“Condivido il dolore per la perdita delle persone amate che molti provano in questo momento e vi incoraggio a rimanere uniti e combattere insieme il Covid”, così parlava ai sudditi la Regina Elisabetta lo scorso cinque aprile, all’inizio della pandemia, nel suo ultimo discorso pubblico alla nazione. Oggi, nel silenzio assordante di Windsor, deserto per la prima volta durante un’occasione così importante, la folla tenuta lontano dalla polizia, tocca a lei.
Il volto sarà impassibile. D’acciaio e insieme triste come sa essere soltanto la sovrana. Sul viso il lutto per la perdita di Filippo lo scorso 9 aprile. Vivere dentro le telecamere di tutto il mondo un dolore privatissimo è un destino riservato ai reali, un legame con i sudditi fatto della capacità di condividere i momenti più intimi. Dentro il lutto tanta vita, proprio come avrebbe voluto il duca che detestava l’autocommiserazione e l’attenzione ai sentimenti e amava l’azione.
Nel giorno del funerale una foto, diffusa da Buckingham Palace, ritrae la coppia, sorridente e felice, sulla collina preferita di Balmoral. Quel “Muick”, così si chiama la montagna, che è anche il nome dato dalla sovrana a un nuovo cucciolo ricevuto in regalo a marzo, mentre Filippo veniva ricoverato in ospedale. La sovrana l’ha portato a spasso questa mattina, insieme a “Fergus”, l’altro corgi appena nato. Gli adoratissimi cani di nuovo parte della sua vita dopo che aveva smesso di allevarli, qualche anno fa, per paura che rimanessero senza padrona. Tanta vita anche in quel richiamo alla battaglia, il comando a mettersi in posizione su una nave di guerra, che verrà suonato da un trombettiere proprio mentre il corpo di Filippo scende nella cripta. Un’ultima battuta scherzosa regalata alla famiglia e al pubblico.
“Non me ne sto andando. Mi preparo alla guerra”, ha voluto dire l’ex ufficiale di Marina, decorato per eroismo durante la seconda guerra mondiale, due incrociatori affondati in appena cinque minuti. Nessuna predica o eulogia, nessun discorso, nessuna lettura fatta dai famigliari. Il duca, che ha studiato ogni particolare della cerimonia, non tollerava sermoni oltre i quattro minuti. Anche se li ascoltava attentamente interrogando, poi, senza pietà il predicatore. La sua impazienza e vitalità, l’odio per le cerimonie e la pomposità sono evidenti nella semplicità di una funzione ridotta ai minimi termini anche per colpa del Covid.
Nessun accenno alla sua eredità più importante, quel “Duke of Edinburgh award”, “Il premio duca d’Edimburgo”, programma di sport, volontariato ed altre attività seguito, in questo momento, da milioni di giovani in Paesi in tutto il mondo. Per non parlare delle lotte per preservare l’ambiente da membro fondatore e poi sostenitore del WWF. Tanta Marina, invece, che aveva dovuto lasciare al momento del matrimonio e che adorava e tanto esercito. Oltre al desiderio di essere ricordato come “un individuo vero, per conto suo” come ha detto il principe Carlo.
Filippo disegnò personalmente, insieme ad alcuni esperti della “Land Rover”, la jeep che porterà la sua bara dentro la chiesetta di St. George. Ci ha messo diciassette anni per pensare come accomodarla su quell’auto dipinta di verde in omaggio all’esercito. Ha voluto una semplice jeep invece del solenne carro trainato dai cavalli che gli sarebbe toccato come, prima di lui, a Churchill, alla Regina madre e a Diana.
L’ingresso sarà marcato con i fischi di onore della Marina britannica che, su una nave militare, comunicano all’equipaggio gli ordini più importanti della giornata.
Il feretro verrà portato, a turno, da rappresentanti dei diversi reggimenti, dall’esercito dei Granatieri ai Royal Marines ai Royal Gurkha. Sepolto con gli onori di un ammiraglio, il titolo che gli aveva regalato la Regina, quando Filippo compì novant’anni. In alta uniforme per l’ultima volta.