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venerdì 13 settembre 2024
 
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Don Bolzon: "Nessuno sa dove siano prigionieri"

06/04/2014  In un messaggio dal Camerun, don Bolzon e don Rossi, compagni di missione dei due sacerdoti rapiti, descrivono la situazione e chiedono la preghiera di tutti.

Don Maurizio Bolzon (foto Romina Gobbo).
Don Maurizio Bolzon (foto Romina Gobbo).

"Vi ringraziamo per la vicinanza e soprattutto per la PREGHIERA". Lo scrivono con la lettera maiuscola don Maurizio Bolzon e don Leopoldo Rossi. Perché "pregare è la sola cosa che possiamo fare". È arrivata questa mattina a tutti gli amici della diocesi di Vicenza la prima mail di don Maurizio e don Leopoldo, dopo il rapimento, avvenuto nella notte fra venerdì 4 e sabato 5 aprile, di don Giampaolo Marta, don Gianantonio Allegri e suor Gilberte Bussiére, prelevati da un commando, ancora non identificato, anche se le voci che si possa trattare di estremisti del gruppo Boko Haram, si fanno sempre più insistenti.

I quattro sacerdoti sono fidei donum (dal latino: dono della fede - sono i presbiteri, i diaconi e i laici diocesani, che vengono inviati per un servizio temporaneo in un territorio di missione, dove già esista una diocesi, a seguito di una convenzione stipulata tra il vescovo della diocesi che invia i missionari e quello della diocesi che li riceve) della diocesi di Vicenza, suor Gilberte, canadese, appartiene alla congregazione "Notre Dame de Montreal"; lei è nel Paese africano da 35 anni, la sua congregazione è presente da 50.

La residenza di suor Gilberte, che vive con alcune consorelle africane, è vicina alla parrocchia di Tchéré-Tchakidjébé, dove sono parroci don Giampaolo (47 anni, originario di Thiene, ma fin da piccolo a Molina di Malo, in Cameroun dal 2004) e don Gianantonio (57 anni, originario di Torrebelvicino, in Cameroun dallo scorso ottobre, ma dove era già stato dal 1992 al 2002), con i quali le sorelle collaborano. Don Maurizio Bolzon e don Leopoldo Rossi, invece, operano nella parrocchia di Loulou, l'altra sostenuta dalla diocesi di Vicenza; le due parrocchie camerunesi appartengono alla diocesi di Maroua.

"Il dolore che stiamo portando è di quelli difficili da descrivere - continua la mail -: la vita missionaria, tra le altre cose, rende i legami di amicizia - e di fraternità nel sacerdozio - particolarmente forti. Io e don Leopoldo che pure siamo rifugiati a Maroua perché abbiamo dovuto lasciare Loulou per motivi di sicurezza, ora siamo a Tchéré per tenere aperte le porte della missione, per accogliere il continuo flusso di persone (gente comune dei villaggi, fratelli e sorelle, preti, suore, autorità civili, militari, tradizionali di ogni tipo...), e cerchiamo di stare vicino alle tre consorelle di suor Gilberte".

Don Maurizio sottolinea anche l'incertezza della situazione: "Nessuno sa dove i nostri si trovino in questo momento. Non c'è stato nessun contatto con i rapitori, e quindi nessuna rivendicazione. Ieri sera, il ministro della Difesa, venuto a Maroua per una riunione con il suo Stato maggiore, ha assicurato il suo massimo impegno. Ci fidiamo. E aspettiamo". Stamattina, il vescovo emerito Philippe Stevens (proprio ieri è stato dato l'annuncio che al suo posto papa Francesco ha nominato padre Bruno Ateba Edo, superiore regionale dei padri pallottini per il Cameroun e la Nigeria, che entrerà in diocesi il 17 maggio), il vicario generale e diversi confratelli, hanno concelebrato con don Maurizio e don Leopoldo una messa per la comunità di Tchéré. Ieri sera, si è pregato anche a Vicenza, con una veglia nella chiesa di Lisiera, trasmessa in diretta da Radio Oreb. Stasera, invece, ci sarà un rosario nella chiesa di Molina di Malo, la parrocchia di don Giampaolo Marta.

 
 
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