Vaticano.