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giovedì 12 settembre 2024
 
Anniversario
 

Nelson Mandela. «La mia vita fra politica e affetti»

18/07/2018  Così il Nobel per la pace raccontava la sua lunga lotta per i diritti. Il ritorno dalla madre nella casa natale dopo 13 anni di assenza.

Senza dubbio Nelson Mandela (1918-2013) è stata una delle più luminose figure dell’ultimo secolo. La sua ostinata lotta contro l’apartheid (la politica di segregazione razziale del Governo di etnia bianca del Sudafrica) e per i diritti di tutti, pagata con 26 anni di carcere, fu coronata dal Premio Nobel per la pace, conferitogli nel 1993, e dall’elezione a presidente del Sudafrica nel 1994, primo nero a ricoprire tale carica. In occasione del centenario della nascita, che cade il 18 luglio, esce l’edizione aggiornata di Conversazioni con me stesso (Sperling & Kupfer), un’autobiografia composta dalle sue lettere, riflessioni, appunti, che rivelano la straordinaria passione del leader per l’uguaglianza, ma anche il travaglio privato che l’ha accompagnata. Anticipiamo un brano del libro che descrive lucidamente il conflitto che può sorgere, in chi è impegnato in battaglie pubbliche, fra la cura della propria famiglia (in questo caso, la madre anziana) e la dedizione a una causa.

La sera del terzo giorno arrivai a Mthatha, la mia città natale. Casa è casa anche per quelli che ambiscono a servire interessi più grandi e hanno stabilito la loro dimora in regioni lontane. Il felice sollievo che mi invase mentre entravo con la macchina in York Road, la via principale, fu smisurato. Ero stato via per ben 13 anni e, sebbene non ci fossero vitelli grassi e alberi ornati di festoni ad accogliermi, mi sentii […] come il biblico figliol prodigo ed ero impaziente di rivedere mia madre e la mia umile casa, i tanti amici con cui ero cresciuto, l’incantevole veld e tutti gli oggetti personali che avevano reso indimenticabile la mia infanzia. […] Pensavo di essermi lasciato alle spalle i servizi di sicurezza sul Rand2 e non sospettavo che avessero invece allungato i loro tentacoli fino alla mia città. Stavo ancora bevendo il caffè nella mia camera con due capi, quando, la mattina seguente di buon’ora, la proprietaria della pensione fece entrare un uomo bianco. Senza alcuna gentilezza, questi mi chiese in tono arrogante: «È lei Nelson Mandela?» «E lei chi è?» domandai io in risposta. Mi comunicò il suo grado di sergente investigativo e il suo nome. Allora gli chiesi: «Posso vedere il suo mandato, per cortesia?». Si offese per la mia impertinenza molto più di quanto io detestassi la sua tracotanza ma, dopo un attimo di esitazione, esibì il documento. A quel punto gli dissi che ero Nelson Mandela. Mi chiese di accompagnarlo al posto di polizia e alla mia domanda se fossi in arresto rispose di no. Mi rifiutai di seguirlo. Al che prese a bersagliarmi con una sfilza di domande e ad annotare le mie risposte su un taccuino: quando ero partito da Johannesburg, quali luoghi avevo visitato, per quanto tempo intendevo fermarmi nel Transkei, dove sarei andato di preciso una volta rimessomi in viaggio, avevo il permesso di entrare nel Transkei? Gli dissi dove avrei alloggiato, che il Transkei era il mio Paese natale e che non avevo bisogno di un permesso per entrare, ma mi rifiutai di rispondere alle altre domande. Quando se ne andò, i capi criticarono i miei modi bruschi, sottolineando che avrei potuto rispondere senza correre alcun rischio. Spiegai che mi ero comportato in quel modo a causa della sua maleducazione e arroganza e che gli avevo solo reso pan per focaccia. Non credo di averli convinti. […] Stare con mia madre nella sua casa mi riempì di un’eccitazione puerile. Contemporaneamente, però, non riuscivo a evitare di sentirmi in colpa per il fatto che mia madre abitasse tutta sola a ventidue miglia dal medico più vicino. Mia sorella e io vivevamo ognuno per conto proprio. Nonostante i suoi figli cercassero a loro modo di provvedere a lei, mia madre aveva scelto di condurre una vita austera e di mettere da parte i risparmi che un figlio le dava per offrirli a un altro che ne avesse bisogno. In occasioni precedenti avevo cercato in tutti i modi di convincerla a venire a vivere con me a Johannesburg, ma non sarebbe mai riuscita ad affrontare il dolore di lasciare la campagna dove aveva vissuto tutta la sua vita. […] Mi sono domandato spesso se una persona sia legittimata a trascurare la propria famiglia per lottare per le opportunità degli altri. Può esserci qualcosa di più importante di prendersi cura della propria madre quasi sessantenne, costruirle la casa dei suoi sogni, farla mangiare bene, comprarle bei vestiti e darle tutto il nostro amore? In questi casi la politica non è una semplice scusa per sottrarsi alle proprie responsabilità? Non è facile vivere con una coscienza che ogni tanto solleva simili dubbi. Spesso sono in grado di persuadere me stesso che ho fatto sempre del mio meglio per portare un po’ di agio e di benessere nella vita di mia madre. Anche quando a volte non mi sento a posto con la mia coscienza, devo riconoscere che il mio generoso impegno per la liberazione del nostro popolo dà significato alla mia vita e fa nascere in me un senso di orgoglio nazionale e vera gioia. Questa sensazione si è centuplicata quando, leggendo l’ultima lettera che mi ha scritto poco prima di morire, ho scoperto che mia madre mi spronava a sostenere le mie convinzioni e a lottare per loro.

LE DATE CRUCIALI. DALLA PRIGIONE ALLA PRESIDENZA, STORIA DI UN LEADER

  

18 LUGLIO 1918
Nelson Rolihlahla Mandela nasce a Mvezo in Sudafrica. Appartenente all’etnia Xhosa, gli viene attribuito il nomignolo “Madiba”. Si laurea in Legge, si unisce all’African national congress (Anc) con il quale porta avanti la battaglia contro il regime di segregazione razziale (apartheid). Nel 1958 sposa, in seconde nozze, Winnie Madikizela. Il matrimonio dura fino al 1992. Nel 1998 sposa Graça Machel.

12 GIUGNO 1964
Mandela viene condannato all’ergastolo. Nei suoi ventisei anni di prigionia a Robben Island il leader anti-apartheid scrive un’enorme quantità di testi e poesie.

11 FEBBRAIO 1990 
Grazie alle campagne internazionali in sua difesa e alle richieste da tutto il mondo, Mandela viene scarcerato, su ordine dell’allora presidente Frederik de Klerk. Finisce l’illegalità per l’African national congress.

10 DICEMBRE 1993
Gli viene conferito il Premio Nobel per la pace, insieme al presidente de Klerk, in quanto fautori dei negoziati che segnano la fine dell’apartheid.

10 MAGGIO 1994
Presidente dell’African national congress, Mandela diventa capo di Stato del Sudafrica, dopo aver vinto contro de Klerk le prime elezioni multirazziali della storia del Paese. Il Sudafrica esce da mezzo secolo di segregazione razziale. Mandela resta in carica fino al 1999.

5 DICEMBRE 2013
Mandela muore a Johannesburg.

 
 
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