Sono almeno 100 le vittime (con centinaia di feriti)
della serie di attentati che, nella Nigeria nord-orientale, sono stati lanciati
contro le chiese cristiane e numerosi posti di polizia. Particolarmente toccata
la città di Damaturu. Gli attacchi sono stati rivendicati da Boko Haram (alla lettera: l’educazione occidentale è peccato), un
gruppo fondamentalista islamico che sta a metà strada tra la setta e la milizia
armata e che ha la sua base nella vicina città di Maiduguri.
Boko Haram è stato fondato nel 2002 da
Ustaz Mohammed Yusuf, un imam nigeriano che lo ha guidato
fino al 2009, quando fu ucciso durante un tentativo di fuga seguito al suo
arresto. Dal 2004, cioè da quando decise di intraprendere la lotta armata, la
setta ha ucciso almeno 700 persone, civili e militari, ma l’ondata di attacchi
di oggi è stata di gran lunga l’azione di maggior portata militare della sua
storia di violenza.
La “dottrina” di Ustaz Mohammed Yusuf
(che i seguaci ora considerano risorto ma invisibile) è un coacervo di teorie
politiche e pseudo-scientifiche. Boko Haram, come da
un’intervista rilasciata dal suo leader nel 2009 poco prima di essere ucciso,
rifiuta la democrazia all’occidentale ma anche l’idea che la Terra sia rotonda,
il darwinismo e non ammette che la pioggia sia la ricaduta dell’acqua evaporata
al suolo.
Ciò che più conta, però, in Nigeria e
oltre, è che Boko Haram predica l’instaurazione della shar’ia (legge islamica)
in tutti i 36 Stati del Paese. La chiedeva sotto la
guida del fondatore, la chiede adesso che il capo è Mallam Sanni Umaru. Da notare che l’ascesa del gruppo è avvenuta proprio
nei primi anni Duemila, cioè quando la shar’ia è stata introdotta in 12 Stati
della Nigeria: in 9 a pieno titolo, in altri 3 con validità solo per le aree
con popolazione in maggioranza musulmana.
I musulmani in Nigeria sono circa il 51%
della popolazione, e i cristiani poco oltre il 48%. Nondimeno, sono molti i gruppi del fondamentalismo
islamico che chiedono l’introduzione della shar’ia, anche a costo di imporla
con la forza. L’aspetto più temibile, in prospettiva, delle attività di Boko
Haram non è solo il radicamento nel Nord della Nigeria ma anche la capacità di
stringere alleanze con gruppi esterni al Paese.
Da questo punto di vista gli esperti di
antiterrorismo hanno più volte segnalato, negli ultimi tempi, i contatti tra
Boko Haram e l’Aqmi, cioè Al Qaeda nel Maghreb islamico, i seguaci di Bin Laden nell’Africa del Nord.
Progressivamente neutralizzato nel Maghreb vero e proprio, e soprattutto in
Algeria e nello Yemen, l’Aqmi si sarebbe spostato verso Sud, dove si sarebbe
reso responsabile di tutta una serie di sequestri di
persona tra cui, forse, anche quello della cooperante italiana Rossella Urru, sequestrata il 20 ottobre insieme con due volontari
spagnoli.
In questa migrazione del terrore, l’Aqmi
si sarebbe avvicinato alla Nigeria in senso geografico e a Boko Haram in
senso politico. La setta nigeriana può offrire ai terroristi venuti dal Nord
basi sicure e una struttura logistica efficiente e, come si vede, molto
difficile da sradicare per le autorità nigeriane.