Termina con un invito a sorpresa in Vaticano la celebrazione della messa in piazza della mangiatoia. Il Papa chiede al presidente palestinese Abu Mazen e a quello israeliano Peres di pregare per la pace: «Offro la mia casa in Vaticano per questo incontro di preghiera. Perché costruire la pace è difficile, ma vivere senza pace è un tormento», ha detto papa Francesco. L'invito è partito «in questo Luogo, dove è nato il Principe
della pace». Invito a «Lei, Signor Presidente Mahmoud Abbas, e al
Signor Presidente Shimon Peres, ad elevare insieme con me un’intensa
preghiera invocando da Dio il dono della pace. Offro la mia casa in
Vaticano per ospitare questo incontro di preghiera. Tutti desideriamo la
pace; tante persone la costruiscono ogni giorno con piccoli gesti;
molti soffrono e sopportano pazientemente la fatica di tanti tentativi
per costruirla. E tutti –specialmente coloro che sono posti al servizio
dei propri popoli – abbiamo il dovere di farci strumenti e
costruttori di pace, prima di tutto nella preghiera»
Prima, nel corso dell'omelia aveva parlato dello sfruttamento dei bambini. Il Papa, davanti alla Basilica della Natività, nella piazza della mangiatoia, a Betlemme, ha chiesto una tutela a tutto campo dei bambini che sono ancora oggi «sfruttati, maltrattati, schiavizzati, oggetto di violenza e di traffici illeciti. Troppi bambini oggi sono profughi, rifugiati, a volte affondati nei mari, specialmente nelle acque del Mediterraneo». Pensando a Dio che si è fatto Bambino proprio a Betlemme il Papa sottolinea che «di tutto questo noi ci vergognamo oggi».
Ad ascoltarlo circa 10mila persone, tante quante la piazza può contenerne. Molti sono rimasti fuori, ma ascoltano le parole del Papa via radio, web, televisione o attraverso gli schermi approntati per l'occasione. A loro, ma a tutto il mondo, il Papa ricorda che dobbiamo chiederci se, davanti ai bambini, siamo come Erode che vuole eliminarli, come i pastori che vanno subito a offrire doni o se siamo indifferenti. Se sfruttiamo l'immagine dei bambini poveri a scopo di lucro. «Gli Erodi moderni hanno più paura della pace che della guerra», gli ha fatto eco al termine della messa il patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal.
«
I bambini piangono perché hanno fame, perché sono malati», ha detto il Papa. Un pianto che deve interpellarci perché nel mondo si buttano tonnellate di cibo e di farmaci mentre ci sono «bambini che piangono invano per la fame e per malattie facilmente curabili. In un tempo che proclama la tutela dei minori, si commerciano armi che finiscono tra le mani di bambini-soldato; si commerciano prodotti confezionati da piccoli lavoratori-schiavi. Il loro pianto è soffocato: devono combattere, devono lavorare, non possono piangere! Ma piangono per loro le madri, odierne Rachele: piangono i loro figli».
All'offertorio un'unica famiglia, formata da nonni, genitori e figli, cioè le tre generazioni, porta in dono l'essenziale: pane e vino che forma la Chiesa, cioè la famiglia umana.
E con le famiglie il Papa pranzerà prima di recarsi al campo profughi. A Casa nova, dai francescani, 20 palestinesi in rappresentanza di altrettanti nuclei familiari spiegheranno al Papa le loro difficoltà e le loro gioie. A tavola anche due gemelline di tre anni: Elisabetta e Isabella. Poi, prima di lasciare Betlemme, la visita al campo profughi dove il Papa ha chiesto esplicitamente di incontrare i bambini dei tre campi di Betlemme.