In mezzo alla folla riunita nel campus universitario di Pietersburg, in Sudafrica, ad attendere l’arrivo di Nelson Mandela c’erano anche gli inviati di Famiglia Cristiana, il giornalista Carlo Cavicchioli e il fotoreporter Nino Leto. Era il1990, Mandela aveva appena riconquistato la libertà, e i sudafricani lo accolsero in delirio. «Sentivamo di vivere un momento storico», ricorda Leto. A distanza di oltre vent’anni Leto rivive l’emozione dell’incontro con il leader anti-apartheid.
«In tutto il campus gli unici bianchi eravamo noi e pochissimi altri», continua Leto.«Mandela arrivò in auto con la bandiera dell’African national congress che sventolava dietro di lui. La folla si alzò e cominciò a spingersi verso il palco. E io, che ero avanti, in una buona posizione, mi ritrovai proprio a ridosso del palco, con Mandela sopra di me».
Il giorno dopo, Leto lo seguì nel suo giro a Soweto, l’enorme township di Johannesburg dove Mandela stesso era vissuto.Lo rivide in seguito alle Olimpiadi di Barcellona nel 1992.
«Si avvertiva subito il carismadella sua personalità», aggiunge Leto. «Si capiva che non era un politico, era diverso dagli altri leader africani, personaggi spesso discutibili. Dopo 27 anni di carcere, sembrava un attore, era bellissimo. Nei suoi occhi non c’era vendetta o rassegnazione. Era uno sguardo determinato, sereno, di chi è all’altezza della situazione. Ecco, lo ricordo così: non un uomo sconfitto, ma vincente».